giovedì 17 gennaio 2013
Tornano le lezioni di Ernst Bloch su Kant
Risvolto
Ernst Bloch tenne corsi di Storia della filosofia all’Università di Lipsia
negli anni tra il 1951 e il 1956. Qui sono pubblicate le lezioni sulla filosofia
di Kant, un autore che è sempre stato presente nell’orizzonte filosofico
blochiano fin dagli esordi come è documentato nella sua opera giovanile del
1918, Spirito dell’utopia. Nelle sue opere successive il suo
interlocutore preferito è stato sicuramente Hegel. Queste lezioni portano invece
in primo piano un rapporto con Kant rimasto nelle opere fondamentali sempre
quasi sullo sfondo, rimettendo in discussione una pretesa fase hegeliana
dell’ultimo Bloch. Kant viene collocato all’interno della filosofia tedesca
seguendo il filo rosso dei movimenti di liberazione dell’uomo dall’asservimento,
e gli viene assegnato un posto rilevante nella chiarificazione dei problemi
inerenti alla dignità umana. Proprio perché sono materiali elaborati per
studenti, queste lezioni hanno il pregio di una chiara esposizione, dove però
trapela la sottile interpretazione blochiana che fa emergere il nucleo utopico
nella concezione kantiana della politica e della speranza.
SAGGI - Le lezioni di Ernst Bloch dedicate all'opera di Kant per Mimesis
Una rimozione che riempie la scena
Nuova edizione di un libro dimenticato che mostra la sua attualità nel capitalismo del lavoro cognitivo
APERTURA - Fabrizio Denunzio il manifesto 2013.01.16 - 11 CULTURA
Nuova edizione di un libro dimenticato che mostra la sua attualità nel
capitalismo del lavoro cognitivo Francia. Maggio 1974. In linea con una grande
tradizione di giornalismo culturale, José Marchand porta davanti agli schermi
televisivi del suo paese uno dei più importanti filosofi marxisti del Novecento:
Ernst Bloch. Nella lunga intervista rilasciata al giornalista, il filosofo
tedesco ripercorre tutte le tappe di una vita scandita da amicizie, opere ed
eventi che hanno segnato profondamente il secolo passato. Gli eventi. Le due
guerre mondiali; la fuga in Svizzera per sfuggire alla prima poiché pacifista
radicale, quella in America per sottrarsi al totalitarismo tedesco perché ebreo
e comunista; il trasferimento, alla fine del Secondo conflitto, nella Rdt (l'ex
Repubblica Democratica Tedesca); il mancato rientro in questi stessi territori
dopo la costruzione del muro di Berlino (si trovava in Baviera quando la
divisione venne alzata); l'ultimo periodo a Tubinga.
Le opere. In questo
vortice di eventi Bloch scrive opere decisive come Spirito dell'utopia (1918) e
Il Principio Speranza (1959), attraverso cui cerca di arricchire il marxismo con
categorie inconsuete poiché per nulla economicistiche quali, per l'appunto, la
speranza e l'utopia. Queste, nelle loro definizioni più forti e suggestive
rappresentano, la prima non un «affetto, in opposizione alla paura, bensì
speranza come atto cognitivo, come atto di conoscenza»; la seconda «una realtà
oggettiva e reale. Rappresenta un principio di lotta (...) Nell'utopia
ritroviamo la rivoluzione, l'apocalisse e la morte».
Le amicizie. Decisivi,
nella formazione di questo dispositivo di pensiero, l'ambiente culturale
berlinese degli anni Venti del Novecento in cui Bloch si muove. In primo luogo,
il sodalizio con l'altro grande marxista del secolo, György Lukács. Poi, gli
incontri con quei filosofi che fonderanno e gireranno attorno all'Istituto per
la ricerca sociale di Francoforte (o, come amava ripetere, per la
«falsificazione» sociale, trasformando l'originale Sozialforschung in
Sozialfälschung): Theodor W. Adorno, Siegfried Kracauer e Walter Benjamin.
Infine, la figura di notevole prestigio intellettuale pubblico della Berlino di
quegli anni con cui Bloch si incontra e scontra: Georg Simmel, fondatore della
sociologia. Nel corso dell'intervista televisiva rilasciata a Marchand, il
filosofo marxista parla di tutto ciò e di molto altro. Eppure, qualcosa non
dice. Cosa e perché?
L'editore Mimesis, con il titolo La filosofia di Kant
(traduzione e cura di Vincenzo Scaloni), ha da poco mandato in libreria le
lezioni tenute da Bloch sull'argomento negli anni compresi dal 1951 al 1956.
Risalgono al periodo in cui insegnava all'Università di Lipsia, nella Germania
dell'Est dove dirigeva, presso l'Università Karl Marx, l'Istituto di filosofia.
Dal testo, e dai risultati delle ricerche degli specialisti, si deduce il
ruolo centrale svolto da Kant nell'intero dispositivo di pensiero blochiano.
