domenica 1 luglio 2012

Spezzaferro colpisce ancora

E mette tutti in riga con il piattino in mano [SGA].

D'Alema: «È un liberale che può mitigare le resistenze stataliste»di Dario Di Vico  Corriere 1.7.12

Casini: il Pdl decida cosa fare. Di Pietro si mette fuori da solo
di Francesco Bei Repubblica 1.7.12

Il leader Pd dice no «alla proprietà transitiva per cui se c’è Vendola c’è Di Pietro, e se c’è Di Pietro c’è Grillo» «Il Paese è ancora in una fase di transizione: il pericolo è grande»
di Laura Matteucci  l’Unità 1.7.12

di Massimo Adinolfi l’Unità 1.7.12

Corriere 1.7.12


Di Pietro tende la mano a Bersani “Scriviamo insieme il programma”
Repubblica 1.7.12
ROMA — Una proposta a Bersani - «Scriviamo assieme il programma» - e una dura stoccata a Casini: «Con lui nessuna alleanza: è il carnefice del centrosinistra». Antonio Di Pietro cerca l’alleanza con il Pd e stronca ogni intesa elettorale con i centristi. E affida ai sindaci il compito di scrivere «un nuovo programma di governo che metta da parte le formulette delle alleanze per fare finalmente spazio ai bisogni reali della gente». Proposta lanciata da Bari, dove il leader dell’Idv ha riunito, in occasione di una convention per il Mezzogiorno, Michele Emiliano, Luigi De Magistris, e Leoluca Orlando. I tre sindaci negano la nascita del partito dei sindaci. Di Pietro invece attacca Casini. Il leader dell'Idv ricorda che il centrista ha governato a lungo insieme a Berlusconi. «Se fossi in tribunale dice - per Casini varrebbe concorso diretto nella commissione del reato».

Vendola: senza Idv non c’è coalizione per le primarie
Il leader di Sel in conferenza stampa con Di Pietro: «L’Italia dei valori non può essere lo scalpo da offrire ai moderati»di Andrea Carugati  l’Unità 30.6.12


