lunedì 4 febbraio 2013

Una nuova traduzione per Solaris di Stanislaw Lem


Viaggio su Solaris in versione integrale

La prima traduzione completa del capolavoro fantascientifico di Lem
di Dario Pappalardo Repubblica 4.2.13

Stanislaw Lem preferiva la versione di Clooney a quella di Tarkovskij. Non digerì mai la trasposizione cinematografica che del suo Solaris fece il maestro del cinema russo: troppe scene oniriche e un’introduzione bucolica inventata di sana pianta. Meglio allora il remake hollywoodiano firmato da Steven Soderbergh nel 2002: piatto sì, ma più fedele al romanzo. Eppure il regista “traditore” Tarkovskij e lo scrittore “tradito” Lem hanno condiviso, almeno nelle versioni italiane dei loro capolavori, un destino comune: la mutilazione. Il film uscì in Italia nel 1972 tagliato di cinquanta minuti. Il romanzo l’anno successivo (ma l’originale era del 1961) per l’Editrice Nord, che lo adattò dalla traduzione inglese (a sua volta ripresa dal francese) snellita per ragioni editoriali di decine di pagine. Mondadori, nel 1982, ristampò lo stesso testo.
Sellerio, oggi, vendica l’autore morto intanto nel 2005: Solaris è stato tradotto per la prima volta direttamente dall’originale polacco da Vera Verdiani). Un bel saggio di Francesco M. Cataluccio accompagna la nuova edizione ricostruendo genesi e fortuna del romanzo. Fortuna che era andata via via evaporando e che nemmeno la performance di George Clooney, rivelatasi un fallimento al cinema, contribuì a rilanciare. L’etichetta della fantascienza affibbiata a Solaris ha finito per deludere gli amanti del genere spaziale tutto astronavi e battaglie galattiche, che qui non trovano pane per i loro denti. E per non interessare gli appassionati di letteratura tout court.
Lem, che casualmente aveva per cognome la sigla del modulo lunare (Lunar Excursion Module), costruisce un universo in cui l’ignoto non arriva da fuori, ma da dentro. Solaris è un pianeta “vivente”, composto da un oceano di neutrini che provocano allucinazioni agli astronauti che entrano nella sua orbita. I neutrini pensanti prendono forma di desideri e incubi degli umani. Chiunque si avvicini al pianeta vede materializzate davanti agli occhi figure provenienti dal proprio inconscio. In quello dello psicologo Chris Kelvin, spedito su Solaris per indagarne i misteri (è lui la voce narrante), c’è il fantasma della moglie Harey, morta suicida, che, puntualmente, compare. Come gli androidi di Dick, consapevoli di non essere umani, anche i “visitatori” di Lem sono pienamente al corrente del loro difetto di realtà. La falsa Harey sa di non poter esistere se non in funzione dell’inconscio del marito. Nasce da qui il dramma del simulacro che cerca la morte come il suo originale.
Per Lem la fantascienza descrive i limiti della conoscenza umana: la tecnologia del futuro non risolve i problemi del presente, ma mette in luce le fratture insanabili di sempre. Il pianeta qui non è territorio di conquista, ma di sfida. Solaris è una enorme struttura cerebrale con cui i singoli uomini devono rapportarsi con il rischio, o la speranza, di impazzire. Lo scrittore polacco viene più volte accostato a Philip K. Dick, di cui, per ragioni cronologiche, può considerarsi un precursore. Ma tra i due non correva buon sangue. Lem considerava l’ispiratore di Blade Runner «un visionario tra i ciarlatani ». Dick accusò il collega di essere una spia comunista. Intanto l’Associazione americana di scrittori di fantascienza si era affrettata a ritirare la tessera di socio onorario all’autore di Solaris.
La colpa? Aver criticato un genere letterario «appiattito tra due estremi: le ingenue inversioni del mondo reale e le facili invenzioni di mondi fiabeschi». A Lem non interessavano né le une, né le altre. 

IL FOGLIO del 13/2/2013   LIBRI a pag. 3

1 commento:

alberto bolzani ha detto...

Solaris viene tradotto nel 1973 direttamente dall’originale di Lem in lingua polacca edito nel 1963 a Varsavia dal Ministero della Difesa. La versione integrale dal polacco all’italiano con presentazione di Renato Prinzhofer è pubblicata da Editrice NORD. La vera prima traduttrice è Eva Zaniewska Bolzani che traduce l’intero testo dall’originale di Stanislaw Lem, La stessa traduzione esce in diverse edizioni di Mondadori. La realtà documentata pare non sia conosciuta da Francesco M. Cataluccio quando presenta la seconda traduzione dal polacco all’italiano del 2013 di Vera Verdiani Pieraccini (1918/2017).