venerdì 14 novembre 2014

A oltre 100 anni dalla morte di Dio, si finge ancora di discutere sul Liceo classico e sul ruolo delle discipline umanistiche

Processo al liceo classico ultima trincea dell’umanesimo 
L’economista Andrea Ichino nella veste di pubblico ministero e Umberto Eco in quella di difensore Oggi al teatro Carignano di Torino a giudizio l’istituzione scolastica più longeva e discussa


Letizia Tortello La Stampa 14 11 2014
Resiste, amato e protetto da studenti e professori, nelle aule scolastiche. Il liceo classico italiano è rimasto da solo, sul fronte occidentale, a difendere lo studio del latino e del greco nel panorama dell’istruzione superiore. In Europa è un esempio unico. All’estero, però, ce lo invidiano. E forse facciamo bene a non cancellarlo con un colpo di spugna. Il nostro «petrolio» mal sfruttato, in fondo, sono arte, architettura, archeologia.


Mai come negli anni della crisi e della disoccupazione giovanile alle stelle, il classico finisce sul banco degli imputati. Attaccato dai detrattori, che lo individuano come il responsabile di una scarsa preparazione nelle materie scientifiche da parte degli studenti. Oggi, al Carignano di Torino, il liceo del latino e del greco, va a processo. È accusato di essere arretrato, obsoleto, nostalgico, inattuale. Vedremo se verrà assolto o condannato. Con un’azione teatrale che simula un vero dibattimento nell’aula di un tribunale, si affronteranno davanti ai giudici l’economista Andrea Ichino (in veste di pm che incolpa il classico di essere superato), e un difensore d’eccezione della scuola degli umanisti: Umberto Eco. A lui spetterà l’arringa, per convincere la Corte a salvare la più longeva tra le istituzioni scolastiche. L’insolito processo è un’iniziativa del Miur, con il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Torino, la Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo e Il Mulino. L’udienza è convocata per le 9, davanti a un pubblico di studenti e professori, a cui è stato chiesto, negli scorsi mesi, un parere sull’argomento. A pronunciare la sentenza saranno i giudici Armando Spataro, Procuratore della Repubblica di Torino (sarà il presidente della Corte), Marco Cantamessa del Politecnico, l’editorialista Gian Arturo Ferrari, il presidente della Compagnia di San Paolo Luca Remmert, il docente di Storia romana, Sergio Roda. L’idea nasce da una suggestione del linguista Ugo Cardinale, appassionato apologeta dei classici. 
Tra i testimoni, a sostegno di accusa e difesa: Massimo Cacciari, Tullio De Mauro, Massimo Giletti, Giulio Giorello, Michele Boldrin, in video; dal vivo, Marco Malvaldi, Stefano Marmi, Luciano Canfora, Ivano Dionigi, Gabriele Lolli e Adolfo Scotto di Luzio. Si farà, senz’altro, cenno ai dati nazionali: «Il 7% dei ragazzi si iscrive al classico, il 30% preferisce lo scientifico», spiega il direttore generale per gli Ordinamenti Scolastici del Miur, Carmela Palumbo. 
In gioco c’è il futuro della scuola. La scienza sfida l’aoristo. Chissà chi vincerà. 


“Basta lingue morte la scienza è regina” 
Andrea Ichino
«Il liceo classico è un inganno, vostro onore. E’ inefficiente e iniquo. Di ciò lo accuso davanti a questa Corte. Dimostrerò perché. Lo farò con l’ausilio di numerose prove. Scientifiche, naturalmente». Andrea Ichino, docente di Economia delle Risorse Umane all’Università di Bologna, calza i panni del pubblico ministero e trascina sul banco degli imputati il più antico dei licei. «Chi intraprende studi esclusivamente umanistici rischia di avere una cognizione parziale, quindi distorta, della realtà», dice il professore. 

