domenica 1 luglio 2012
Indecorosa fine di un ex storico marxista: Eric Hobsbawm rilascia un'intervista ad Alain Elkann
Essere il padre di Lapo Elkann non è il suo peggior difetto [SGA].
Eric Hobsbawm storico britannico
“Il nostro mondo è in crisi perché nessuno decide”
«La globalizzazione funziona in campo scientifico, culturale economico ma non politico»
«Il sistema capitalista non funziona più dal 2008 con il collasso del sistema finanziario internazionale... Però la gente non è più felice. La felicità non si misura con la sicurezza materiale»
intervista di Alain Elkann La Stampa 1.7.12 da Segnalazioni
Il professor Eric Hobsbawm mi riceve nella sua casa a Hampstead, arredata in modo perfettamente coerente con la sua vita, libri, dischi, fotografie di famiglia, quadri che ricordano i viaggi in Russia o in Italia. È molto lucido e comunicativo.
Lei è l’autore di «Il secolo breve». Ha visto con i suoi occhi la fine della I Guerra Mondiale, l’avvento di fascismo e comunismo, la II Guerra Mondiale, la Guerra fredda, la caduta del muro di Berlino, l’11 settembre. A che punto siamo oggi nel mondo?
«È chiaro che siamo in un’epoca di instabilità. Gran a parte dell’umanità è preoccupata e pochissimi sanno cosa succederà. Tra il 1945 e i primi Anni 70 eravamo invece in un’epoca di stabilità, oggi pochi individui o governi sanno cosa accadrà tra cinque anni. Questo è il sentimento di questo periodo. C’è chi è più ottimista e chi meno, ma non c’è fiducia».
Pensa che ci sarà una guerra?
«Un’altra guerra mondiale non riesco a immaginarla. Non vedo in ogni caso l’unica guerra possibile, cioè tra Cina e Stati Uniti. Sono possibili guerre marginali in Medio Oriente, nel Sud est asiatico appoggiate dall’esterno, ma non una vera guerra mondiale».
E la Primavera Araba?
«Ero molto favorevole, felice perchè non mi aspettavo di vivere abbastanza a lungo per vedere gente buttare per aria dei regimi militari. Sembrava il 1848. Una delle grandi lezioni però è che è più facile far finire un regime che sostituirlo».
In Europa cosa succede?
«Il sistema capitalista non funziona più dal 2008 con il collasso del sistema finanziario internazionale. La parte debole oggi è in Europa ma è un aspetto dell’incapacità di organizzare un sistema economico globale che funzioni».
Qual è il problema?
«La mancanza di leadership, di persone che decidono. Lo dicevo in passato e lo ripeto oggi: questo è il tallone di Achille della globalizzazione che funziona in tutti i campi, linguistico, culturale, scientifico, economico ma non in politica. Non ci sono accordi tra i due o tre principali paesi del mondo, nessuno decide più».
Nemmeno gli Usa?
«No. Sono ricchi, potenti, forti dal punto di vista economico e militare ma non decidono».
E la Germania?
«La Germania è l’economia più forte in Europa, ma non è così forte se paragonata a Usa o Cina perchè è molto più piccola. È importante in quanto fa parte dell’Europa. L’ Europa è un esempio concreto di quello che dicevo prima e cioè il fallimento della politica, che non sa essere globale. Sarebbe possibile per esempio un accordo sugli Eurobond ma francesi e tedeschi non riescono a mettersi d’accordo».
E la Gran Bretagna?
«Forse andrà a pezzi. No! Ha cercato di mantenere la sua posizione di grande impero troppo a lungo e questa è una delle ragioni principali per cui alla fine abbiamo deciso di stare con gli Usa e non con l’Europa. La Gran Bretagna è semi europea».
Lei crede nell’Euro ?
«Non sono qualificato per giudicare, ma se si abolisse l’euro il costo di cambiare tutti i sistemi economici sarebbe enorme e nessuno lo vuole veramente. Quindi anche se non funziona durerà».
