Risvolto
È dall'epoca delle pitture rupestri del Paleolitico che l'umanità convive con riti, parole e pratiche magiche. I personaggi e i fenomeni che popolano il mondo della magia sono così diversi che essa appare come una camera delle meraviglie in cui trovano posto le illusioni e le paure millenarie della specie umana. E la magia accompagna persino l'illuministica cultura greca, dove affianca le origini della filosofia e della scienza, e le forme più alte della poesia e del pensiero, da Omero, ai tragici, ai medici e a Platone. Raffinato studioso e raccontatore della cultura antica, Guidorizzi guida il lettore alla scoperta di questo versante occulto dell'antichità, partendo dalle forme universali del pensiero magico, per arrivare a una sorta di antropologia della magia nel mondo antico: legamenti, incantesimi, magie d'amore, necromanzia, ma anche modi di intendere e controllare il reale.
È un’associazione inconsueta quella tra la magia e gli antichi, cui è dedicato l’ultimo libro di Giulio Guidorizzi intitolato La trama segreta del mondo (il Mulino, pp. 242, e 16). È un’associazione inconsueta perché il libro presenta un aspetto dei greci al quale non siamo abituati a pensare. Per effetto di una lunga tradizione, i greci sono per noi un popolo che sa dominare le passioni, controllato e razionale: i primi illuministi della nostra storia. Così ci hanno insegnato a pensarli autori come B. Snell e W. Jaeger, per citare i più famosi. E anche se a farci dubitare che essi non fossero totalmente ed esclusivamente razionali è arrivato nel 1951 I greci e l’irrazionale di E.Dodds, nell’immaginario collettivo la Grecia è rimasta legata a un’ideale incrollabile di perfezione, serenità e imperturbabilità.
Questo libro invece racconta una Grecia popolata da persone reali, non immuni da quelle incertezze e quelle angosce che anche in loro, trovavano conforto nella fiducia nel potere della magia. Sono questi infatti i greci che incontriamo -dopo i primi capitoli del libro dedicati alla storia degli studi sul pensiero magico e sui principi della magia - quando Guidorizzi inizia la ricognizione delle più svariate credenze magiche inframmezzata alla storia degli intermediari tra il mondo sensibile e quello occulto, vale a dire dei maghi e delle maghe. delle fattucchiere e dei negromanti.
Tra i tanti possibili esempi, limitiamoci a un paio: una maga, Medea, figlia del re della Colchide e innamorata di Giasone, lo aiuta a riportare in Grecia il famoso vello d’oro. Un’impresa famosa, che peraltro richiede una serie di magie. La prima: Giasone riceve in dono da Afrodite un incantesimo, che le fa dimenticare amore e rispetto per la famiglia e la patria. La seconda: Giasone sconfigge il drago che custodisce il vello d’oro grazie agli incantesimi che gli ha insegnato Medea). La terza: durante il viaggio di ritorno in Grecia, la nave di Giasone è inseguita dalla flotta del padre di Medea. Che per rallentare l’inseguimento uccide suo fratello smembrandolo e gettando uno a uno i pezzi del cadavere in mare, con una procedura densa di elementi magici. La quarta: giunta a Iolco, patria di Giasone, dopo aver dimostrato di poter ringiovanire esseri viventi gettando un caprone in un calderone bollente assieme a delle erbe magiche, usa la stessa magie per uccidere bollendolo lo zio-rivale di Giasone…
Certo, trattandosi di storia mitica, quella di Medea non dimostra la storicità delle magie evocate: in effetti, è difficile immaginare un uso sociale della magia di ringiovanimento. Ma poco importa: al di là dei dettagli, il mito rinvia sempre a una realtà sociale: nella specie la diffusa fiducia popolare nell’esistenza di un mondo occulto e della possibilità, grazie alla magia, di raggiungere effetti altrimenti irraggiungibili. E veniamo a un esempio, tra i tanti, di una magia realmente, socialmente praticata, il celebre machalismos : per evitare che le anime dei morti ammazzati tornassero a vendicarsi di loro, gli assassini tagliavamo al morto naso, mani, piedi, orecchie e genitali (dove risiedeva la forza) e li legavano dietro alle sue spalle con una fune che passava sotto le loro ascelle(in greco maschalai ). La vendetta non era più possibile. Infine, una domanda: quale sarà lo spazio dell’occulto in un futuro nel quale i progressi scientifici possono far pensare a una sua riduzione? Guidorizzi sembra escludere una simile eventualità, e personalmente non posso che condividere la sua opinione.