Il cursus studiorum del docente, in veste di pm, non difetta di completezza: «Ho preso la maturità classica al Manzoni di Milano nel ’78, durante il militare ho conseguito anche quella scientifica». Melius abundare, ma Ichino argomenta che il suo non è stato eccesso di zelo. Piuttosto, strategia per il futuro: «Sapevo che avrei studiato Economia, quindi anche Matematica e Statistica. All’inizio, ero stato indotto a ritenere che la preparazione del classico fosse la migliore per qualsiasi tipo di indirizzo universitario». Poi, ha raddrizzato il tiro.La requisitoria al processo, oggi, si fa più appassionata anche grazie alla doppia preparazione. «Occorre sfatare un mito - sentenzia il pm -, che il classico dia strumenti più adeguati anche per chi affronta materie scientifiche». Dunque, «il classico è ingannevole». Le prove portate dall'accusa sono evidenze statistiche, oltre che testimoni: «Nei test di ammissione a Medicina, poniamo all’Università di Bologna, le performance dei ragazzi che vengono dal classico sono peggiori, nonostante le condizioni familiari culturalmente ed economicamente più avvantaggiate degli stessi». 


Ci sono, poi, l’inefficienza e l’iniquità del classico. Presto spiegate: «Se dedichiamo troppe ore alle lingue morte non rimane tempo per conoscere i mitocondri (e faccio un esempio fra i tanti). Mitocondri che, a detta di chi li esplora, nascondono forse il segreto della vita intera sul pianeta». Latino e greco, insomma, sono «materie bellissime. Oggettivamente una perdita di tempo, un lusso se si preferisce, rispetto a quel che servirebbe per gli studi scientifici, di cui i nostri ragazzi sono carenti». La soluzione? «Le scuole italiane hanno un’offerta formativa troppo rigida. Dovrebbero proporre menù à la carte, invece di soluzioni a menù fisso».

“Non tutto si misura in termini economici” 
Luciano Canfora
Quando si parla di liceo classico, il filologo Luciano Canfora si fa partigiano dei valori degli antichi. «L’attualità della nostra istruzione superiore non si misura mai in termini economici e utilitaristici, ma sul lungo periodo», dice. 


Vale a dire, «non si può pretendere di incassare un risultato immediato dagli studenti che escono dal liceo». Gli studi superiori si chiamano così proprio perché «ci si accorge dopo un po’ di aver fatto una terapia molto utile e formativa». L’apprendimento umanistico è sostanza a lento rilascio energetico, insomma. Indispensabile per costruirsi «uno spirito critico, che serve anche per leggere un giornale», sentenzia Canfora. 
L’autore del recente La crisi dell’utopia. Aristofane contro Platone sarà uno dei testimoni chiamati dall’avvocato della difesa del liceo classico, Umberto Eco. Gli darà manforte, argomentando le ragioni per cui il liceo non può sparire. La sua deposizione partirà da un punto fermo: «E’ una grande sciocchezza dire che il liceo, soprattutto il classico, non è più attuale, dunque è da cancellare. La bontà di un indirizzo scolastico dipende dalla qualità degli insegnanti. Il problema sono gli uomini». Altrimenti è come sostenere che «se un’automobile è guasta perché è uscita male dalla fabbrica, la fabbrica debba chiudere». Facendo ricorso all’esercizio del dubbio, proprio della filosofia, gli umanisti sono disposti a un Autodafé. 
Canfora lo fa e si appella, in primo luogo, agli insegnanti universitari: «Se non fanno bene il loro dovere e preparano professori scadenti, questa è senz’altro una delle colpe dell’inceppamento dell’istruzione superiore». L’altra è rappresentata dai «riformatori (leggi alcuni ex ministri dell’Istruzione, ndr), ignorantissimi e demagogici. Le loro leggi hanno via via assassinato università e scuola. Oggi, piangiamo sul latte versato». 