Come sta oggi il mondo?
«Molto meglio. Le condizioni dell’uomo oggi sono migliori perchè gli uomini vivono più a lungo e hanno molte più scelte nella loro vita. Anche quando pensiamo a potenziali catastrofi e a quante persone sono morte nel ventesimo secolo, la vita umana è migliorata. Tra quarant’anni le persone staranno ancora meglio e noi stiamo già molto meglio dei nostri nonni e dei nostri genitori».
Per via del progresso tecnologico?
«Sì, e anche per la grande capacità di produrre e scambiare. Ci saranno problemi veri come quello delle risorse, per esempio la mancanza d’acqua, ma non credo che in termini materiali si possa essere pessimisti per i prossimi cinquant’anni. Però la gente non è più felice. La felicità non si misura con la sicurezza materiale. Fino alla fine degli Anni 50 si viveva più o meno come negli ultimi millenni, la gente era povera, contadina, ma vi erano regole, tradizioni, ruoli, religioni e quindi delle certezze e una guida. Dagli Anni 70 questo sistema di regole è stato distrutto e la gente non sa dov’è e dove andare. Non ci sono più ruoli precisi».
Cosa succederà ?
«Il fondamentalismo religioso è una reazione a questa situazione. Da un altro lato la gente non avendo direttive vede delle opportunità e le prende. In Occidente siamo ancora affezionati a marche di cui ci fidiamo e che continuiamo a comprare. In Cina non si interessano ai marchi e soprattutto non c’è lealtà perchè sono soprattutto dei giocatori».
Lei è ancora comunista?
«Il comunismo non esiste più. Sono leale alla speranza di una rivoluzione anche se non credo che succederà più. Non so se basta per essere comunista, io sono marxista perchè penso che non ci sarà stabilità finchè il capitalismo non si trasformerà in qualcosa di irriconoscibile dal capitalismo che conosciamo oggi. E sono leale alla memoria in quello in cui ho creduto e che fu un grande movimento anche in Italia».
Eric Hobsbawm storico britannico
“Il nostro mondo è in crisi perché nessuno decide”
«La globalizzazione funziona in campo scientifico, culturale economico ma non politico»
«Il sistema capitalista non funziona più dal 2008 con il collasso del sistema finanziario internazionale... Però la gente non è più felice. La felicità non si misura con la sicurezza materiale»
intervista di Alain Elkann La Stampa 1.7.12 da Segnalazioni
Il professor Eric Hobsbawm mi riceve nella sua casa a Hampstead, arredata in modo perfettamente coerente con la sua vita, libri, dischi, fotografie di famiglia, quadri che ricordano i viaggi in Russia o in Italia. È molto lucido e comunicativo.
Lei è l’autore di «Il secolo breve». Ha visto con i suoi occhi la fine della I Guerra Mondiale, l’avvento di fascismo e comunismo, la II Guerra Mondiale, la Guerra fredda, la caduta del muro di Berlino, l’11 settembre. A che punto siamo oggi nel mondo?
«È chiaro che siamo in un’epoca di instabilità. Gran a parte dell’umanità è preoccupata e pochissimi sanno cosa succederà. Tra il 1945 e i primi Anni 70 eravamo invece in un’epoca di stabilità, oggi pochi individui o governi sanno cosa accadrà tra cinque anni. Questo è il sentimento di questo periodo. C’è chi è più ottimista e chi meno, ma non c’è fiducia».
Pensa che ci sarà una guerra?
«Un’altra guerra mondiale non riesco a immaginarla. Non vedo in ogni caso l’unica guerra possibile, cioè tra Cina e Stati Uniti. Sono possibili guerre marginali in Medio Oriente, nel Sud est asiatico appoggiate dall’esterno, ma non una vera guerra mondiale».
E la Primavera Araba?
