Romanzo-saggio potente e suggestivo, PHI regala alla teoria sulla coscienza di Giulio Tononi un'inaspettata veste narrativa. Protagonista di questo libro, in più punti ispirato alla "Divina Commedia", è Galileo Galilei. L'astronomo pisano viene guidato in questo viaggio onirico prima da Francis Crick, poi da Alan Turing e infine da Charles Darwin, alla scoperta di cos'è la coscienza e di com'è generata dal cervello. Ma l'approdo finale di questa esplorazione è ancora più sorprendente delle sue premesse. Nel corso della narrazione Galileo, e con lui il lettore, scoprirà che la coscienza, da sempre considerata un mistero insondabile, appannaggio esclusivo della filosofia o mera illusione - laddove ciò che conta per la scienza è solo il brusio incessante delle cellule nervose - è in realtà la cosa più reale, più grande e più irriducibile che esista, ma non per questo non misurabile. Le sue forme sono geometriche, la sua misura un numero: PHI.
Ventimila leghe sotto la coscienza
Il simbolo ɸ (phi greco) è stato introdotto nel XX secolo da un matematico, l’americano Mark Barr, in onore di Fidia. Indica il numero aureo e, come spiega la quarta stanza della mostra Numeri (a cura di Claudio Bartocci e Luigi Civalleri, catalogo edito da Codice Edizioni), aperta al Palazzo delle Esposizioni di Roma, ɸ ha sempre prodotto intorno a sé una atmosfera di misticismo. Nel Novecento ci provò il gruppo francese Section d’Or, cui si riferivano gli artisti della cerchia dei fratelli Duchamp-Villon, e anche Le Corbusier, che lo riprende nel suo Modulor, riprodotto sotto i plinti di cemento che reggono l’Unité d’Abitation a Marsiglia. Non è forse a caso che nella mostra la trattazione di ɸ si trovi nella sezione dedicata ai numeri irrazionali, insieme alla frazione continua di √2 di Euler, il matematico svizzero.
Giulio Tononi Viaggio fino all'anima
Discussioni tra artisti e scienziati, analisi e sogni: il libro dello neuropsichiatra Tononi, «Phi», è una miniera di spunti
di Antonio Pascale Il Sole Domenica 9.11.14
Ho compiuto un meraviglioso viaggio onirico, e a tratti, sì, lisergico. Ho visto (toccato) negli anfratti celebrali, le ombre, la luce e i colori, e incredibile, ho costruito un'idea di buio, come, attraverso quali strutture (forse) si definisce. Ho camminato sulle strade lastricate di neuroni malati, invecchiati, inutili e che si consumano, muoiono, inesorabilmente e mi sono sentito demente, afflitto, disorientato. A un certo punto il mio cranio è stato diviso in due e sono diventato Ant e Onio e ho scoperto che Ant vedeva e interpretava le cose in modo diverso da Onio – com'è sottile la linea che delimita la nostra identità, le fedi, le convinzioni, le ragioni e le giustificazioni. E non è finita, sono risorto più volte e ho osservato (toccato) strane immagini coloratissime, e splendidi quadri e statue, macchine complesse. Ho assistito a discussioni civili e argute tra filosofi, biologi, fisici, artisti, pittori,scultori, inquisitori e cardinali e a pagina 236 è apparso Kafka con il suo dolore perfetto. Ho capito che l'autore voleva farmi scoprire stati diversi di coscienza, per provare a scomporla, poi montarla, descriverla, definirla e soprattutto misurarla. Ho viaggiato nel cervello, con lo scopo di scandagliare, bene e a fondo, la coscienza. A conti fatti, per suggestione e intensità, per accumulo di immagini e qualia – e vuoi per la capacità dell'autore di dominare molti aspetti della cultura e integrare vari linguaggi – il viaggio mi ha ricordato l'istallazione The Refusal of Time, di William Kentridge.
Eppure sono solo pagine di carta, si tratta di un libro, PHI, un viaggio dal cervello all'anima (Codice Edizioni), di Giulio Tononi, neuroscienziato e psichiatra, uno strano libro con una solida quanto eccentrica base narrativa, e durante la lettura, più volte, mi sono chiesto: chissà se l'editore vorrà portarlo allo Strega (certo è un investimento considerevole e tuttavia sarebbe una seria operazione culturale), e chissà se un regista visionario, un produttore sensibile abbia voglia di realizzare un film, un documentario, che importa il genere. Perché il tentativo di PHI è rispondere, usando vari strumenti culturali (che uniti e integrati scavalcano, e per fortuna, il genere), alle nostre amate ma bistrattate domande: la ricerca degli universali di specie.