Ciò non toglie che si debba correggere un errore di base: «Noi parliamo del liceo come tale, il classico o lo scientifico, questo oggi si mette in discussione nel complesso. Io dico che la nozione di “liceità” è messa in crisi. Così come il classico non è solo latino e greco, lo scientifico non è solo matematica, ma storia del pensiero scientifico». Questo modello, forse, non combacia più con le esigenze del mercato del lavoro. Canfora insiste: «Non è vero, ma bisogna puntare a un'istruzione d’eccellenza, che spesso manca, anche allo scientifico». 


Processo alla scuola. Per l’accusa Andrea Ichino, difensore Umberto Eco Il liceo classico? Assolviamolo ma va riformato
VERA SCHIAVAZZI Repubblica 15 11 2014
IL liceo classico è assolto, perché «il fatto non sussiste ». Ma dovrebbe essere riformato al più presto.
Così, al Teatro Carignano, una corte già fortemente influenzata da una serie di opinioni favorevoli al liceo più antico d’Italia, da Luciano Canfora a Ivano Dionigi, ha deciso ieri, dopo un processo organizzato dalla Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo, dal Miur e da Il Mulino, dove l’economista Andrea Ichino e il semiologo e scrittore Umberto Eco sostenevano l’accusa e la difesa. Un processo guidato da Armando Spataro, procuratore capo a Torino, e accompagnato da testimonianze e “tifo”, nonché grida di dolore e di richiamo al cambiamento di insegnanti e studenti. Ma anche di argomenti che hanno trionfato, come l’invito di Eco a considerare che la cultura classica è utile e forse indispensabile, a chi deve progettare il software di un computer.
Ecco gli argomenti principali con i quali Eco e Ichino si sono “sfidati”, con ironia il primo, con passione e dovizia di dati il secondo. Ma oltre che di scuola si è parlato moltissimo dei modi italiani, e non solo, di formare una classe dirigente.
Andrea Ichino: In questo processo cercherò di far condannare il classico perché inganna alcuni studenti, che lo scelgono per avere strumenti migliori. E poi perché è inefficiente e perché è figlio della riforma Gentile, la “più fascista delle riforme”, che voleva creare una scuola di élite impedendo alle classi svantaggiate di accedervi.
Umb erto Eco: Sono d’accordo: il classico non prepara meglio dello scientifico, ma prepara in modo uguale. Ed è vero che Gentile non aveva fiducia nelle materie scientifiche. Nel liceo classico che ho fatto io c’era perfino pochissima storia dell’arte, la studiavamo solo su un vecchio manuale, il Pittaluga, con le foto in bianco e nero. E si erano dimenticati di spiegarci che Leonardo era un genio della pittura, ma non sapeva granché di chimica dato che molti suoi affreschi si scoloriscono.
Ichino: Nessuno vuole davvero abolire la cultura umanistica. Ma in Italia le competenze matematiche sono sconosciute al 70 per cento degli adulti contro il 52 medio degli altri paesi: forse è ora di restituire qualcosa. Occorre ripensare un equilibrio. Le ore non sono illimitate. Dobbiamo scegliere: studiare i mitocondri, dove si ritiene ci sia l’origine della vita di tutto il pianeta, o l’aoristo passivo e le origini della nostra cultura?
Eco: Ripensare un equilibrio vuol dire insegnare meglio il latino, dialogando in latino elementare, introdurre per tutti i cinque anni almeno una lingua straniera, e perfino la storia dell’arte. Anche il greco si può cambiare, aumentando le traduzioni del greco della koiné e di quello che anche Cicerone parlava. Propongo l’abolizione del liceo scientifico e la nascita di un’unica scuola, umanistica e scientifica.