«Ero molto favorevole, felice perchè non mi aspettavo di vivere abbastanza a lungo per vedere gente buttare per aria dei regimi militari. Sembrava il 1848. Una delle grandi lezioni però è che è più facile far finire un regime che sostituirlo».
In Europa cosa succede?
«Il sistema capitalista non funziona più dal 2008 con il collasso del sistema finanziario internazionale. La parte debole oggi è in Europa ma è un aspetto dell’incapacità di organizzare un sistema economico globale che funzioni».
Qual è il problema?
«La mancanza di leadership, di persone che decidono. Lo dicevo in passato e lo ripeto oggi: questo è il tallone di Achille della globalizzazione che funziona in tutti i campi, linguistico, culturale, scientifico, economico ma non in politica. Non ci sono accordi tra i due o tre principali paesi del mondo, nessuno decide più».
Nemmeno gli Usa?
«No. Sono ricchi, potenti, forti dal punto di vista economico e militare ma non decidono».
E la Germania?
«La Germania è l’economia più forte in Europa, ma non è così forte se paragonata a Usa o Cina perchè è molto più piccola. È importante in quanto fa parte dell’Europa. L’ Europa è un esempio concreto di quello che dicevo prima e cioè il fallimento della politica, che non sa essere globale. Sarebbe possibile per esempio un accordo sugli Eurobond ma francesi e tedeschi non riescono a mettersi d’accordo».
E la Gran Bretagna?
«Forse andrà a pezzi. No! Ha cercato di mantenere la sua posizione di grande impero troppo a lungo e questa è una delle ragioni principali per cui alla fine abbiamo deciso di stare con gli Usa e non con l’Europa. La Gran Bretagna è semi europea».
Lei crede nell’Euro ?
«Non sono qualificato per giudicare, ma se si abolisse l’euro il costo di cambiare tutti i sistemi economici sarebbe enorme e nessuno lo vuole veramente. Quindi anche se non funziona durerà».
Come sta oggi il mondo?
«Molto meglio. Le condizioni dell’uomo oggi sono migliori perchè gli uomini vivono più a lungo e hanno molte più scelte nella loro vita. Anche quando pensiamo a potenziali catastrofi e a quante persone sono morte nel ventesimo secolo, la vita umana è migliorata. Tra quarant’anni le persone staranno ancora meglio e noi stiamo già molto meglio dei nostri nonni e dei nostri genitori».
Per via del progresso tecnologico?
«Sì, e anche per la grande capacità di produrre e scambiare. Ci saranno problemi veri come quello delle risorse, per esempio la mancanza d’acqua, ma non credo che in termini materiali si possa essere pessimisti per i prossimi cinquant’anni. Però la gente non è più felice. La felicità non si misura con la sicurezza materiale. Fino alla fine degli Anni 50 si viveva più o meno come negli ultimi millenni, la gente era povera, contadina, ma vi erano regole, tradizioni, ruoli, religioni e quindi delle certezze e una guida. Dagli Anni 70 questo sistema di regole è stato distrutto e la gente non sa dov’è e dove andare. Non ci sono più ruoli precisi».
Cosa succederà ?
«Il fondamentalismo religioso è una reazione a questa situazione. Da un altro lato la gente non avendo direttive vede delle opportunità e le prende. In Occidente siamo ancora affezionati a marche di cui ci fidiamo e che continuiamo a comprare. In Cina non si interessano ai marchi e soprattutto non c’è lealtà perchè sono soprattutto dei giocatori».
Lei è ancora comunista?
«Il comunismo non esiste più. Sono leale alla speranza di una rivoluzione anche se non credo che succederà più. Non so se basta per essere comunista, io sono marxista perchè penso che non ci sarà stabilità finchè il capitalismo non si trasformerà in qualcosa di irriconoscibile dal capitalismo che conosciamo oggi. E sono leale alla memoria in quello in cui ho creduto e che fu un grande movimento anche in Italia».
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