mercoledì 16 aprile 2014
Quando la borghesia italiana giocava a fare la rivoluzione con le pistole altrui
Più che di fiancheggiatori bisognerebbe parlare di incoscienti. Certo, le liste di proscrizione a tempo scaduto sanno un po' di sciacallaggio [SGA].
Risvolto
Una nuova puntata di Chiarelettere su potere e
terrorismo. Una storia mai del tutto chiarita, i cui protagonisti sono
in parte ancora presenti sul palcoscenico della politica e della
società. Migliaia di persone (non meno di 10.000 i fiancheggiatori delle
Br secondo un rapporto del Pci), tra simpatie, silenzi, complicità
indirette o scoperte, hanno reso possibile una guerra che ha lasciato
troppi morti e feriti e che ha infangato il sogno di giustizia di tanti
giovani impegnati allora a difendere la democrazia dall'eversione
fascista. Da sole le Br non ce l'avrebbero fatta a mettere in ginocchio
un paese intero. In questo libro si vuole ricostruire il percorso di
chi, tra le file della borghesia e anche della classe operaia, ha
aderito, simpatizzato o accettato, talvolta a rischio della vita, di
coprire e giustificare il fenomeno terroristico. Negli uffici, in
fabbrica, nelle aule universitarie, nei giornali molti simpatizzavano
con chi aveva scelto la linea di opposizione violenta allo Stato.
Documenti, dichiarazioni, articoli, fatti parlano chiaro e non possono
essere smentiti. Non vale ora riscrivere la propria biografia,
soprattutto per rispetto nei confronti di coloro che hanno pagato
duramente le loro scelte. Per rispetto nei confronti delle vittime.
Talvolta è mancata una franca assunzione di responsabilità ed è prevalsa
la voglia di chiudere con il passato, cancellandolo. Per paura, per
vergogna, per calcolo di potere.
Scrittori, giornalisti ed editori si trovarono invischiati nella spirale della violenza. Alcuni non la capirono, altri la giustificarono
Matteo Sacchi - Mer, 16/04/2014
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