Le droghe di Circe, il canto delle Sirene, la negromanzia... Guidorizzi mappa la magia
di MARIA PELLEGRINI Alias 11 10 2015
Nessun aspetto del misterioso mondo della magia è stato tralasciato nel saggio di
Giulio Guidorizzi La trama segreta del mondo (il Mulino, pp. 242, e 16,00). Riti di purificazione e di iniziazione, oracoli, sortilegi, negromanzia, metamorfosi e molti altri fenomeni soprannaturali sono esaminati, con chiarezza espositiva, per il loro intreccio di divino e umano e per l’importanza che hanno assunto nella storia del pensiero. Dagli albori della vita sulla terra, l’umanità convive con riti, formule e pratiche occulte che sfidano non solo la scienza, ma anche la razionalità. Nella cultura classica il pensiero magico affianca le origini della filosofia ed è presente nelle forme più alte di pensiero e poesia. Attraverso i racconti del mito, che forniscono molti personaggi dai poteri straordinari, l’uomo tenta di superare il reale e i suoi limiti di concretezza e pragmatismo e intraprende il cammino verso un mondo sognato. Le testimonianze più antiche di azioni magiche le troviamo in Omero: Eolo ha il potere di fermare i venti; Circe opera trasformazioni con una bacchetta e con l’uso di droghe, ma insegna a Odisseo come evocare gli spiriti dell’Oltretomba; le Sirene ammaliano con il loro canto... La magia entra nella fondazione di città, negli oggetti caduti miracolosamente dal cielo cui si attribuiva il potere di difendere un luogo, nella vita degli eroi e degli uomini comuni, ha grande potere sull’amore che «ruba il senno anche agli uomini più saggi» – si legge in Omero. Amare è per sua natura un’azione magica e folle, e così infatti era vista non solo nella poesia dei greci, ma anche nella loro riflessione filosofica. Senza la protezione di Afrodite, «la signora dagli acutissimi strali» (titolo di un capitolo del libro) non si può dare compimento all’amore in nessun modo. Numerose sono le incursione di Guidorizzi nella letteratura di ogni epoca: la fosca scena di negromanzia narrata da Seneca nell’Edipo: lo spettro corrucciato di Laio sbuca da uno squarcio della terra per compiere la sua vendetta sul figlio assassino; il processo ad Apuleio, accusato di essere ricorso ad arti magiche; le tre streghe poste da Shakespeare attorno a un calderone in un bosco per profetizzare il destino di Macbeth; lo strano personaggio de Il Maestro e Margherita di Bulgakov, il Diavolo sotto le mentite spoglie di un professore esperto di magia nera. Nonostante il trionfo della scienza e della ragione, la magia continua ad accompagnare la nostra vita perché, come sembra suggerirci Guidorizzi, «dove si ferma la forza d’intervento dell’uomo comune, lì si apre il campo d’azione del mago. Perciò la magia si può includere tra i sogni di onnipotenza della specie umana: i riti magici, infatti, teatralizzano la sfida dell’uomo contro l’ambiente, o il tempo, o il destino, o il male che è sempre in agguato; sono uno scudo psicologico che lo protegge davanti alle grandi sfide della vita».
