sabato 16 aprile 2016
Un testo divulgativo di Ernst Mach
Risvolto
Nella seconda metà dell’Ottocento, il grande fisico e filosofo Ernst
Mach, allora giovane professore alle università di Graz e Praga,
organizza una serie di lezioni di «scienza popolare» rivolte a un
pubblico non specialistico né accademico, perlopiù femminile. Tra i temi
proposti, spiccano per interesse e originalità le riflessioni sui
concetti di simmetria, armonia e prospettiva, considerati secondo una
lettura epistemologica in cui le intuizioni filosofiche si confrontano
con l’osservazione empirica dei processi naturali. Attraverso esempi
presi non solo dall’arte, dalle scienze e dalla storia, ma anche dalla
vita quotidiana, Mach riesce a spiegare con ragionamenti scorrevoli e un
linguaggio chiaro e diretto questioni classiche della tradizione
filosofica e scientifica legate alla percezione visiva e all’esperienza
spazio-temporale. L’uomo, insegna Mach, deve tendere a una comprensione
razionale della realtà che lo circonda, senza mai perdere la
consapevolezza, però, di essere una piccola parte del tutto.
Mach, come rendere la scienza «pop»
Nel centenario del filosofo riproposte le sue lezioni di divulgazione sui processi naturali
Libero
16 Apr 2016 SIMONE PALIAGA
In tempi in cui si gode della magia della scienza senza avere contezza del suo metodo e della sua applicabilità recano sollievo al pensiero le pagine di Ernst Mach, di cui quest'anno cade il centenario della morte.
Fisico e filosofo austriaco di portata epocale, senza cui Einstein non avrebbe mai potuto elaborare la sua teoria della relatività ristretta, sulla scienza coltivava uno sguardo critico. Non a caso a spada tratta si scagliò contro i fautori del positivismo e soprattutto di una visione della scienza che considerava mitica. Alla fine dell'Ottocento, come oggi, non mancavano i sacerdoti dello scientismo, vale a dire la convinzione che la ricerca scientifica fosse dotata di poteri salvifici. Per contrastare questa tendenza Mach nel 1867 organizza una serie di conferenze divulgative per consentire al largo pubblico di accostarsi in maniera serena e non magica.
Una di questa è stata appena ripubblicata da Castelvecchi: Perché l'uomo ha due occhi? (pp. 54, euro 8,50). Scritta in uno stile scorrevole, al punto da farne un antesignano della popular science, essa è destinata a un pubblico specialistico e per lo più femminile. Al di là del titolo intrigante, essa porta l'attenzione degli ascoltatori sul grimaldello che il filosofo di Graz usa per smontare i pregiudizi degli scientisti portando il lettore nel cuore della corrente di pensiero da lui fondata, l'empiriocriticismo. Per demolire le ipotesi positiviste, Mach mostra come tutta la scienza derivi dalle sensazioni di cui gli occhi sono una fonte. Solo affidandosi ad esse la ricerca può affinarsi e portare dei risultati. Soffermandosi sulle nozioni di simmetria, armonia e prospettiva, rese possibili dai due occhi di cui l l'uomo è dotato, Mach riesce a rendere comprensibili le più articolate concezioni sulla percezione. Attraverso esempi presi non solo dall'arte, dalle scienze e dalla storia, ma anche dalla vita quotidiana, lo studioso di Graz mette in rilievo come la percezione visiva e l'esperienza spazio-temporale non bastino a rendere l'uomo un unicum nell'universo.
Infatti Mach non riserva all'uomo alcun ruolo di privilegio. Così come le cose sono formate da un insieme di sensazioni anche l'io è costituto da esse. Formato dai medesimi «elementi» che si ritrovano sia nelle “cose” sia negli altri soggetti l'uomo deve rinunciare alla sua pretesa sovrano tà sul mondo non essendo altro che una parte del tutto.
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