di Gustavo Zagrebelsky il Fatto 30.3.15
Molto ci aspetta dal risveglio della nostra società che è stata messa ai margini e oscurata in questi anni di destrutturazione del nostro sistema di relazioni economiche e sociali. Avrete modo di discutere come e perchè è avvenuto questo distacco di tanta parte del nostro Paese, la parte più debole e vulnerabile. Quella che soprattutto avrebbe bisogno di presenza, visibilità e rappresentanza nelle istituzioni politiche. Tutti noi, di fronte a politiche industriali che esibiscono innovazione e crescita, mentre producono disoccupazione e sottoccupazione, di fronte al dilagare di sistemi di corruzione che svuotano dall’interno la legalità e la democrazia, di fronte alla totale assenza di parole politiche su un futuro di giustizia per la nostra società, di fronte a mutamenti della Costituzione che mirano alla concentrazione del potere in poche mani, tutti noi quante volte ci siamo chiesti e ci siamo sentiti chiedere “che fare? ” e ci siamo sentiti impotenti.
Questa manifestazione deve dare una prima grande risposta (alla quale altre seguiranno) in un percorso organizzato di partecipazione politica e di risveglio democratico. Moltissimi si aspettano molto. Non fermiamoci e non lasciamo che altri ci fermino. Non dividiamoci sulla questione “coalizione sociale” o “partito politico”. Questa è una mobilitazione delle debolezze che insieme vogliono e possono diventare forza. E così fare breccia nelle oligarchie che dominano il mondo della politica e dell’economia. Chi potrebbe sostenere che un risveglio democratico non sia urgente anche nel nostro Paese? Chi potrebbe sostenere che non c’è necessità di riprendere in mano la nostra politica espropriata da tecnocrazie irresponsabili, nazionali e sovranazionali? Il nostro compito è riempire un vuoto di democrazia. In un mondo normale i partiti politici si porrebbero in ascolto, accoglierebbero con favore le voci che chiedono d'essere rappresentate, ne trarrebbero alimento per la loro stessa azione. Non devono servire, secondo la Costituzione, come strumento di partecipazione alla politica nazionale? Non rischiano di essere invece strumento di esclusione? La diffidenza, talora l'ostilità, con la quale molta parte dell'establishment politico guarda a questa mobilitazione sono la prova più evidente della sua necessità. Tanto più la contrastate, si potrebbe dire, tanto più dimostrate che è necessaria. Buon lavoro. Unità, studio ed entusiasmo.
*testo inviato alla manifestazione Unions della Fiom e letto in piazza del Popolo sabato da Sandra Bonsanti
Landini lancia “l’Opa” sulla Cgil e cerca l’alleanza con i pensionati
Due fronti per il leader dei metalmeccanici dopo la manifestazione di Roma Più consenso all’esterno per fare le primarie nel sindacato e vincerledi Roberto Giovannini La Stampa 30.3.15
La domenica dopo la manifestazione di Piazza del Popolo il segretario della Fiom Maurizio Landini l’ha trascorsa a Medicina, in provincia di Bologna. Era a un dibattito dei pensionati delle Leghe dello Spi di Malalbergo, Molinella, Castenaso, Granarolo, Budrio e Medicina. Potrebbe sembrare un modo bizzarro di passare la domenica, per uno che ostenta le non piccole ambizioni di diventare segretario generale della Cgil e far cambiare politica a Matteo Renzi. Ma a discutere con gli anziani, accanto a lui, c’era anche Carla Cantone, il numero uno del Sindacato Pensionati della Cgil, un «mostro» con 2,5 milioni di iscritti. Se Landini vuole portare a termine la sua «Opa» sulla Cgil, è costretto a conquistare alleati potenti. Gente come Cantone, o come Vincenzo Colla, il segretario della Cgil dell’Emilia-Romagna.
Sono due i fronti di azione del numero uno della Fiom. Il primo è quello della «Coalizione sociale»: nella seconda decade di aprile ci sarà una riunione in cui i soggetti promotori dell’iniziativa fisseranno i punti programmatici. Se tutto va bene, a maggio poi si terrà l’assemblea fondativa vera e propria. Il secondo fronte è quello della Cgil: ormai non è un segreto che Landini abbia programmato per il 2018 la scalata al vertice della Cgil, quando Susanna Camusso dovrà passare la mano dopo 8 anni da segretario generale. Uno dei passaggi decisivi è la Conferenza di organizzazione della Cgil prevista per questo ottobre, dove si potrebbero (tra l’altro) definire nuove regole per l’elezione dei segretari generali. Giovedì prossimo si riunirà la Commissione che ha il compito di definire i documenti per questa Conferenza. Potrebbe essere un passaggio importante nella battaglia per la guida della Cgil.
Landini - che spara sempre a zero sull’attuale metodo di funzionamento del sindacato confederale, e conta ben pochi sostenitori nel gruppo dirigente - a suo tempo propose di adottare il metodo delle primarie, un sistema che naturalmente ben si adatta a leader «ad alta visibilità» come lui. Camusso ancora non ha sciolto i dubbi su chi indicare come suo successore. Vorrebbe evitare di essere per tre anni un segretario generale «dimezzato», e non vede certo di buon occhio una riforma «presidenzialista» della Cgil. Tuttavia, la proposta con cui Camusso si presenta alla riunione di giovedì è molto barocca e ha un sapore antico: il Congresso dovrebbe eleggere oltre al direttivo (che oggi nomina il leader come pura formalità) una Assemblea di «grandi elettori», incaricati di eleggere il segretario generale dopo una lunga e contorta consultazione dei 5000 sindacalisti che di fatto compongono il gruppo dirigente. Un meccanismo di cooptazione che sembra disegnato su misura per silurare Landini, che a sua volta ha proposto di far partecipare al voto gli iscritti o almeno i delegati delle Rsu. In questi giorni però il leader Fiom sta cercando di trovare un’intesa con altri dirigenti della Cgil, tra cui Carla Cantone dei Pensionati, per varare una soluzione comune più «aperta» e che coinvolga di più gli iscritti. Con Landini per ora c’è solo il leader del Sindacato della scuola Domenico Pantaleo. Ma nei prossimi mesi il sindacalista emiliano sarà costretto a mediazioni e accordi, se vuole vincere. Peraltro, in un momento decisivo per la Cgil: di qui alla fine del 2016 verranno indicati nuovi leader per gli edili della Fillea, gli alimentaristi della Flai, gli insegnanti della Flc, i pensionati dello Spi, tre segretari confederali e i capi di Regioni importanti come Lazio, Toscana e Puglia.
