giovedì 25 settembre 2014

Memorie della Prima Repubblica: quattro incontri tra Berlinguer e Almirante durante gli Anni di piombo


Prima Repubblica Il rosso e il nero

Quei venerdì sul divano a parlare di terrorismo I quattro incontri riservati tra Berlinguer e Almirante

di Fabrizio d’Esposito il Fatto 25.9.14


Al quarto piano di Montecitorio c’è un corridoio lungo che porta alla commissione Lavoro. In fondo, c’è un divano. L’ultimo. Qui, tra il 1978 e il 1979, i cupi anni di piombo preludio alla tragedia di Aldo Moro, Enrico Berlinguer e Giorgio Almirante si accomodavano per circa un’ora. Sempre di venerdì, quando la Camera si svuotava e i deputati tornavano nei collegi di provenienza. Berlinguer era il compagno segretario del Pci. Almirante, l’ex repubblichino fascista capo del Movimento sociale italiano. Quegli incontri furono in tutto quattro e sono rimasti segreti per oltre un quarto di secolo, fino a quando alcuni anni fa ne ha parlato per la prima volta Massimo Magliaro, storico portavoce di Almirante, giornalista del Secolo d’Italia, il quotidiano missino, infine uomo Rai.


Il doppio anniversario

Lo stesso Magliaro è tornato su quei faccia a faccia riservatissimi alcuni giorni fa. È successo alla festa dei giovani di Fratelli d’Italia, “Atreju”, a Roma. Una doppia circostanza ha favorito i ricordi dell’ex portavoce almirantiano. Da un lato i due anniversari caduti quest’anno, entrambi a giugno: il trentennale della morte di Berlinguer, l’11, e il centenario della nascita di Almirante, il 27. Dall’altro lo stile e la cifra diverse, se non opposte, dei colloqui altrettanto segreti tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, intesi rispettivamente come lo Spregiudicato e il Pregiudicato. Racconta Magliaro al Fatto: “Almirante e Berlinguer si stimavano tantissimo, condividevano un forte senso etico e sentivano il peso delle responsabilità verso le istituzioni. Oggi invece di cosa possono parlare Renzi e Berlusconi se non di poltrone o tornaconti personali? Oppure si soffermano sulla filosofia teoretica? ”. Magliaro poi strappa la penna al cronista e comincia a disegnare su foglio la mappa del quarto piano di Montecitorio: “Questo è il corridoio e qui c’era il divano”.

Il corridoio al quarto piano

Erano in quattro, alle cinque della sera di quei venerdì alla Camera. Berlinguer e la sua ombra inseparabile, Antonio Tatò detto Tonino. Almirante e Magliaro. Continua l’ex portavoce del segretario missino: “Sono l’unico sopravvissuto e questo mi imbarazza moltissimo, potrei raccontare quello che voglio, ma sinora nessuno mai mi ha smentito, nemmeno la famiglia Berlinguer”. Almirante e Berlinguer si sedevano sul divano e facevano allontanare Tatò e Magliaro. “Non abbiamo mai origliato. Io e Tatò parlavamo del più o del meno, di calcio, del tempo, del traffico. Le solite cose. Quando i due si alzavano, io e Almirante uscivamo e tornavamo a piedi al partito, lì dietro, in via della Scrofa. Non mi ha mai detto nulla, né io ho mai chiesto qualcosa”. Magliaro capì l’argomento degli incontri da altre frasi di Almirante: “Giorgio aveva vissuto una guerra civile dopo la caduta del fascismo e non ne voleva un’altra tra rossi e neri. E a Berlinguer aveva riconosciuto pubblicamente l’impegno a fare altrettanto, a non alimentare il terrorismo”. Ecco il punto, il segretario del Pci e il capo del Msi si parlavano e si aggiornavano su come arginare il fenomeno, quali iniziative prendere. A sinistra c’erano le Brigate rosse, a destra i Nar, per fare gli esempi più eclatanti. La loro paura era concentrata sulle possibili zone di contiguità tra partito e lotta armata. Gli anni di piombo ebbero vari strati di sangue: gli attentati dei terroristi a politici, magistrati e sindacalisti; la guerriglia tra “zecche” e “fasci”; le bombe della strategia della tensione. Spiega Magliaro: “Per quanto riguarda noi, le preoccupazioni maggiori erano rivolte a tutta quell’area accomunata dalla croce celtica, quella rautiana”. La stessa che Gianni Alemanno, ex ministro ed ex sindaco di Roma, porta ancora oggi al collo. Magliaro: “Nomi non ne faccio, ma era un’area vasta. Noi abbiamo sofferto e patito il terrorismo. Almirante, sulla scrivania, teneva la cartolina che Mario Tuti (terrorista nero, ndr) gli aveva spedito dal carcere”.



La cartolina di Mario Tuti

Sulla cartolina, Tuti aveva scritto ad Almirante: “Sei stato condannato a morte dal tribunale nazionalrivoluzionario”. Racconta Magliaro: “Mi sono sempre chiesto come sia potuta uscire da un carcere con il timbro di approvazione. Come si poteva autorizzare un messaggio del genere? ”. Tuti veniva da Ordine Nuovo, fondato da Pino Rauti, l’avversario movimentista di Almirante. In contrapposizione agli ordino-visti, lo stesso Magliaro, anche in rotta con il partito, aveva inventato Ordine Umano insieme a Massimo Brutti, poi dalemiano, e ad Arturo Diaconale, poi liberale. “Rientrai nel partito quando Almirante divenne segretario. L’avevo conosciuto negli anni sessanta, avevo appena quindici anni”. La storia degli incontri segreti tra Berlinguer e Almirante forse non sarà mai scritta per intero. Donn’Assunta, la vedova del capo missino, ha aggiunto che i due s’incontrarono anche a Villa Borghese, sempre a Roma. Ma qui il numero dei colloqui non si conosce. “Almirante ha sempre tenuto per sé questa cosa. Si organizzava da solo. Lui girava senza scorta e a volte si muoveva da solo con la sua Cinquecento. Nel Pci credo che Emanuele Macaluso fosse a conoscenza di quei venerdì. Più recentemente ho saputo che quando Napolitano ha letto della cosa ha disapprovato fortemente”.


La visita al Bottegone, Pajetta e Donna Assunta

Conclude Magliaro: “Il rapporto tra Almirante e Berlinguer fu quello tra due persone perbene e oneste, anche se di ideologia opposta. Quando Almirante seppe della morte di Berlinguer stette malissimo e sbiancò in volto. Sono convinto che avrebbe voluto morire allo stesso modo”. Quando quel fatale comizio di Padova compì il destino di Berlinguer, nel giugno del 1984, Almirante decise di andare al Bottegone, alla sede del Pci. Anche quella volta non disse nulla a nessuno. Né all’autista, né a Magliaro. Impose una deviazione all’auto e i due pensarono al peggio. “Ebbi tantissima paura. Ma non successe nulla. Almirante era stimato anche da Pajetta, il vero capo della Resistenza comunista. Quando uscì, dopo aver reso omaggio al feretro di Berlinguer, mi disse: ‘Chiama mia moglie e dille che è andato tutto bene’”. Donn’Assunta era l’unica a sapere.

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