giovedì 9 aprile 2015

Da Raniero La Valle una apologia di Bergoglio


Dalla quale pare scomparsa la tragedia della chiesa cattolica contemporanea [SGA].

Raniero La Valle: Chi sono io, Francesco? Cronache di cose mai viste, Ponte alle Grazie 

Risvolto
Per mille anni, a partire dalla «rivoluzione papale» di Gregorio VII, i papi tranne eccezioni si sono rivolti al mondo dicendo: «Lei non sa chi sono io», intendendo dominare «su re e regni», dettare i pensieri dei cuori e determinare le scelte anche più segrete degli uomini e dei fedeli, neanche fossero Dio. Ora c’è la rivoluzione papale di papa Francesco che dice: «Chi sono io?», chi sono io per giudicare, per condannare, per escludere dalla comunione sostituendomi a Dio? E perciò, come san Francesco si spoglia degli abiti del dominio e degli orpelli del potere, apre le porte, va a cercare gli esclusi, sconfessa i violenti, vuole che il denaro non sia signore ma servo e annuncia un mondo dove, dopo una giornata di tormenti, «Buonasera» vuol dire davvero buona sera. E così facendo svela il vero desiderio di Dio. Questo libro racconta questa novità vista da vicino, da Roma, dove dopo due anni di pontificato si è appena agli inizi, mentre grandi forze già scendono in campo per contrastare il nuovo corso della Chiesa.      

Il pastore guidato dal suo «gregge» 
Alessandro Santagata, il Manifesto 8.4.2015 
Come è stato scritto anche dalle colonne di que­sto gior­nale, con l’indizione del Giu­bi­leo Ber­go­glio ha messo in chiaro in che senso la mise­ri­cor­dia sarà cifra del suo pon­ti­fi­cato. Da subito, il papa che ha adot­tato il nome del pove­rello di Assisi si è pre­sen­tato con l’obiettivo di «mise­ri­cor­diare»: un neo­lo­gi­smo che non signi­fica fare della mise­ri­cor­dia, ma mostrare che Dio è mise­ri­cor­dia. Il Giu­bi­leo, il tempo della mise­ri­cor­dia per eccel­lenza, sarà dedi­cato alle diverse decli­na­zioni di que­sta cate­go­ria cri­stiana: rico­no­sci­mento del male, remis­sione dei pec­cati e riconciliazione. 
Ci aiuta a com­pren­dere meglio il qua­dro teo­lo­gico che vi sta die­tro il libro che Raniero La Valle ha pub­bli­cato poco prima della con­vo­ca­zione (Chi sono io, Fran­ce­sco?, Ponte alle Gra­zie). Il titolo, appa­ren­te­mente enig­ma­tico, con­tiene già al suo interno la chiave inter­pre­ta­tiva. Molto è stato detto sul «Chi sono io per giu­di­care un omo­ses­suale?» pro­nun­ciato da Ber­go­glio nel luglio 2013, ma nes­suno ha saputo for­nire un’interpretazione che andasse oltre al sem­plice dato di cro­naca. Per l’autore, invece, quella disat­ti­va­zione del prin­ci­pio dell’infallibilità era il prin­ci­pio di un cam­bia­mento di impo­sta­zione radi­cale. I due assi por­tanti riguar­dano l’organizzazione della Chiesa e la pre­sen­ta­zione della dot­trina. Della prima il libro parla dif­fu­sa­mente a par­tire dal rin­no­va­mento della fun­zione mini­ste­riale del papato ope­rato delle dimis­sioni di Bene­detto XVI. 
Ber­go­glio, che recen­te­mente ha pro­no­sti­cato un pon­ti­fi­cato breve, non ha in pro­gramma solo una puli­zia interna, ma recu­pe­rando la lezione del Vati­cano II intende valo­riz­zare la dimen­sione col­le­giale dell’Ecclesia, di cui costi­tui­sce il capo in senso pao­lino e non il monarca a vita. Come scrive La Valle, papa Fran­ce­sco ha ripri­sti­nato lo stru­mento del Sinodo per met­tersi «die­tro al gregge». Che poi i risul­tati della ses­sione ristretta siano stati delu­denti non dimi­nui­sce il valore della cele­bra­zione dell’assemblea. Dopo decenni di asfis­sia curiale e nono­stante il basso livello di pre­pa­ra­zione dell’episcopato, il «popolo di Dio» è tor­nato a discu­tere ciò che prima non era discu­ti­bile tanto al suo interno quanto nei con­fronti delle società. 
La Chiesa di papa Fran­ce­sco ha quindi messo in secondo piano la legge natu­rale in favore del discer­ni­mento delle situa­zioni con­crete, men­tre sul piano della teo­lo­gia il para­digma della mise­ri­cor­dia ha assunto anche una dimen­sione poli­tica gene­rale. Dalla visita di Lam­pe­dusa al discorso ai movi­menti sociali – spiega La Valle – Fran­ce­sco ha annun­ciato che il mondo è nudo e che la società «delle caste» e «dello scarto» sta por­tando alla cata­strofe. La sua è un’apocalittica sociale che non ha paura di chia­mare il libe­ri­smo con il suo nome e che com­pie una scelta di parte spo­sando la lotta dei poveri (anche se, è bene ricor­darlo, all’interno di uno schema ideo­lo­gico con forti retaggi organicistici). 
Tor­nando al piano teo­lo­gico, se Dio ha donato all’uomo la libertà indi­vi­duale di agire, e anche di pec­care, la libe­ra­zione avviata dal sacri­fi­cio di Cri­sto passa, per papa Fran­ce­sco, dal rico­no­sci­mento che la remis­sione è un gesto col­let­tivo rispetto al quale la Chiesa deve essere un segno e, in prima istanza, un segno di pace. Il viag­gio in Terra Santa e la veglia per la pace in Siria rap­pre­sen­tano a que­sto pro­po­sito due epi­sodi chiave. Com­ple­tando il per­corso nove­cen­te­sco di dele­git­ti­ma­zione dei con­flitti, il papa ha denun­ciato l’idolatria sacri­fi­cale che si cela nei pro­clami alla guerra santa e alle guerre uma­ni­ta­rie. Quello di papa Fran­ce­sco – ci dice La Valle – è un Dio non vio­lento la cui pro­fe­zia per­for­ma­tiva agi­sce nel tempo della Terza guerra mon­diale ingag­giata con­tro i popoli e le reli­gioni. In quest’ottica si inse­ri­scono anche la ripresa del dia­logo con il mondo isla­mico, dopo lo choc del discorso di Rati­sbona, e la rimo­du­la­zione del dia­logo con l’Europa: non più nel nome della radici cri­stiane, ma nel solco di un per­corso comune di fronte alla deriva antropologica. 
A giu­di­zio di chi scrive, in quest’ultimo aspetto si cela uno dei punti più ambi­gui e poten­zial­mente insi­diosi per una lai­cità euro­pea sot­to­po­sta a pres­sioni molto forti e pro­prio nel rico­no­sci­mento dei diritti dell’uomo e della sua capa­cità di auto­de­ter­mi­narsi si misu­rerà la pro­fon­dità della ride­fi­ni­zione della mise­ri­cor­dia come annun­cio di libe­ra­zione. Resta il fatto che la pasto­rale del pon­te­fice tocca le strut­ture pro­fonde del nostro pre­sente: dalla sua rap­pre­sen­ta­zione alla per­for­mance. È quindi la sua (anche) una sfida lan­ciata alla poli­tica e una rispo­sta degna del livello della par­tita non può limi­tarsi all’acclamazione o al rifiuto a priori.


Davide Perillo Avvenire 9 aprile 2015

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