domenica 2 novembre 2014

PHI: il romanzo della coscienza secondo le neuroscienze nel libro di Giulio Tononi

PHI. Un viaggio dal cervello all'animaGiulio Tononi: PHI. Un viaggio dal cervello all'anima, Codice Edizioni

Risvolto
Romanzo-saggio potente e suggestivo, PHI regala alla teoria sulla coscienza di Giulio Tononi un'inaspettata veste narrativa. Protagonista di questo libro, in più punti ispirato alla "Divina Commedia", è Galileo Galilei. L'astronomo pisano viene guidato in questo viaggio onirico prima da Francis Crick, poi da Alan Turing e infine da Charles Darwin, alla scoperta di cos'è la coscienza e di com'è generata dal cervello. Ma l'approdo finale di questa esplorazione è ancora più sorprendente delle sue premesse. Nel corso della narrazione Galileo, e con lui il lettore, scoprirà che la coscienza, da sempre considerata un mistero insondabile, appannaggio esclusivo della filosofia o mera illusione - laddove ciò che conta per la scienza è solo il brusio incessante delle cellule nervose - è in realtà la cosa più reale, più grande e più irriducibile che esista, ma non per questo non misurabile. Le sue forme sono geometriche, la sua misura un numero: PHI.
Ventimila leghe sotto la coscienza 

In Phi il neurofisiologo Giulio Tonini compie un “viaggio dal cervello all’anima”, unaCommedia tra arte e scienza dove Galileo sostituisce Dante

Marco Belpoliti La Stampa 2 11 2014
Il simbolo ɸ (phi greco) è stato introdotto nel XX secolo da un matematico, l’americano Mark Barr, in onore di Fidia. Indica il numero aureo e, come spiega la quarta stanza della mostra Numeri (a cura di Claudio Bartocci e Luigi Civalleri, catalogo edito da Codice Edizioni), aperta al Palazzo delle Esposizioni di Roma, ɸ ha sempre prodotto intorno a sé una atmosfera di misticismo. Nel Novecento ci provò il gruppo francese Section d’Or, cui si riferivano gli artisti della cerchia dei fratelli Duchamp-Villon, e anche Le Corbusier, che lo riprende nel suo Modulor, riprodotto sotto i plinti di cemento che reggono l’Unité d’Abitation a Marsiglia. Non è forse a caso che nella mostra la trattazione di ɸ si trovi nella sezione dedicata ai numeri irrazionali, insieme alla frazione continua di √2 di Euler, il matematico svizzero.