Ichino: Su 1700 studenti bolognesi che si sono candidati al test per entrare alla facoltà di Medicina, quelli del classico erano avvantaggiati rispetto a quelli dello scientifico perché il loro voto di maturità era superiore di un punto e più rispetto alla media della scuola. Ciò nonostante, sono andati peggio nei test di chimica e di fisica. E se si paragona l’andamento al test con le medie successive degli esami si vede che a Medicina va meglio chi ha superato meglio la prova.
Eco : Ma chi ci dice che i test di medicina così come sono vadano bene? Che controllino anche la conoscenza memoriale, che pure è utile? E che invece non creino sacche di iperspecializzazione dove chi cura una malattia rara non sa più curare il raffreddore?
Ichino: Quello che sappiamo è che in Italia avere il padre laureato conta 24 volte di più per ottenere, da adulti, un reddito elevato. In America si arriva al massimo a 6 volte e ciò che conviene davvero non è tanto nascere nella famiglia giusta, ma provvedere a laurearsi in proprio. Per tacere del fatto che non solo l’inglese, ma anche l’arabo o il cinese possono essere oggi necessari.
Eco: Ma abolire la cultura classica serve solo a perdere la memoria, a farci vivere in una società orientata sul presente. Con le conseguenze che sappiamo: nessuno sa dire in che anno Mussolini e Hitler stipularono il primo accordo, nessuno dice che era il 1936.
Lo stesso Hitler non doveva aver studiato bene la storia napoleonica, altrimenti avrebbe saputo che non si può invadere la Russia senza dover affrontare almeno un inverno. Quanto a Bush, invadendo l’Afghanistan non si era informato da nessuno su come mai né Inghilterra né Russia l’avevano già fatto nei secoli precedenti: realtà orografica e rivalità tribali rendevano l’impresa difficile.
Ichino: Ma se il liceo classico è così fondamentale, mi sapete spiegare come mai nessuno lo riproduce in altri paesi? O perché anche nazioni come la Francia e la Germania lo hanno abolito e oggi riescono a reagire alla crisi meglio di noi? E perché invece di imporre a un ragazzo di 14 anni un menù fisso non glielo si propone invece à la carte, lasciandogli la possibilità di scegliere un po’ alla volta quali corsi frequentare? Vi suggerisco di guardare alla Boston Latin School.
Eco: È vero, un mio nipote frequenta a Roma un liceo francese e in effetti ha potuto scegliere à la carte, decidendo per greco ed economia. Non è troppo appassionato alla grammatica, ma ama molto il modo in cui il suo professore passa facilmente da quella alla civiltà di Atene antica. E forse così scoprirà un poco anche i misteri dell’aoristo.
Ichino: Ma perché la nostra futura classe dirigente, o presunta tale, studia per anni il greco e il latino, passa il tempo a fare versioni, e alla fine non parla nessuna di queste due lingue mentre l’inglese o il francese sì?
Eco: Perché c’è modo e modo di studiare latino e greco. Adriano Olivetti cercava e assumeva oltre agli ingegneri anche persone con cultura umanistica, educate sulle avventure della creatività. Io stesso del resto appena ho avuto uno dei primi computer di Apple ho imparato a programmare un sistema per riprodurre i sillogismi classici sulla base della mia conoscenza di Aristotele. Non è vero dunque che un informatico sia un semplice esecutore di equazioni, anche se non è necessario che abbia letto i formalisti russi per pensare all’intertestualità.
Ichino: Il liceo classico è iniquo perché non dà strumenti adeguati alla società, e dunque contribuisce a ridurre la mobilità sociale. La storia è certamente utile, ma dopo aver studiato quella e la filologia ci sono molte altre cose che uno studente deve fare. E tra queste utilizzare informazioni qualitative, di tipo scientifico, per risolvere i problemi.
Eco: È in un certo senso la mia proposta di un unico liceo. Si deve studiare il teorema di Pitagora, ma anche la sua teoria sull’armonia delle sfere. E il suo terrore dell’infinito.
Applausi, riunione della corte, sentenza dopo un’ora soltanto.

