martedì 27 gennaio 2015

La mostra su Viollet-le-Duc a Parigi


Viollet-le-Duc
Les Visions d'un architecte
Cité de l’architecture et du patrimoine

jeudi 20 novembre 2014 - lundi 09 mars 2015

Quel visionario d'un Viollet-le-DucL'interpretazione del Medioevo (ma non solo) nella rassegna che la Cité de l'architecture dedica al poliedrico artista nel bicentenario della nascita
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Le visioni di un architettoPer celebrare il bicentenario della nascita di Eugène Viollet-le-Duc, la Cité de l’architecture va oltre il patrimonio e le polemiche d’archeologia, con una nuova lettura Jean-Michel Leniaud.
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Reinventare la tradizione Parigi in coda per Viollet-le-Duc 
La mostra dedicata all’immaginifico architetto padre del restauro moderno. Un percorso che si fonde con l’arte figurativa e la letteratura 

Carlo Olmo Stampa 27 1 2015

Eugène Viollet-le-Duc, architetto, padre del moderno restauro, archeologo, enciclopedista, mancato riformatore dell’«Ecole des Beaux-Arts», professionista protetto dalla monarchia del piccolo Napoleone, eppure sconfitto dall’allora ignoto Charles Garnier nel più prestigioso concorso della metà dell’Ottocento, quello per l’Opéra: Viollet-le-Duc, illustra forse meglio di ogni altra figura, il cannibalismo di storiografie che procedono per parti.
A Parigi, alla «Cité de l’architecture et du patrimoine», resterà aperta fino al 6 marzo 2015 la mostra a lui dedicata: uno dei personaggi più interessanti e influenti del XIX secolo. Curata da Jean-Michel Leniaud , con Christine Lancestremère e Jean-Daniel Pariset, la mostra consente di ripercorrere le molte sfaccettature della vita e dell’opera di un intellettuale troppo spesso tirato per la giacca dai diversi specialismi che animano oggi la storia e le storie, non solo artistiche. Jean-Michel Leniaud, nel saggio che apre il catalogo, propone al visitatore la sola chiave di lettura possibile: l’immaginario, lo straordinario immaginario (figurativo, letterario, architettonico) di questo genio capace di non restare prigioniero neanche dei tre punti di vista fondamentali che segnano la sua lunga e fortunata carriera. 
Il ritorno del gotico
Viollet-le-Duc propone ad una Francia che è alla ricerca di una sua nuova identità repubblicana, l’invenzione del gotico come stile nazionale e ne ripopola i monumenti. Ripopola perché il suo restauro è, si direbbe ora, un progetto di restauro capace di intervenire, interpretando il palazzo dei Papi ad Avignone come le mura di Carcassonne. Senza un punto di vista non si dà conoscenza, scriverà molti anni dopo un altro illustre francese, Jacques Lacan. Viollet-le Duc conduce per mano il visitatore della mostra tra sculture, modelli, disegni che spaziano dal Castello di Pierrefonds, sino all’abbazia di Vezelay. Un punto di vista che è sorretto da una cultura (e da una scrittura) documentata e originale. Tra la metodica e pignola scrittura dei suoi numerosi Dictionnaires e la prosa quasi letteraria degli Entretiens passa tutto l’universo colto e sfaccettato di un Ottocento ancora oggi troppo poco studiato. Ma Viollet-le-Duc è rivendicato anche come il protagonista di un razionalismo architettonico che è capace di sperimentare l’introduzione del ferro in restauri persino a Notre-Dame, senza però fare della razionalità tecnica la ragione di un nuovo linguaggio. 
Il razionalismo di Viollet-le-Duc anzi, come ricorda Antoine Picon, si radica su una ricerca che muove dallo studio dei cristalli, dalla ricostruzione di geometrie che nascevano dall’osservazione della composizione delle rocce. Un razionalismo costruttivo non giustificato da economie, ma da metafore naturali, che davvero anticipa una lunga stagione novecentesca che avrà in un altro francese Pol Abrahm il suo più sicuro interprete. 
L’arte del mobilier
Ma è il terzo punto di vista forse quello più intrigante per il visitatore. Il catalogatore delle più improbabile forme gotiche, lo studioso dell’arte del mobilier francese più sistematico, lo studioso che proprio nell’attuale sede della Cité aveva progettato e costruito un «Musée de la sculpture comparée» e aveva fatto del calco lo strumento per impadronirsi di quella che certo per lui non era decorazione, ci si presenta in mostra come un costruttore, oltre che un progettista: punto di vista che della mostra appare forse quello che più di ogni altro distingue questa esposizione dalle tante esposizioni su di lui, ad iniziare da quella che gli venne dedicata un anno dopo la sua morte, nel 1880.
Riformatore
Viollet-le-Duc è però anche un didatta riformatore e non solo all’interno dell’«Ecole des Beaux-Arts», dove perde per altro la sua battaglia. Viollet-le-Duc è anche l’intellettuale capace di portare il restauro dentro il mondo delle Esposizioni, nel 1878: il restauro è il suo valore identitario in un contesto che più cosmopolita non si poteva proporre. Un conservatore in un tempio di mercanti? No un intellettuale che coglieva come la sua battaglia civile, oltre che culturale, per riscoprire e inventare una tradizione non la poteva condurre dalla scuola, nei cantieri, a corte, con i suoi dizionari e saggi: era necessario uscire dal riconoscimento che la sua opera otteneva in maniera crescente e misurarsi con l’opinione pubblica. Una scelta davvero rara, non solo in quegli anni.
La mostra è ricchissima, si potrebbe dire che merita la visita solo per il piacere di dar corpo ad un immaginario che le parole non possono che lasciar intuire. L’immaginario di un’avventura intellettuale attraverso tutti gli strumenti (dal disegno al rilievo, dal modello al calco, dal progetto agli arnesi di lavoro in cantiere, dal ferro al gesso) che la hanno reso non solo possibile, ma quella più citata di tutto l’Ottocento.

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