giovedì 20 marzo 2014

Identità e retorica nazionale nella letteratura italiana

Una nazione di cartaMatteo Di Gesù: Una nazione di carta. Tradizione letteraria e identità italiana, Carocci 

Risvolto

È difficile ponderare con sicurezza se il sovradosaggio di autonarrazione, la sovrabbondante dotazione (quand’anche inconsapevole) di immaginario letterario di cui l’Italia dispone, abbia accresciuto la coscienza di sé della comunità nazionale e agevolato i processi di trasmissione e condivisione di istanze comuni; ovvero se, al contrario, questa topica, questa ostinazione originaria a raccontarsi e allegorizzarsi, abbia compromesso tale consapevolezza e abbia concorso ad alimentare e consolidare processi escludenti, fungendo da corredo ideologico. Questo saggio indaga la codificazione letteraria di alcune retoriche nazionali e di determinate immagini culturali, nonché la loro persistenza nello svolgimento della storia letteraria stessa: dalla fondazione dantesca e dalla formalizzazione esemplare che ne ha fatto Petrarca fino alla modernità (il motivo della lamentazione per le sorti dell’Italia, la trasfigurazione poetica del paesaggio del “bel paese”, l’invenzione – letteraria anch’essa – dei costumi e del carattere dei suoi abitanti). Il testo prova inoltre a formulare alcune considerazioni sul lascito residuo che, di questa tradizione, rimane per la “comunità che viene”.



Parole e versi dell’identità nazionale 

Mario Minarda, il Manifesto 20.3.2014 


«Codi­fi­care», «cano­niz­zare», «imi­tare» e, per­ché no? «riscri­vere» sono verbi del tutto con­sueti e forse abu­sati se rife­riti al sistema let­te­ra­rio ita­liano. Lo diven­tano ancora di più quando si legano, in pro­spet­tiva edu­ca­tiva, a dina­mi­che iden­ti­ta­rie e a con­glo­bati reto­rici che fini­scono ine­vi­ta­bil­mente per inci­dere nell’immaginario col­let­tivo, cri­stal­liz­zan­dolo in pose ideo­lo­gi­che e auto-narrazioni sta­ti­che. Al con­tra­rio il nuovo libro di Mat­teo Di Gesù (Una nazione di carta. Tra­di­zione let­te­ra­ria e iden­tità ita­liana, Carocci), par­tendo da que­sti stessi noti assunti, dina­mizza e smonta in modo pro­fi­cuo il rap­porto dia­dico tra let­te­ra­tura e iden­tità nazio­nale secondo inte­res­santi dira­ma­zioni plu­rali che ten­gono conto dei vari para­digmi cri­tici avvi­cen­da­tisi nel corso degli ultimi anni: dagli studi cul­tu­rali, a quelli post­co­lo­niali, alla recente, valida geocritica. 

Pro­po­si­tiva car­tina di tor­na­sole di tale iti­ne­ra­rio in movi­mento è la con­sa­pe­vo­lezza di un pro­gres­sivo depe­ri­mento degli studi let­te­rari e uma­ni­stici nel mondo della scuola e, con capil­lare pro­pa­ga­zione, anche in ambito acca­de­mico. Ma, scrive con per­plessa fidu­cia l’autore, «pro­prio l’indebolimento delle pre­ro­ga­tive pedagogiche-nazionali dello stu­dio della let­te­ra­tura ita­liana, e in gene­rale degli studi uma­ni­stici, potrebbe offrire inol­tre un’occasione pro­pi­zia per ripen­sare i loro sta­tuti epi­ste­mo­lo­gici, per un’apertura ad approcci sovra­na­zio­nali, a meto­do­lo­gie plu­ri­di­sci­pli­nari, ad un’idea meno inges­sata e isti­tu­zio­nale di huma­ni­ties». L’invito è quello di una let­tura della nostra tra­di­zione let­te­ra­ria sen­si­bile ai muta­menti, alle con­ta­mi­na­zioni, ai meticciati. 

Nel volume ven­gono così riper­corsi luo­ghi e figure, imma­gini e temi, generi e cir­co­la­zioni della sto­ria let­te­ra­ria ita­liana, da Dante e Petrarca fino a Paso­lini e Man­ga­nelli, pas­sando per i trat­ta­ti­sti cin­que­cen­te­schi e i sag­gi­sti del Set­te­cento, a torto tra­scu­rati (Baretti, Bet­ti­nelli, Cale­pio, Denina, solo per citarne alcuni), non senza docu­men­tare appu­rate pre­ci­sa­zioni filo­lo­gi­che e pun­tuali rigori cri­tici. Sono rin­trac­ciati sovra­sensi, lad­dove non sensi pri­mari, negli stessi testi cata­lo­gati come più «popo­lari» o con­si­de­rati «minori»: il Pinoc­chio col­lo­diano, il Guer­rin meschino, I Reali di Fran­cia. 

Si sco­pre poi che sia il Dante del primo canto dell’Inferno, ma anche la pre-risorgimentale ode man­zo­niana Marzo 1821, oppure , ancora, la can­zone di Leo­pardi La Gine­stra (per mar­care i luo­ghi più cele­bri) pos­sono essere letti con ango­la­ture ibride, plu­rime e non set­ta­ria­mente loca­li­sti­che o identitarie. 

Infine l’epilogo pole­mico di Una nazione di carta abbozza una pro­po­sta com­bat­tiva e mili­tante, rivolta non solo ad addetti ai lavori, ma soprat­tutto alla comu­nità di migliaia di gio­vani stu­diosi e stu­denti negli ate­nei, indi­cando loro mappe inter­pre­ta­tive a «grado zero» e for­nendo al con­tempo i pastelli cri­tici per colo­rarle insieme. Dise­gnando ogni volta rotte alter­na­tive e resi­stenti alle inci­pienti omologazioni.

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