Dino Cofrancesco
- Gio, 20/03/2014
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Esce da Cantagalli l’intervista di Alver Meetalli al pensatore uruguayano Alberto Metho Ferré
La rivoluzione permanente non è quella del marxismo ma il messaggio del Vangelo
Bergoglio segna l’avanzata di Cristo in Sudamerica
di Giovanni Reale Corsera 9.5.14
Si
è spesso fatto riferimento alla preparazione teologica e filosofica di
papa Francesco, ma ben poche volte si è parlato dei filosofi a lui più
vicini. Finalmente abbiamo ora a disposizione una intervista assai
significativa fatta dal giornalista Alver Metalli al filosofo uruguayano
Alberto Methol Ferré (1929-2009) con il titolo Il papa e il filosofo
(Edizioni Cantagalli), che rivela significative tangenze dottrinali fra i
due personaggi, e la verità della sua affermazione che questo filosofo
«ci ha aiutati a pensare».
Methol Ferré è profondamente convinto
della necessità che si realizzi l’integrazione dei vari Stati
dell’America del Sud, in modo analogo a quanto è avvenuto nell’America
del Nord. Però ritiene che il progetto di unificazione possa realizzarsi
solo mediante la collaborazione costruttiva di due partner di peso
equivalente, ossia dell’Argentina e del Brasile. Tuttavia, occorrerà
parecchio tempo perché questo progetto si realizzi (basta pensare alle
difficoltà che incontra l’Europa per unificarsi, malgrado i presupposti
assai più saldi che stanno alla base). Comunque, il filosofo afferma
che, se l’America Latina non diventerà uno Stato-continente, «finirà, in
un mondo globale ai margini della storia, dove ci si può esprimere solo
in termini di lamento, furia o silenzio».
Invece si è verificato,
addirittura prima del tempo, quello che Methol Ferré prevedeva, ossia il
peso determinante che le Chiese periferiche, e in particolare la Chiesa
dell’America Latina, avrebbero assunto sulla Chiesa centrale di Roma.
Da «Chiesa riflesso», la Chiesa dell’America Latina è diventata,
infatti, «Chiesa fonte», con l’argentino Jorge Mario Bergoglio sul
soglio pontificio.
Qual è l’idea di fondo della Chiesa dell’America
Latina che papa Francesco ha fatto propria? Credo che sia proprio quella
proclamata dalla teologia della liberazione, sciolta dalle sue
«dipendenze dalla logica marxistica». Methol Ferré scrive: «Questa
teologia ha prestato un inestimabile servizio ripensando la politica in
funzione del bene comune, e quindi in relazione stretta con l’opzione
preferenziale per i poveri e la giustizia», e quindi la necessità di
«assumere la posizione dei poveri con coraggio». E precisa: «Il
totalitarismo è la documentazione della menzogna del marxismo nella
storia, mentre la sete di giustizia è l’elemento veritativo del marxismo
nelle condizioni della società industriale». Alle obiezioni che
qualcuno gli ha fatto per tale scelta, papa Francesco ha già risposto, e
molto bene: questa idea non è marxista, perché è stata presentata per
la prima volta due millenni fa, da Cristo.
Methol Ferré interpreta
in modo esemplare l’esortazione evangelica di amare il nemico. Bisogna
cercare di conoscere a fondo il nemico, per farlo amico e salvarlo:
«Abbiamo bisogno di renderlo amico, trovando l’amico dove c’è il nemico,
sapendo che il nemico ce l’abbiamo in noi stessi». Bisogna «riconoscere
il volto di Gesù Cristo nei propri nemici, anche là dove essi non ne
vogliono sapere».
La Chiesa, proprio per evangelizzare il mondo,
deve sempre cercare di conoscere il nemico che ha di fronte in tutte le
sue caratteristiche, altrimenti non lo può evangelizzare, perché le
risulterebbe amorfo.
Quali sono i nemici della Chiesa?
Nel
secolo scorso è stato il marxismo, che si è presentato come «Chiesa
dell’ateismo messianico», che, incarnatosi in uno Stato-continente con
un potere di ampiezza mondiale, ha commesso i crimini che ben
conosciamo, e si è autodistrutto e autoseppellito. Questa è stata, dice
il nostro filosofo, «la verifica, per la Chiesa, dell’incapacità
dell’ateismo messianico di sostituirla. La Chiesa dimostrava a se stessa
che, “vecchia” com’era, continuava a essere più giovane e longeva di un
pretendente che si credeva giovane e immortale e che invece è morto».
Il
marxismo, però, si poteva facilmente conoscere, in quanto presentava
espressamente se stesso come «ateismo messianico», invece il nemico di
oggi della Chiesa è molto più complesso: «Infatti l’ateismo ha cambiato
radicalmente di figura. Non è messianico ma libertino, non è
rivoluzionario in senso sociale, ma complice dello status quo , non ha
interesse per la giustizia, ma per tutto ciò che permette di coltivare
un edonismo radicale». E questo è «un nichilismo di consumatori».
Inoltre,
Methol Ferré fa comprendere molto bene la fatica che implica
l’evangelizzazione di molti dei giovani di oggi. Non sopportano più il
sacrificio che amicizia e amore comportano, detestano la fatica del
lavoro, e non accettano la dura prova che implica, ossia la necessità di
uscire da se stessi, dedicandosi a ciò che si sta facendo, gradito o
sgradito che sia: «Si ha orrore della fatica, del sacrificio, del peso
della realtà, dei rischi inerenti al futuro. Infatti nell’ateismo
libertino “l’altro” è eminentemente strumentale. Per questo è
distruttivo di una società, e attenta contro lo sviluppo di un popolo:
smantella le basi di un rapporto e di un lavoro umano». Ricorda ancora i
danni che producono gli «imperialismi» del denaro e del mercato, dai
quali è assi difficile potersi difendere. Per evitare le conseguenze
devastanti che ne derivano, è una impresa assai ardua far comprendere a
tutti che al disopra del denaro e del mercato c’è «il bene comune» e
che, pur non ripudiando il denaro e il mercato, ci si deve impegnare a
difenderlo nella giusta misura.
Il nostro filosofo, però, è ben
lontano dall’essere pessimista. Tutte le rivoluzioni che fino ad ora
l’uomo ha tentato di fare sono fallite. Per lo più sono diventate forme
di utopismi autodistruttivi, che hanno annullato i valori che
difendevano. Dopo aver constatato il non-senso dell’ateismo messianico
marxista, attestato dalla sua stessa autodistruzione, Methol Ferré
precisa quanto segue: «L’unica rivoluzione reale possibile mi appariva
più che mai quella di Gesù Cristo nella storia; la Chiesa, anzi, poteva
finalmente riappropriarsi della parola rivoluzione riferendola a Gesù
Cristo». E in un’altra sua opera scriveva: «Cristo è l’unica rivoluzione
permanente della storia; il Vangelo la rivoluzione insuperabile, la
misura di tutte le rivoluzioni possibili». Il rivoluzionario messaggio
di Cristo ha avuto e avrà nella storia gran quantità di nemici, che
hanno potuto e potranno causargli mali di ogni genere, ma non potranno
mai vincerlo. Cristo stesso ha detto: «Ecco, io sono con voi tutti i
giorni, fino alla fine del mondo».
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