Stando così le cose, c'è da chiedersi perché, nel momento di massima esposizione
mediale - una lunga intervista per la televisione francese - Bloch, ricordando
quasi tutti i suoi referenti filosofici, non menzioni proprio Kant. Mentre non
lesina continui riconoscimenti all'amatissimo Hegel, al quale aveva dedicato la
monografia Soggetto-Oggetto, all'autore della Critica della ragion pura non
dedica neanche un pallido ricordo. In più, parlando degli gli anni di
insegnamento a Lipsia dice di aver tenuto «tre corsi di storia della filosofia
da Talete fino a Heidegger», non quello egualmente importante e impegnativo su
Kant.
Questa mancanza sembra tanto più significativa quanto più si pensa al
tono «intimo» che Bloch ha voluto dare all'intervista: «Vorrei parlare come se
fossi tra amici e raccontassi loro qualcosa della mia vita e del mio lavoro». Da
questa vita e da questo lavoro, però, davanti alle telecamere, Kant è escluso.
L'uscita di queste lezioni kantiane, allora, sembra riportare in primo piano
tale mancanza. Volendo usare metaforicamente il linguaggio freudiano, si
potrebbe dire che La filosofia di Kant faccia riemergere ciò che Bloch ha
rimosso nel corso dell'intervista televisiva, rimozione che solo ora,
nell'attuale fase di trasformazione strutturale del lavoro da materiale a
immateriale, diventa pienamente comprensibile smettendo, così, di essere
rimossa. Sì perché l'indubbia importanza di questo libro sta tutta qui, nel modo
in cui Bloch, inaspettatamente, pone il lavoro, o meglio, un certo tipo di
lavoro, quello cognitivo, al centro di uno dei passaggi più difficili della
Critica della ragion pura. Solo insistendo su questa dimensione di teoria
sociale il testo si collega alla nostra attualità, diversamente rimane uno
strumento, prezioso sì, ma confinato all'interesse specialistico e di quanti
vogliano introdursi agevolmente nella filosofia kantiana (da questo punto di
vista le lezioni di Bloch sono insuperabili poiché si sviluppano a ridosso
dell'intera opera di Kant, tenendo assieme chiarezza e complessità).
Il
passaggio in questione è di ordine epistemologico, riguarda, come gran parte
della Critica della ragion pura, problemi di teoria della conoscenza. Lì dove
Kant designa come «operazione dell'intelletto» quella compiuta dal soggetto di
congiungere nella sua coscienza la molteplicità della rappresentazioni dategli
dall'intuizione, Bloch, da marxista, vi vede «tematizzato il fattore lavoro, il
fattore soggettivo nella conoscenza». In questa sintetizzazione del molteplice
nel concettuale, l'unico modo che per Kant abbiamo di conoscere l'esperienza e
di porre così il mondo Bloch riconosce un'attività strettamente produttiva e
costruttiva del soggetto, un vero e proprio lavoro. Questo lavoro, però,
riguarda la conoscenza, è «solo» cognitivo.
Molto probabilmente sta qui la
ragione della rimozione di Kant nel corso dell'intervista televisiva. Dovendo
«esporsi» su di un filosofo, Hegel assicurava maggiori sicurezze. Bloch,
infatti, nella monografia Soggetto-Oggetto, di cui parla appassionatamente a
Marchand, aveva spostato il centro di gravità della suddetta coppia di
categorie, verso il soggetto. Alla fine degli anni Quaranta del Novecento, il
libro esce nel 1948 in Messico tradotto in spagnolo, per un filosofo marxista
questo soggetto non poteva essere altro che la classe operaia sovietica, il cui
modello di lavoro era ancora la grande fabbrica che produceva a livello
planetario. Va da sé che di fronte alla triade Classe-Fabbrica-Stato e al
relativo modello di lavoro che la sostiene, quello cognitivo kantiano è
destinato, e anche giustamente visto il momento storico in cui Bloch lo
definisce, alla rimozione.
Eppure, oggi ritorna. Solo ora possiamo vedere il
«fattore soggettivo nella conoscenza» di cui ci parla Bloch pensando alle
operazioni intellettive di connessione e sintesi svolte dal soggetto kantiano,
per quello che è: un modello di lavoro immateriale, uno di quelli che
quotidianamente si «eseguono» negli apparati di comunicazione. Lo stesso a cui
si è attenuto Bloch quando, in televisione, nel corso dell'intervista rilasciata
a Marchand, non ha fatto altro che connettere i vari momenti della sua vita e
sintetizzare il senso complessivo della sua opera. Così facendo le ha
trasformate in un bene immateriale destinato ad un grande pubblico.
Questa
correlazione tra teoria della conoscenza, nuovi modelli di lavoro e scienza
sociale ci è chiara solamente oggi che i media hanno dispiegato tutta la loro
potenza, non da ultima la rete, e che la comunicazione è diventata uno dei
momenti propulsivi dello sviluppo capitalistico contemporaneo.
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