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Colin Crouch: Combattere la postdemocrazia, Laterza pagg. 196 euro 18
Battere i sovranisti si può
Nel suo nuovo libro il politologo Colin Crouch analizza l’ascesa dei populismi di estrema destra sulle due sponde dell’oceano E spiega come per sconfiggerli bisogna dare spazio agli altri due movimenti di massa dei nostri anni: femminismo e ambientalismo
di Giancarlo Bosetti Robinson 1 2 2020
Dall’ormai lontano 2003, Colin Crouch, sociologo e politologo inglese, per dieci anni all’Istituto europeo di Fiesole con Alessandro Pizzorno ( alla cui memoria ha dedicato quest’ultimo volume) ha legato il suo nome al termine Postdemocrazia, che era il titolo del suo libro di maggior successo. Con quella parola indicava le debolezze dei sistemi di democrazia rappresentativa consistenti nella loro eccessiva permeabilità alla ricchezza, nelle distorsioni della pubblica discussione, trasformata in show e dominata dallo " spin" delle tecniche pubblicitarie, nell’affacciarsi di tycoon e monopolisti al potere. Da allora la patologia di quel "post" ne ha fatta di strada allontanandoci dal modello glorioso del dopoguerra. La letteratura sulla democrazia «sfigurata» (Nadia Urbinati), « degenerata » ( Craig Calhoun, Charles Taylor), in procinto di « finire » ( David Runciman) o di « morire » ( Levitsky- Ziblatt) nello scontro tra il popolo e la tecnocrazia ( Yascha Mounk) ha riempito gli scaffali della scienza politica. Ed è lo stesso Crouch a ricordarci che, secondo il Democracy Index dell’Economist, se nel 2006 il 13 per cento della popolazione mondiale viveva in paesi « pienamente democratici » , nel 2017 l’indice è precipitato al 4,5 per cento.
Tra i fattori principali di questo sprofondamento ci sono il collasso economico del 2008, la crisi dell’Unione europea, le patologie del debito sovrano ( lo spread, il caso greco ma anche quello italiano), la crescita di partiti populisti e xenofobi, gli usi e abusi della rete e dei social come strumenti di manipolazione.
Quest’ultimo libro di Crouch concentra l’attenzione sulla riduzione del terreno democratico a disposizione degli organi nazionali eletti ad opera di organismi tecnici sovranazionali, di autorità di garanzia, di strumenti nati per impedire ai poteri sovrani del popolo di espandere il debito senza fine e di produrre disastri ancora peggiori. Da qui spazi vuoti, ingigantiti da una perdita di identità dei soggetti politici, che erano stati a lungo sostenuti da chiari connotati di classe e di interesse e da culture e religioni ben definite. Con il loro declino, si sono aperte praterie alla protesta, è cresciuto un enorme serbatoio di reazione e risentimento.
Crouch riconosce che erano e sono indispensabili istituzioni che mettano la democrazia al riparo da se stessa, ma il contraccolpo dell’ira popolare andava gestito, governato secondo un indirizzo che non assecondasse per lo più il dettato della finanza internazionale e la logica del corporate neoliberalism che ha difeso, più che il mercato, gli interessi delle grandi imprese oligopolistiche.
Mentre i partiti mainstream continuavano a proporre il progresso e cercavano di inseguire « il nuovo » , non si sono accorti di quanto gli elettori del popolo sovrano si fossero affezionati «al vecchio», accrescendo le file di movimenti conservatori ispirati fondamentalmente dal rimpianto per un’età dell’oro passata e per una sicurezza che sentono minacciata dagli invasori. Da qui le note prevalenti di questa reazione: cupo pessimismo e nostalgia.
Da una parte bisogna fermare l’immigrazione e dall’altra gli Stati- nazione devono affrancarsi dalla cooperazione internazionale.
È il terreno dei successi dei movimenti «populisti», termine che Crouch preferisce evitare perché indica qualunque movimento che esca dai ranghi dei partiti tradizionali, mentre lui vuole indicare come cuore del problema che affligge la democrazia oggi il « pessimismo nostalgico » che pretende di superare la postdemocrazia, ma che è una cura peggiore del male.
La crisi ha favorito gli oppositori delle élite, e i più accaniti fra questi sono rappresentati dalla alt-right, la destra alternativa, antisistema, l’ala estrema di fenomeni politici che hanno portato alla vittoria di Trump e a governi autoritari nell’Europa dell’Est e che si affaccia dovunque.
La partita è aperta, la conclusione è ancora da scrivere. I grandi movimenti che si affacciavano già all’inizio del secolo erano tre: il femminismo, l’ambientalismo e il populismo xenofobo. Quest’ultimo è quello che si è imposto finora con maggior forza nel plasmare la politica contemporanea, dal Brasile all’India.
Ma non è finita qui. Agli altri due sono affidate le speranze di Crouch in una possibile rigenerazione democratica. Le chiamate alla mobilitazione, anche nel nome di una riscossa del discernimento contro le manipolazioni di ogni genere, non restano sempre senza risposta. I nostalgici hanno vinto con la Brexit, ma le elezioni europee hanno dimostrato che la loro ascesa può essere fermata.
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Con la parola postdemocrazia indica le debolezze e la permeabilità delle istituzioni Tra i fattori scatenanti la crisi del 2008, la fragilità della Ue, gli usi e abusi della Rete La partita però è ancora aperta, la conclusione tutta da scrivere: basta mobilitarsi
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