Non chi siamo, ma come ci siamo evoluti e come siamo arrivati fin qui, come pensiamo quello che pensiamo, gli errori, i bias e le visioni e le paure, la morte, soprattutto quella, insomma: «Ora il suo era un cervello anziano, grigio come grig
i erano i suoi capelli. Che fine avrebbe fatto il suo mondo quando il suo cervello fosse stato sepolto? E quando nel cranio la luce si fosse spenta, le tenebre si sarebbero portate via anche i suoi amici, la casa, il paese? I ricordi perduti per sempre? Svanite ogni persona e ogni cosa? Tutto svanito? Se tutto nasce ed è sepolto in una qualche parte del cervello, allora quando il cervello muore, l'intero universo si dissolve?». L'uomo che cerca risposte è Galileo Galilei, ritratto all'inizio del libro, in una sorta di esperienza di premorte (forse) o un sogno confuso. Fatto sta che in questo modo conosciamo il nostro protagonista, Galileo Galilei, appunto, il viaggiatore (e nostro accompagnatore) che come in una divina commedia rivisitata, in compagnia di Francis Crick, di Alan Turing e Charles Darwin, cercherà di scalare il nostro cervello, dall'inferno oscuro e febbricitante dei singoli neuroni, fino al paradiso, alla ricerca della luce. Galileo in queste prime pagine si mostra debole e preoccupato, avvilito: sa che la coscienza scaturisce dalla materia del cervello, sì, ma come? Non lo sa, e nemmeno noi: in fondo, la nostra ignoranza è il motivo del cammino. Tutto il libro è il racconto di un viaggio fluttuante, hai costantemente l'impressione di essere altro da te. Vero, si tratta di un testo con una solida matrice scientifica, e questo dovrebbe tenerti ancorato ai fatti. Tuttavia non è paper pronto per la pubblicazione in una rivista specializzata, è chiaro l'intento divulgativo.
Dunque Tononi sceglie un escamotage: usare uno stile alto, lirico, un po' fuori dal tempo (ma si tratta di un viaggio nella coscienza, dunque con un proprio particolare tempo) che contribuisce a disorientarti e più lo sei, più facilmente ti fai condurre, stabilisci un patto con il tuo compagno di viaggio e così finisci, subito e facilmente, dentro un mondo imprevedibile (non sai mai cosa ti aspetta nel capitolo successivo, e quanto sono belli i libri così, dove non ci sono pistole che per forza dovranno sparare), nel quale è facile incontrare Leibniz e Copernico e Kafka, pittori ciechi, e una miriade di personaggi comuni, e tutti cercano di aggiungere un dettaglio, un punto di vista, una spiegazione sul funzionamento della coscienza – in realtà Tononi con questo escamotage passa in rassegna l'intero stato dell'arte sulla fenomenologia della coscienza, quello umanistico e quello scientifico. Non solo, nel testo sono inserite immagini di quadri, sculture,pagine bianche e nere e celesti, foto di meravigliosi cieli stellati e altro (non voglio nemmeno pensare a quanto sarà costata la stampa) e dunque da una parte segui Galileo nel suo procedere, di incontro in incontro, dal cervelletto alla corteccia prefrontale, dall'altra ti incanti – e la mente vaga davanti ai colori, ai ritratti, alle sculture, a quanto di meglio il nostro ingegno ha prodotto – per eccesso di bellezza, rischi il viaggio lisergico. Rivedi tutto sotto una nuova luce: che poi è anche un diverso ed efficace modo per far critica letteraria o artistica.
E per questo il viaggio è onirico, la percezione si allarga, e sfiori PHI: «ciò che sappiamo è ciò che sogniamo, ciò che sogniamo è ciò che possiamo sapere, il mondo può essere immaginato all'interno, non visto nudo dall'esterno, eppure senza il bagliore della coscienza non ci sarebbe vista: ciò che dobbiamo fare è cercare la luce, la luce che unifica».
Nessun commento:
Posta un commento