Phi è anche il titolo del libro del neuroscienziato e psichiatra Giulio Tononi (Codice Edizioni, pp 344, €35), che nella copertina reca appunto il simbolo ɸ, e ha come sottotitolo: «Un viaggio dal cervello all’anima». Libro inconsueto, e a suo modo eccentrico, Phi cerca di capire cos’è la coscienza e come venga generata dal nostro cervello. L’autore in obbedienza, forse inconscia, al suo simbolo inizia il suo viaggio parlando dello stato di dormiveglia. Ogni sera, scrive, cadiamo addormentati, e in quel punto la nostra coscienza sembra svanire e con lei l’universo che fino a quel punto ci ha circondato: persone, oggetti, ambienti, pensieri, suoni, dolori, gioie. Ebbene, in quel punto, si chiede l’autore, che ne è della nostra coscienza? Per capire cosa sia questa «cosa» che chiamiamo «coscienza», Tononi, direttore del Center for Sleep and Cosciousness nel Wisconsin, chiama in scena Galileo Galilei, lo risveglia e lo manda in viaggio per scoprire il mistero della coscienza. La sua convinzione è che il sonno sia la condizione ideale per studiare questa «cosa» per cui noi siamo davvero noi. Risvegliandosi bruscamente nel cuore della notte a molti capita di chiedersi: dove mi trovo? chi sono? cosa sto facendo? Un’emersione dal nulla che dura pochi istanti, sufficienti a convincerci che i confini della coscienza sono molto più labili di quello che siamo portati normalmente a credere.
Anche io, che ora siedo al computer e batto sui tasti, credo di sapere con precisione chi sono, cosa so fare, e quali pensieri abitano la mia testa. So che nella mia testa c’è il cervello, ma non l’ho mai visto, salvo in fotografia, ma era sempre il cervello degli altri. Cosa sia la mia coscienza, nonostante una lontana laurea in Filosofia, non lo so con esattezza (salvo forse ricorrere a passi di Cartesio, Spinoza e Leibnitz). Libro in mano, non mi è restato che seguire Tononi nella sua esplorazione lungo le tre strade parallele aperte nel volume.
Nella prima Galileo, accompagnato da Frick, lo scienziato Francis Crick, suo Virgilio, risale dalle profondità del sonno fino al Paradiso della «coscienza che immagina», transitando per stanze buie o luminose, frequentando personaggi inconsueti (artisti, scienziati, donne, uomini, manichini), incontrando altre guide provvisorie: Alan Turing con la sua mela avvelenata e Charles Darwin con la sua testa enorme (al ritorno dal viaggio intorno al mondo sulla Beagle, dove pensò l’ipotesi dell’origine della specie, il padre gli disse: «Guarda, guarda, la tua testa ha cambiato forma»). Strada di racconti e dialoghi è un romanzo d’idee. 
La seconda via è invece quella delle note, in cui l’autore dialoga con se stesso: pezzi decisamente saggistici dove fornisce bibliografie, fonti, riferimenti, e riassume le idee che stanno a monte di ogni capitolo. Qui s’incontrano personaggi strani, tutti esempi di come il cervello, anche non funzionando a pieno, continui però a essere la base della coscienza individuale. 
La terza, la più curiosa, è invece composta d’immagini: quadri, disegni, fotografie, stampe. Non sono semplici illustrazioni, e rendono il libro davvero attraente. Costituiscono una sorta di controcanto di quello che il libro ci dice in modo quasi assertivo: la coscienza esiste perché abbiamo nel cervello una notevole quantità di cellule nervose; e si tratta di una realtà incommensurabile e tutto sommato geometrica, la cui misura coincide con: ɸ. In realtà, come sappiamo da Bartocci e Civalleri, Phi è un numero irrazionale, quasi come la nostra coscienza. Le meravigliose immagini collezionate da Tononi, e i casi di uomini che perdono parte del cervello (vi ricordate Bauby de Lo scafandro e la farfalla?), e mantengono la coscienza, ci dicono che il centro della nostra coscienza è una frazione continua: ɸ1; 1, 1, 1, 1…ɸ. Affascinante.