Associazioni, lavoro autonomo e tute blu così Landini organizza la sua Coalizione
Il leader della Fiom si muove su un doppio binario: l’attenzione al disagio sociale, aggregare intorno a un progetto politico l’opposizione al governo e al tempo stesso riformare il sindacato per scalarne la leadershipdi Roberto Mania Repubblica 30.3.15
ROMA Prenderà forma entro la fine di maggio la Coalizione sociale. Prima verrà stilata quella che Maurizio Landini chiama la Carta d’identità del movimento, con i valori di riferimento e gli obiettivi da perseguire; poi sarà creato una sorta di Coordinamento dell’alleanza con gli esponenti delle associazioni promotrici. E nel Coordinamento non sarà comunque Landini a rappresentare la Fiom, per evitare le polemiche sul suo doppio ruolo. Questa struttura di governo sarà poi replicata nei vari territori. Un’organizzazione leggera, ma pur sempre un’organizzazione.
«La vera novità — dice il leader dei metalmeccanici della Cgil — è proprio questa: noi partiremo dai territori dove c’è una maggiore domanda di coalizione». Spiega: «Può non esserci il sindacato nelle lotte per la casa? Può non essere accanto ai medici di Emergency che in Italia, non in Africa, hanno messo in piedi strutture per l’assistenza sanitaria gratuita a favore delle persone più bisognose? Se non pensiamo di rappresentare questa socialità cosa pensiamo di rappresentare? ». È questo il nuovo sindacato (o il vecchio, perché è quasi un ritorno alle origini) che ha in mente Landini.
Dunque è su un doppio binario che si muove il leader di fatto della Coalizione sociale: aggregare le associazioni intorno a un progetto politico, attento soprattutto alle aree di maggiore disagio sociale, alternativo oggi al programma del governo Renzi; riformare il sindacato fino a puntare alla scalata della stessa Cgil. Progetto «ambiguo», secondo Cesare Damiano, ex metalmeccanico, esponente delle minoranze del Pd che anche su Landini si sono divise. Perché, per esempio, Stefano Fassina in piazza sabato ci è andato e che ieri è tornato a sostenere «che molti iscritti e militanti hanno mollato il Pd e hanno manifestato con la Fiom». Resta il fatto che Landini continua a ripetere che non ha mai pensato alla formazione di un altro partito o partitino della sinistra. Sembra un progetto più complesso il suo, e forse anche più complicato. In attesa che si cominci a concretizzare nei prossimi due mesi, Landini, non a caso, continua ad alzare il tono dello scontro con Renzi. Ieri, a margine di un convegno a Medicina nel bolognese, ha spiegato perché sulle politiche del lavoro considera Renzi peggiore di Berlusconi. «Berlusconi — ha detto — si è confrontato, ha avuto scontri e anche accordi: qui siamo di fronte ad un governo che sta rifiutando di confrontarsi con i sindacati e che ha addirittura cancellato l’articolo 18 e rende possibili i licenziamenti. Quello che sta facendo il governo Renzi non era mai successo nella storia del nostro Paese: si mettono in discussione principi della Costituzione, con una regressione pericolosa e grave». In questa interpretazione dell’azione di un governo definita «padronale» ci sarebbe proprio la spinta ulteriore all’aggregazione sociale.
Dopo Pasqua ci sarà il secondo appuntamento delle associazioni che porterà a definire appunto la Carta d’identità. Accanto ai movimenti sociali, Landini dice che c’è un forte interesse da parte delle organizzazioni del lavoro autonomo: giovani avvocati, i farmacisti delle para-farmacie, addirittura i notai. Si mescolerebbero così i lavori senza più le barriere, anche culturali e ideologiche, tra lavoro subordinato e lavoro autonomo. Anche questa è una novità per la Fiom, sindacato degli impiegati e degli operai metalmeccanici. Scrive significativamente sul sito della Fiom Gabriele Polo, oggi spin doctor di Landini dopo essere stato per anni il direttore del Manifesto: «I metalmeccanici della Fiom di manifestazioni ne hanno fatte tante, ma non ne avevano mai fatta una confederale, così intenzionata a rappresentare e contrattare tutte le forme del lavoro e, persino, tutti gli aspetti della vita sociale; coalizzando ciò che è frammentato, cercando gli elementi e i punti di vista comuni per costruire “un mondo”». È l’ammissione di una Fiom che ha deciso di scavalcare la Cgil, di farsi confederazione, di diventare Unions, come recitava lo slogan della manifestazione di sabato. Un altro sindacato, appunto. Una sfida per Landini. Però «se la sua coalizione sociale — sostiene Giuseppe Berta, bocconiano, storico dell’industria — non produrrà risultati in un certo periodo di tempo, il tentativo di prendere la guida dalla Cgil minaccia di andare a vuoto». E questo è il doppio rischio di Landini.
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