sabato 9 gennaio 2016

La conquista di Gerusalemme del 70 d.C.

70 d.C. La conquista di Gerusalemme
Giovanni Brizzi: 70 d.C. - La conquista di Gerusalemme, Laterza, pagg. 428, euro 24

Risvolto

  La resistenza dell’unico popolo che rifiutò l’assimilazione a Roma.
La lunga guerra che oppose l’impero alle genti ebraiche della Palestina e della Diaspora.
La tragica caduta di Gerusalemme e la fine del Tempio.
Uno scontro dalle conseguenze enormi per l’identità stessa dell’Occidente.


«A salvare il Tempio non valsero né gli sforzi dei Giudei, subito accorsi a combattere le fiamme, né l’intervento di Tito in persona, che si precipitò alla testa del suo stato maggiore ordinando ai soldati di spegnere l’incendio. Ormai la violenza dello scontro era cresciuta a dismisura e gli ordini non venivano più ascoltati da uomini che, sentendo di avere finalmente in pugno la vittoria, erano in preda ad un furore incontenibile e ad una smodata brama di saccheggio. Anziché estinguere le fiamme, le alimentarono. Il Tempio era perduto.»
Il conflitto tra Romani ed Ebrei fu una guerra ai limiti del genocidio, segnata dalla totale incomunicabilità tra le due parti: lo zelo ebraico verso la Legge divina da un lato, la devozione romana per le umane leggi dell’impero dall’altro. Un disastro per Roma, che nello scontro dissipò buona parte della sua forza militare e disperse un patrimonio non rimpiazzabile di energie vitali, quasi quanto per gli sventurati Ebrei. Una vicenda i cui cupi rintocchi continuarono a lungo a risuonare, non solo in Oriente.


Così l’assedio di Gerusalemme fu la prima guerra “globale” 
Il saggio di Giovanni Brizzi ricostruisce la distruzione del tempio nel 70 d.C.
A quel tempo il mondo era sconvolto dalle Colonne d’Ercole alla Mesopotamia. Le fonti parlano di 400 mila Greci uccisi
PAOLO RUMIZ Repubblica 10 2 2016
Qualcosa di tremendo e sconosciuto scuote il mondo dalle Colonne d’Ercole alla Mesopotamia nel primo secolo dopo Cristo, scardina la polis antica e mina le fondamenta dell’impero. È la guerra santa, sanguinaria e intrisa di fanatismo, che si scatena contro Roma per mano degli Ebrei, e si affaccia alla storia ben prima del jihad e delle Crociate, e prima ancora che i cristiani perseguitati abbiano imparato l’arte di perseguitare. Non banali turbolenze di popolo, e nemmeno guerre in campo aperto, ma una guerriglia a tutto campo, che non si arresta nemmeno con la distruzione del Tempio. Qualcosa che nasce dal rifiuto dell’Impero in sé, in nome di un Dio assoluto che diventa unica legge e non ammette comprimari in Terra.
Il nuovo libro di Giovanni Brizzi 70 d. C. - La conquista di Gerusalemme (Laterza, pagg. 428, euro 24) fornisce dati agghiaccianti. Nello spazio mediterraneo, i morti sono quelli di una piccola Shoah, dieci volte più numerosi rispetto a quelli della pur sanguinosa guerra contro i Parti. Scavi recenti nelle fondamenta di Cirene hanno portato in luce i segni di un vero e proprio cataclisma – crolli e incendi – contemporaneo alla rivolta dei Giudei contro Adriano. In Egitto e dintorni le fonti parlano di 400 mila Greci massacrati o uccisi con le crudeltà più raffinate: un disastro tale da obbligare il governo cipriota locale a non ammettere più la presenza di Ebrei «nemmeno se approdati sull’isola per naufragio ».
È quanto basta per dire che l’antisemitismo nacque allora? Non pare. Per Roma non è la religione il problema, ma i suoi riflessi terreni, e l’ebraismo resta “religio licita”. Nessuno tocca le sinagoghe di Roma o di Aquileia, e nuovi Ebrei della diaspora sono accolti nella Capitale. Eppure sono gli stessi anni in cui il cristianesimo viene bandito, dopo l’incendio d’epoca neroniana. L’idea che l’ebraismo in sé è abominio, in quanto religione di “deicidi”, è più tarda e tutta cristiana. Il fatto è che per la prima volta Roma si trova di fronte a combattenti fanatici e indomabili, ebbri di furore religioso, capaci di affrontare la morte con gioia di martirio, sull’esempio di Sansone, che nella Bibbia – è troppo definirlo il primo kamikaze della storia? – si uccide pur di uccidere i Filistei. Secondo Erode Agrippa, citato nelle cronache della guerra giudaica di Giuseppe Flavio, siamo di fronte a una guerra insensata, perché fatta in nome di principi che nessuno minaccia, e soprattutto perché scatenata dopo aver deposto le armi e aver riconosciuto il primato di Roma. Una guerra di briganti e di ribelli. Non di soldati.
Ed è, anche, un conflitto di tutti contro tutti, con gli Ebrei che si massacrano anche fra loro, setta contro setta, un po’ come l’Islam di oggi. Una lotta per il monopolio della verità, e persino per l’esclusiva della rivolta, che diventa atto di fede in sé. Durante l’assedio di Gerusalemme, con la popolazione che muore di fame, ci sono gruppi religiosi che distruggono le provviste pur di non doverle condividere con altri gruppi religiosi, o combattenti che sequestrano l’olio e del vino del Tempio allo scopo – ipotizza l’autore – di aspergere se stessi come vittime sacrificali prima dell’estremo assalto.
Contro simili nemici l’Impero è costretto a schierare le forze militari più collaudate, quelle del Reno e del Danubio. Le quali si trovano di fronte a una resistenza così accanita ed esasperante che alla fine, conquistato il tempio, si danno alla distruzione e alle fiamme, nonostante Tito cerchi di trattenerli. Il conflitto fra Romani ed Ebrei è, secondo Brizzi, “ai limiti del genocidio”, ed è segnato dalla “totale incomunicabilità fra le due parti”: lo zelo ebraico verso le legge divina da un lato e la devozione romana verso le leggi dell’impero dall’altro. Un disastro per Roma che “dissipò buona parte della sua forza militare”.
Da allora i due mondi si divideranno, e la proverbiale capacità di assorbimento dei Romani nei confronti di culture “altre” nulla potrà con i titolari della prima religione del Libro. Avremo imperatori spagnoli, dalmati, nordafricani e della Pannonia, celti e persino arabi. Ma nessun ebreo.

Nessun commento:

Posta un commento