“Adesso Hollande non ha più scelta. Sostituisca Valls e guardi a sinistra”
Il politologo Thomas Guénolé: “Ha fatto capire che non lo farà Rimpasto inutile, serve una svolta per fermare l’emorragia”intervista di L. Mart. La Stampa 30.3.15
Professore, Thomas Guénolé, 33 anni, insegna a SciencesPo, Istituto di studi politici di Parigi
E adesso? «Dopo la batosta che ha subito il suo partito, il presidente François Hollande procederà a un rimpasto governativo. Cercherà di ricostruire una maggioranza più ampia. Tenterà di convincere esponenti dell’ala di sinistra del Partito socialista o di formazioni a sinistra rispetto al suo, come i verdi, a entrare nell’esecutivo, per frenare l’emorragia di voti in quella direzione. Ma ha già fatto capire che non sostituirà Manuel Valls come premier. E in quel modo non andrà da nessuna parte». A parlare è Thomas Guénolé, 33 anni, politologo, docente a Parigi a SciencesPo.
Perché sostituire Valls?
«La politica economica attuale del governo è sbilanciata a destra rispetto al baricentro dell’elettorato che ha portato Hollande alla vittoria nel 2012. Se i socialisti vogliono avere una speranza di accedere al secondo turno delle presidenziali nel 2017, devono ricostituire un’alleanza tra le diverse forze interne al partito ed esterne, nella sinistra. Meglio sarebbe recuperare anche il Front de gauche, l’estrema sinistra di Jean-Luc Mélenchon. Tutto questo con Valls primo ministro è impossibile».
Chi, allora, dovrebbe prendere il suo posto?
«Martine Aubry, sindaco di Lilla. Ma Hollande non lo farà. E non cambierà la sua politica economica. Per il suo interesse, credo sia un errore».
Sul versante della destra, l’Ump gestirà la maggioranza delle dipartimenti. È il vero vincitore di queste consultazioni. L’effetto Sarkozy ha funzionato ?
«È quello che dicono tutti. Ma io non ci credo. Alle europee del 2014, l’Ump aveva preso circa il 20% dei voti. E le forze del centro, Udi e Modem, ancora il 10%. Oggi, alle provinciali i tre partiti assieme hanno ottenuto quasi il 30%. Se si fanno due calcoli, non mi sembra che si sia registrata una crescita dei loro consensi. Se sono riusciti a conquistare un numero così elevato di dipartimenti è perché l’Ump si è alleato già al primo turno con il centro. E questa non è stata un’idea di Sarkozy ma di Alain Juppé, il suo rivale all’interno del partito».
Qual è il bilancio di queste elezioni per Marine Le Pen ? Deludente?
«Anche in questo caso è quello che dicono tutti. E mi permetto di dissentire ancora una volta. Il Front National è passato da un solo consigliere provinciale in tutta la Francia a una trentina. Non mi sembra una sconfitta. E poi, dai calcoli che ho fatto sulla base dei risultati di quest’ultima elezione, ritengo che, se ci fossero oggi le presidenziali, la Le Pen prenderebbe il 23% dei voti al primo turno, che sono cinque punti percentuali in più rispetto al 2012. Accederebbe con molta probabilità al ballottaggio. Questo non vuol dire che poi vincerebbe».
È proprio la domanda che si fanno tutti oggi in Francia. Alle presidenziali del 2017 la Le Pen, se sarà presente al secondo turno, vincerà o no ?
«Credo che contro di lei ce la farebbe anche una capra con un cartello al collo e una scritta : “Non sono Marine Le Pen”. No, non vincerà».
Il politologo Yves Meny “Le incertezze di Hollande hanno stufato gli elettori Ecco perché ha perso”
“Il sistema francese funziona come una ghigliottina: penalizza le divisioni e l’assenza di alleanze”intervista di A. G. Repubblica 30.3.15
PARIGI . «François Hollande aveva vinto nel 2012 grazie al forte rigetto di Nicolas Sarkozy: questa volta è successo il contrario », spiega il politologo francese Yves Meny, autore di diversi saggi sul populismo e presidente del Consiglio di amministrazione della Scuola Sant’Anna di Pisa.
Una clamorosa vittoria per l’Ump?
«È certamente un risultato netto in favore della destra. Dietro però ci vedo soprattutto un rigetto della politica del governo. Attenzione, non di Manuel Valls, ma proprio del Presidente, delle sue esitazioni, della sua assenza di visione, di spiegazioni. Nel sistema della Quinta Repubblica, è il Presidente al centro del gioco».
Sarkozy ora è in posizione di forza?
«Ha tenuto conto delle critiche che aveva ricevuto in passato. Sembra meno agitato e più attento al suo entourage. Non so se durerà. È un uomo mutevole, come sappiamo. Ma sin qui ha giocato bene la sua partita. Si è accreditato come unico leader, anche se le primarie per le presidenziali riapriranno le divisioni interne. E per Sarkozy non è tutto in discesa: ha con sé la maggioranza dei militanti Ump, ma l’elettorato di destra, nel suo insieme, è tiepido per Sarkozy. Se saranno primarie aperte, corre un rischio».
La sinistra ha perso anche perché si è presentata divisa?
«Certo, è un effetto meccanico dell’attuale sistema elettorale francese che funziona come una ghigliottina: penalizza le divisioni al primo turno, e l’assenza di alleanze ai ballottaggi. Il Ps ha alla sua sinistra il Front de Gauche che lo combatte. Mentre il Front National non ha potenziali alleati e infatti non ha ottenuto ai ballottaggi nessun dipartimento, pur avendo fatto un risultato importante, soprattutto nella traiettoria di crescita degli ultimi tre anni».
Il terzo uomo, anzi la terza donna, Marine Le Pen, può arrivare lontano?
«La Francia è sociologicamente a destra, con una percentuale che è sempre stata intorno al 55%. In questo caso vediamo che, sommando la destra repubblicana a quella estrema, arriviamo addirittura al 65/70%. Questo dato, unito alla debolezza di Hollande, lascia supporre che nel 2017 la sinistra potrebbe non avere un candidato al secondo turno. E Le Pen potrebbe arrivare al ballottaggio, come suo padre, ma con conseguenze e rischi molto più elevati per il paese».
Come potrà continuare a governare la sinistra, sempre più sfiduciata?
«La situazione del governo è disastrosa. Valls ha una maggioranza sulla carta. Nei fatti, però, è molto debole. A poche ore dal voto, i deputati frondisti hanno già pubblicato un comunicato per criticarlo. Per i prossimi due anni sarà impossibile far approvare qualsiasi riforma, a meno di forzature. Penso che Valls dovrebbe continuare lo stesso con la sua politica non per preparare l’elezione del 2017 ma quella del 2022, nella quale sarà probabilmente candidato».
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