La “sentenza” Processo al liceo classico: assolto l’imputato
di Andrea Giambartolomei il Fatto 15.11.14
Torino Il classico è assolto, ma chi è il responsabile delle mancate riforme della scuola? Questa è la conclusione della Corte che ieri ha processato gli studi classici nel teatro Carignano di Torino. Al banco dell’accusa l’economista Andrea Ichino. Vicino un avvocato difensore d’eccezione, Umberto Eco. In mezzo al palco una giuria presieduta dal procuratore capo Armando Spataro, nell’insolito ruolo di magistrato giudicante.
Al centro del dibattimento tre le accuse del pm Ichino: il liceo classico è ingannevole, non prepara gli studenti anche per le materie scientifiche; è inefficiente, non aiuta ad affrontare problemi e opportunità del mondo moderno; è iniquo, ha contribuito a ridurre la mobilità sociale a favore di chi nasce in famiglie avvantaggiate. Dietro una domanda: è ancora la scuola migliore per formare le prossime teste del paese? “Il classico è stato la fucina delle classi dirigenti e qui si parla della scuola del futuro”, ha affermato la professoressa Anna Maria Poggi, presidente della Fondazione per la scuola della Compagnia di San Paolo, che ha organizzato l’evento. Agli studenti dei licei presenti la situazione ha suscitato un certo effetto: “È un processo assurdo in cui ci troviamo costretti a difenderci”, ha detto nel suo intervento una studentessa. Assurdo sì, ma stimolante.
SUL PALCO sono sfilati molti testimoni illustri. Il primo, lo scrittore di gialli e ricercatore di chimica Marco Malvaldi, ha ricordato i contributi dei greci e dei latini alla scienza, perlopiù ignorati dagli studenti. Per la difesa è arrivato tra gli applausi un supertestimone, Luciano Canfora: “Il liceo è la trincea della democrazia, nel senso più alto della parola”. Gravi accuse sono state lanciate da Stefano Marmi, matematico e professore della Scuola Normale Superiore di Pisa: il liceo classico non prepara a capire il mondo attorno, una colpa che ricade anche sulle altre scuole. “Abbiamo generato in Italia una società in cui si dice: ‘Io non mi vergogno a dire che non so nulla del teorema di Pitagora’, anche nei salotti determinanti per il futuro dell’economia”. Per il matematico oggi “viviamo in un mondo dominato dalla matematica tramite il suo braccio armato, che è il computer”, un motivo per prediligere le materie scientifiche. Di tutt’altro avviso il rettore dell’Università di Bologna, il latinista Ivano Dionigi, incalzato dal pm Ichino sulla presunta inutilità del greco e del latino oggigiorno di fronte a inglese, arabo o cinese: “Ci siamo rassegnati all’aut aut, a cui bisogna contrapporre la cultura dell’et et”, ha risposto ribadendo l’importanza di lingue morte.
In difesa sono intervenuti pure Gabriele Lolli, logico e filosofo della matematica, e Adolfo Scotto di Luzio, studioso delle istituzioni scolastiche: “La scuola pubblica senza il classico sarebbe un apparato per una moltitudine sommariamente scolarizzata.
BISOGNA smettere di pensare che l’educazione si risolva nella mera preparazione professionale”. Al termine, il pm ha chiesto la condanna del liceo classico: “In Italia il 70 per cento degli adulti è incapace di analizzare informazioni matematiche – ha ricordato citando i dati dello studio Piaac-Ocse –. Bisogna rifare gli equilibri tra cultura umanistica e tecnico-scientifica, non eliminare la prima”. Eco ha ricordato come Adriano Olivetti avesse coniugato conoscenze tecniche e classiche: “Una buona educazione umanistica è fondamentale anche per rendere inventiva e feconda la ricerca scientifica”. Dopo quasi due ore di “camera di consiglio”, i giudici hanno assolto il liceo classico perché “non sussistono” le ipotesi di inganno e inefficienza e perché l’iniquità “non costituisce reato”. Hanno però ordinato nuove indagini: bisogna capire chi – nei governi passati – ha ristretto il diritto di accesso al ginnasio, che ha sempre meno iscritti, e chi è responsabile della “mancata o distorta opera riformatrice della scuola
 

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