Giulio Tononi Viaggio fino all'anima
Discussioni tra artisti e scienziati, analisi e sogni: il libro dello neuropsichiatra Tononi, «Phi», è una miniera di spunti
di Antonio Pascale Il Sole Domenica 9.11.14
Ho compiuto un meraviglioso viaggio onirico, e a tratti, sì, lisergico. Ho visto (toccato) negli anfratti celebrali, le ombre, la luce e i colori, e incredibile, ho costruito un'idea di buio, come, attraverso quali strutture (forse) si definisce. Ho camminato sulle strade lastricate di neuroni malati, invecchiati, inutili e che si consumano, muoiono, inesorabilmente e mi sono sentito demente, afflitto, disorientato. A un certo punto il mio cranio è stato diviso in due e sono diventato Ant e Onio e ho scoperto che Ant vedeva e interpretava le cose in modo diverso da Onio – com'è sottile la linea che delimita la nostra identità, le fedi, le convinzioni, le ragioni e le giustificazioni. E non è finita, sono risorto più volte e ho osservato (toccato) strane immagini coloratissime, e splendidi quadri e statue, macchine complesse. Ho assistito a discussioni civili e argute tra filosofi, biologi, fisici, artisti, pittori,scultori, inquisitori e cardinali e a pagina 236 è apparso Kafka con il suo dolore perfetto. Ho capito che l'autore voleva farmi scoprire stati diversi di coscienza, per provare a scomporla, poi montarla, descriverla, definirla e soprattutto misurarla. Ho viaggiato nel cervello, con lo scopo di scandagliare, bene e a fondo, la coscienza. A conti fatti, per suggestione e intensità, per accumulo di immagini e qualia – e vuoi per la capacità dell'autore di dominare molti aspetti della cultura e integrare vari linguaggi – il viaggio mi ha ricordato l'istallazione The Refusal of Time, di William Kentridge.
Eppure sono solo pagine di carta, si tratta di un libro, PHI, un viaggio dal cervello all'anima (Codice Edizioni), di Giulio Tononi, neuroscienziato e psichiatra, uno strano libro con una solida quanto eccentrica base narrativa, e durante la lettura, più volte, mi sono chiesto: chissà se l'editore vorrà portarlo allo Strega (certo è un investimento considerevole e tuttavia sarebbe una seria operazione culturale), e chissà se un regista visionario, un produttore sensibile abbia voglia di realizzare un film, un documentario, che importa il genere. Perché il tentativo di PHI è rispondere, usando vari strumenti culturali (che uniti e integrati scavalcano, e per fortuna, il genere), alle nostre amate ma bistrattate domande: la ricerca degli universali di specie.
Non chi siamo, ma come ci siamo evoluti e come siamo arrivati fin qui, come pensiamo quello che pensiamo, gli errori, i bias e le visioni e le paure, la morte, soprattutto quella, insomma: «Ora il suo era un cervello anziano, grigio come grig
i erano i suoi capelli. Che fine avrebbe fatto il suo mondo quando il suo cervello fosse stato sepolto? E quando nel cranio la luce si fosse spenta, le tenebre si sarebbero portate via anche i suoi amici, la casa, il paese? I ricordi perduti per sempre? Svanite ogni persona e ogni cosa? Tutto svanito? Se tutto nasce ed è sepolto in una qualche parte del cervello, allora quando il cervello muore, l'intero universo si dissolve?». L'uomo che cerca risposte è Galileo Galilei, ritratto all'inizio del libro, in una sorta di esperienza di premorte (forse) o un sogno confuso. Fatto sta che in questo modo conosciamo il nostro protagonista, Galileo Galilei, appunto, il viaggiatore (e nostro accompagnatore) che come in una divina commedia rivisitata, in compagnia di Francis Crick, di Alan Turing e Charles Darwin, cercherà di scalare il nostro cervello, dall'inferno oscuro e febbricitante dei singoli neuroni, fino al paradiso, alla ricerca della luce. Galileo in queste prime pagine si mostra debole e preoccupato, avvilito: sa che la coscienza scaturisce dalla materia del cervello, sì, ma come? Non lo sa, e nemmeno noi: in fondo, la nostra ignoranza è il motivo del cammino. Tutto il libro è il racconto di un viaggio fluttuante, hai costantemente l'impressione di essere altro da te. Vero, si tratta di un testo con una solida matrice scientifica, e questo dovrebbe tenerti ancorato ai fatti. Tuttavia non è paper pronto per la pubblicazione in una rivista specializzata, è chiaro l'intento divulgativo.
Dunque Tononi sceglie un escamotage: usare uno stile alto, lirico, un po' fuori dal tempo (ma si tratta di un viaggio nella coscienza, dunque con un proprio particolare tempo) che contribuisce a disorientarti e più lo sei, più facilmente ti fai condurre, stabilisci un patto con il tuo compagno di viaggio e così finisci, subito e facilmente, dentro un mondo imprevedibile (non sai mai cosa ti aspetta nel capitolo successivo, e quanto sono belli i libri così, dove non ci sono pistole che per forza dovranno sparare), nel quale è facile incontrare Leibniz e Copernico e Kafka, pittori ciechi, e una miriade di personaggi comuni, e tutti cercano di aggiungere un dettaglio, un punto di vista, una spiegazione sul funzionamento della coscienza – in realtà Tononi con questo escamotage passa in rassegna l'intero stato dell'arte sulla fenomenologia della coscienza, quello umanistico e quello scientifico. Non solo, nel testo sono inserite immagini di quadri, sculture,pagine bianche e nere e celesti, foto di meravigliosi cieli stellati e altro (non voglio nemmeno pensare a quanto sarà costata la stampa) e dunque da una parte segui Galileo nel suo procedere, di incontro in incontro, dal cervelletto alla corteccia prefrontale, dall'altra ti incanti – e la mente vaga davanti ai colori, ai ritratti, alle sculture, a quanto di meglio il nostro ingegno ha prodotto – per eccesso di bellezza, rischi il viaggio lisergico. Rivedi tutto sotto una nuova luce: che poi è anche un diverso ed efficace modo per far critica letteraria o artistica.
E per questo il viaggio è onirico, la percezione si allarga, e sfiori PHI: «ciò che sappiamo è ciò che sogniamo, ciò che sogniamo è ciò che possiamo sapere, il mondo può essere immaginato all'interno, non visto nudo dall'esterno, eppure senza il bagliore della coscienza non ci sarebbe vista: ciò che dobbiamo fare è cercare la luce, la luce che unifica».

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