giovedì 11 giugno 2015

Dal trotzkismo al neoconservatorismo: Saul Bellow e una parabola esemplare

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Il trotzkismo - inteso in senso lato, come idealismo, purismo, populismo - è una categoria del politico, se non dello spirito [SGA].

Zachary Leader: The Life of Saul Bellow: To Fame and Fortune 1915-1964, Londra, Jonathan Cape, pagg. 812, sterline 35 

Risvolto 

For much of his adult life, Saul Bellow was the most acclaimed novelist in America, the winner of, among other awards, the Nobel Prize in Literature, three National Book Awards, and the Pulitzer Prize. The Life of Saul Bellow, by the literary scholar and biographer Zachary Leader, marks the centenary of Bellow’s birth as well as the tenth anniversary of his death. It draws on unprecedented access to Bellow’s papers, including much previously restricted material, as well as interviews with more than 150 of the novelist’s relatives, close friends, colleagues, and lovers, a number of whom have never spoken to researchers before. Through detailed exploration of Bellow’s writings, and the private history that informed them, Leader chronicles a singular life in letters, offering original and nuanced accounts not only of the novelist’s development and rise to eminence, but of his many identities—as writer, polemicist, husband, father, Chicagoan, Jew, American. 
The biography will be published in two volumes. The first volume, To Fame and Fortune: 1915–1964, traces Bellow’s Russian roots; his birth and early childhood in Quebec; his years in Chicago; his travels in Mexico, Europe, and Israel; the first three of his five marriages; and the novels from Dangling Man and The Adventures of Augie March to the best-selling Herzog. New light is shed on Bellow’s fellow writers, including Ralph Ellison, John Berryman, Lionel Trilling, and Philip Roth, and on his turbulent and influential life away from the desk, which was as full of incident as his fiction. Bellow emerges as a compelling character, and Leader’s powerful accounts of his writings, published and unpublished, forward the case for his being, as the critic James Wood puts it, “the greatest of American prose stylists in the twentieth century.” 



Il primo volume della biografia scritta da Zachary Leader racconta la vita del Nobel attraverso voci e documenti inediti 

Aridea Fezzi Price - il Giornale Mar, 09/06/2015

Il manicomio per Pound voluto da Saul Bellow
di Pierluigi Battista Corriere 15.6.15
È difficile dover dar torto a uno scrittore tra i più ammirabili come Saul Bellow, uno dei giganti della letteratura del Novecento. Ma Bellow sulla sorte di Ezra Pound sbagliò. Sbagliò a maltrattare William Faulkner che lo voleva coinvolgere in un’iniziativa insieme a John Steinbeck per liberare il poeta Ezra Pound dalla lunga detenzione in un manicomio a causa delle sue idee politiche, insomma del suo fascismo. In una delle «Letters» pubblicate dall’editore Viking e una cui raccolta è stata resa nota in Italia da Antonio Monda per La Repubblica, Bellow nel 1956 sostenne invece che Pound meritava il trattamento disumano riservatogli nel manicomio St. Elisabeth a Washington. C’è chi sostiene che fu il male minore. Che se Pound non fosse stato marchiato come infermo di mente, la condanna a morte per alto tradimento sarebbe stata inevitabile. Che i suoi discorsi a favore della Rsi (Repubblica sociale italiana) mussoliniana erano un atto di esplicito sabotaggio che gli Stati Uniti, in guerra contro il fascismo e il nazismo, non avrebbero potuto non punire. Contrastando l’iniziativa di Faulkner, Bellow scriveva che Pound aveva predicato «odio e sangue», anche contro gli ebrei. Ma quella predicazione valeva tredici anni di un uomo considerato pazzo e sottoposto a terapie medico-psichiatriche che di frequente oltrepassavano la soglia della crudeltà? Sosteneva Bellow: fosse stato un cittadino americano qualunque e non un poeta, nessuno si sarebbe accorto di niente.
   Ma invece furono gli Stati Uniti a fare di Pound il bersaglio che avrebbe dovuto calamitare il disgusto pubblico per uno che era stato dall’altra parte e che aveva detto e scritto cose incompatibili con la (sacrosanta) crociata antinazista. Volevano ammonire, dare un esempio, colpire chi aveva fiancheggiato con le sue idee il nemico che incarnava il Male assoluto. Ma la psichiatrizzazione del dissenso politico, anche del più inaccettabile, è una caratteristica dei sistemi totalitari, non di una grande democrazia. Trattare come un pazzo pericoloso da rinchiudere uno che si era messo dalla parte di Mussolini è una pratica ingiusta, una vendetta, una ritorsione spietata. Era questo il concetto che i Faulkner, gli Steinbeck, gli Hemingway e in Italia Vanni Scheiwiller volevano sottolineare. Non il privilegio per un poeta, ma la denuncia di una mostruosità compiuta su un uomo trattato da pazzo solo per le parole spese lungo gli anni nelle sue poesie e per alcuni discorsi radiofonici. Tredici anni in un manicomio. 

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