Come Prandelli con Balotelli, Nichi Vendola s’incarica di fare da tutor a Tonino Di Pietro, definito «il discolo del Palazzo», ma comunque un «fondatore» del centrosinistra. E comunque, a chi nel Pd insiste a dare bassi voti in condotta a “Tonino”, a pensare di dargli un cartellino rosso alle prossime politiche, “Nichi” manda un messaggio chiaro: «Senza l’Idv, e dunque senza la coalizione di centrosinistra, di che primarie parliamo? Io non sono interessato a un’alleanza Pd-Udc in cui fare da gregario». In parole povere: «Se c’è Casini e non Di Pietro, non so cosa siano le primarie. Se saranno un congresso del Pd ne attenderò l’esito».
Conferenza stampa a due, nell’afa del venerdì festivo a Montecitorio. Il leader di Sel manda messaggi chiarissimi ai democratici, e in primo luogo a Bersani, cui riserva come sempre parole morbide: «Se lui vuole lavorare al dopo Monti noi siamo pronti. Ma non si parli di Grande coalizione, quella è la soluzione più nefasta».
Tonino-Franti fa di tutto per sembrare buono. Fa persino gli auguri di compleanno al Presidente Napolitano, per tentare di chiudere quella brutta pagina fatta di insinuazioni sulle telefonate intercorse tra il Colle e l’ex ministro Nicola Mancino. «Le prese di posizione politiche nulla hanno a che fare con la stima istituzionale. Non è solo un dovere ma un piacere fare gli auguri al Presidente Napolitano», scandisce l’ex pm.
Ma è Vendola a dare la linea, a dettare i primi cinque punti su cui aprire il cantiere di programma del centrosinistra che (forse) verrà: patrimoniale, reddito minimo, parità di genere, coppie di fatto, welfare ambientale. «Con chi non vuol parlare di coppie di fatto non prendo neppure un caffè», scandisce il governatore pugliese, che ha una lunga esperienza (per lui assai fortunata) di liti col Pd sul tema Casini, ultimo atto la candidatura alla guida della Puglia nel 2010, quando i democratici volevano candidare Michele Emiliano d’intesa con Casini e alla fine fu Vendola a spuntarla.
E ora è proprio dalle esperienze locali che il tandem Vendola-Di Pietro vuole far ripartire il centrosinistra. «Ma come, abbiamo vinto dappertutto con il centrosinistra, e perché mai ora dovremmo mutilare la nostra coalizione?» si domanda il leader di Sel. «Se lo scalpo di Di Pietro è un trofeo da offrire ai cosiddetti moderati, allora auguri, io la politica non la faccio così».
Un ultimatum al Pd? Vendola e Di Pietro negano con forza. «È un appello al Pd perché chiarisca la sua posizione sul piano programmatico, innanzitutto», dice il leader Idv. «Non siamo qui col coltello alla gola del Pd, semmai è la realtà che pone un ultimatum, visto il calendario...», rincara Vendola. Che aggiunge: «Abbiamo una tale volontà di fare il centrosinistra che siamo persino sdraiati, consapevoli che il popolo del Pd è una delle energie più preziose del Paese». E Di Pietro lancia una stoccata: «È l’accordo tra Pd e Udc che divide il popolo del centrosinistra». Vendola aggiunge una delle sue formule: «Bene il dialogo con i moderati, persino il compromesso. Ma non la resa». E ribadisce: «Non ci piace l’idea di un asse neo moderato tra Pde Udc. A quel punto tolgano addirittura il trattino dopo “centro” e la parola “sinistra”...». «Noi scandisce il governatore non vogliamo essere né alleati virtuali, né effimeri, eventuali o residuali».
Alla conferenza stampa di ieri avrebbero dovuto partecipare anche i “fab four”, i quattro sindaci eletti da Sel e Idv, Pisapia, Doria, De Magistris e Orlando. «Problemi di bilancio» li hanno tenuti nei rispettivi municipi. Tonino vedrà i suoi due sindaci oggi a Bari, mentre Pisapia e Doria hanno mandato una lettera per solidarizzare con le tesi di Vendola: e cioè ripartire dal centrosinistra che ha vinto e che governa le grandi città: «Per noi l’alleanza non può che essere quella che ha permesso al centrosinistra di vincere le elezioni e di governare grandi città come Milano e Genova», scrivono. E indicano la via dell’apertura alla società civile e anche del dialogo, «non subalterno», con forze moderate «disposte a confrontarsi col centrosinistra sui temi dello sviluppo, del rinnovamento della politica, della giustizia sociale».
Che faranno i due leader in caso di risposta negativa del Pd? Un listone progressista? Un rassemblement con pezzi della sinistra più radicale sul modello greco di Syriza, come li invita a fare il leader Prc Ferrero? Per ora non si sbottonano. «Immaginare subordinate vorrebbe dire indebolire la nostra proposta principale, che è quella di un cantiere del centrosinistra col Pd», spiega il leader di Sel. Di Pietro appare meno prudente: «Noi intanto ci avviamo...».


Sullo sfondo anche la minaccia di allearsi con un listone civico di sindaci «vincenti»di Carlo Bertini La Stampa 30.6.12

Vendola: con il Pd solo se c'è Di Pietro
L'aut aut del leader di Sel: altrimenti non mi interessano patti con l'Udcdi Alessandro Trocino  Corriere 30.6.12


ROMA — Se qualcuno aveva pensato di poter scaricare la scomoda Idv e di affiancare a un'alleanza Pd-Udc la sinistra radicale in posizione subordinata, ha sbagliato i conti. Nichi Vendola non ha nessuna intenzione di aggrapparsi a un patto neocentrista, non esclude una qualche forma di «compromesso» con l'Udc, ma solo dopo che il Pd abbia accettato due clausole ben difficili da digerire, almeno per ora: «Discuto con Bersani solo se c'è l'Idv. E solo se c'è il sì alle coppie di fatto». Per dare più enfasi e ufficialità all'ultimatum (ma si preferisce chiamarlo «appello») Vendola si presenta in coppia affiancato ad Antonio Di Pietro davanti ai cronisti di Montecitorio.
Accelerazione dei tempi che Pier Luigi Bersani non gradisce affatto: «Son momenti decisivi, ci sarebbe la necessità di stare tranquilli», fa sapere. Nessuna preclusione all'Idv, dice: «Non spetta a noi dire sì o no o forse. Il problema sono gli impegni di governo. Di Pietro ha questa volontà di governare, di rispettare gli impegni che ci attendono? Benissimo, altrimenti, se questa volontà non c'è...». E ancora: «Il centrosinistra di governo non deve essere esposto a pulsioni populiste, a posizioni che mettono in dubbio presidi costituzionali come la presidenza della Repubblica».
Nelle scorse settimane Pier Ferdinando Casini, nell'intervista al Corriere della Sera, sembrava aver scelto un asse tra progressisti e moderati. Ma è noto che i centristi non amano affatto l'Italia dei valori. E allora, da parte di Vendola, imporre come precondizione il sì all'Idv, pone il Pd di fronte a un aut aut. Il governatore della Puglia spiega: «Io sono interessato a costruire un centrosinistra che sia una coalizione plurale e aperta. Non è impedito il dibattito con i moderati, neanche che ci sia un punto di compromesso, ma nell'agenda di centrosinistra l'avanzata sui diritti sociali e civili è il minimo che si possa chiedere». E poi: «Non possiamo essere considerati alleati residuali». Non solo. «Se c'è una coalizione, io sono interessato a primarie di coalizione: ma se c'è Casini e non c'è Di Pietro, che primarie sono? Non sono interessato né a un concorso di bellezza né a partecipare a un congresso del Pd». In pratica, un passo indietro rispetto all'ipotesi di correre con Bersani e Matteo Renzi. Su quest'ultimo, è tranchant: «Renzi è una variabile estremista del liberismo». Tanto che il sindaco di Firenze replica su Twitter: «Casini dice che lui è più a sinistra di me. Vendola dice che io sono un estremista e quindi niente primarie. Ma come, Nichi ci parla di primarie tutti i giorni da due anni e adesso se ne va portando via il pallone prima di giocare? Questa cos'è? Paura di confrontarsi sulle idee o effetto del caldo?».
Ma Vendola pone vere e proprie condizioni, tanto da stilare cinque punti su cui dovrebbe basarsi la coalizione di centrosinistra: «Patrimoniale, reddito minimo garantito, welfare ambientale, parità di genere e coppie di fatto». Su quest'ultimo punto, poco gradito al Pd e per nulla all'Udc, è irremovibile: «In una coalizione che non riconosce le coppie di fatto non ci si può accomodare neanche per prendere un caffè».
A dar manforte a Vendola, ecco Di Pietro, pasdaran dell'antimontismo, la cui linea attuale è decisamente distante da quella del Pd: «Non poniamo ultimatum, ma chiediamo al Pd di chiarire la sua posizione. Basta voti di fiducia al governo per tirare a campare. Il Pd faccia una scelta di campo, perché a pane e spread si muore di fame». E, giusto per fare un esempio, aggiunge: «Se essere moderati vuol dire abolire l'articolo 18, con i moderati non possiamo stare». E di una grande coalizione post-montiana, vagheggiata dai centristi, non se ne parla neppure: «Sarebbe l'ipotesi più nefasta per l'Italia».

Repubblica 30.6.12


Il leader dei Democratici: «Serve una coalizione stabile, non la riedizione degli errori del passato»
In serata l’incontro con Libertà e Giustiziadi Simone Collini l’Unità 30.6.12

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