Quegli incantesimi che interpretano l’universo Dalla letteratura all’antropologia. Un saggio di Giulio Guidorizzi indaga sul ruolo e sull’importanza che le pratiche magiche avevano nel mondo anticoMAURIZIO BETTINI Repubblica 29 12 2015
Plinio il Vecchio non fu solo il grande erudito della “Naturalis historia” e lo scienziato coraggioso che morì per osservare da vicino l’eruzione del 79 d. C.: fu anche un uomo di grande saggezza. Dobbiamo a lui infatti una delle osservazioni più interessanti che siano state fatte a proposito della magia: «Presi uno a uno, i più dotti rifiutano di credere al potere degli incantesimi e delle parole potenti: ma la vita presa nel suo complesso ad ogni momento vi presta fede, e non se ne accorge
». Da un lato dunque sta il pensiero razionale, il quale rifiuta la possibilità che formule, scongiuri o gesti rituali possano produrre effetti sulla realtà che ci circonda; dall’altro sta invece la “vita” – di cui anche gli stessi “dotti” partecipano – la quale continua a prestar fede a cose del genere anche e soprattutto quando “non se ne accorge”. Per venire all’oggi, della credenza sulla magia partecipano tanto la ragazza che telefona al mago televisivo perché riporti a lei l’innamorato, quanto il broker di borsa che al mattino sfoglia l’oroscopo. E che dire di quel celebre fisico che teneva un ferro di cavallo in laboratorio? Di fronte allo stupore di un collega, commentò così: «Mi dicono che funziona anche se non ci si crede». È la vita, che “crede” e non se ne accorge.
Nel mondo antico, comunque, la vitalità della magia fu particolarmente vasta e pervasiva. Documenti della sua presenza li troviamo un po’ ovunque: se la poesia greca e romana parla di filtri e incantamenti d’amore, le
Metamorfosi di Apuleio e il Satyricon di Petronio offrono percorsi perturbanti attraverso gli spazi, reali ma anche mentali, della magia: uomini sgozzati eppure tenuti in vita dalle arti malefiche, streghe-donnole che rubano i lineamenti ai cadaveri prima del funerale, lupi mannari che orinano attorno alle tombe, donne che si ungono di misteriose pomate ed escono volando dalla finestra, come uccelli. Anche i trattati di agricoltura contengono sorprese interessanti. Vi si incontra per esempio l’incantesimo usato per sanare le lussazioni, che prevedeva l’applicazione all’arto di una canna tagliata in due e, soprattutto, l’ossessiva ripetizione di queste misteriose parole: «Moetas vaeta daries dardaries asiadarides una petes». Oppure il rimedio usato contro la grandine, quando «contrapponendo alla nube uno specchio se ne raccoglie l’immagine e in questo modo, sia che la nube si veda brutta, sia che si ritragga di fronte a ciò che crede un’altra nube, si riesce a scacciarla».
Ma la magia antica non sta solo nella letteratura. Nelle tombe, nelle fondamenta degli edifici, nei pozzi, si sono trovate laminette di piombo – chiamate tabellae defixionis, letteralmente “tavolette di inchiodamento” – che scagliano maledizioni contro rivali in amore, ladri, avversari in tribunale, persino competitori nelle gare sportive.
«Come il morto che è qui sepolto non può né parlare, né dissertare, così Rhodine che (è) con Marco Licinio Fausto, morta sia, né possa parlare né dissertare», sentenzia una
defixio amatoria del I secolo a. C. Opera di una donna che contendeva a Rhodine l’amore di Fausto. Possiamo persino penetrare nei laboratori della magia, in particolare quella di tradizione ellenistica, per carpire i suoi segreti. Nel 1852, infatti, Jean D’Anastasi, console svedese al Cairo, comprò un’intera raccolta di papiri magici trovati (o almeno così fu detto) in una tomba vicino a Tebe. Con tutta probabilità essi costituivano la biblioteca di lavoro di un mago, una raccolta di formule che fu sepolta con lui per assicurargli (forse) la possibilità di esercitare anche nell’aldilà. La lettura di questi testi è davvero impressionante. Vi si dettagliano parole, ingredienti, rituali propri di ciascun processo magico a seconda dei diversi scopi che esso si prefigge: l’unico spazio lasciato in bianco (alla maniera di un modulo prestampato ad uso burocratico) è quello destinato a contenere il nome della malcapitata vittima.
Come orientarsi in un universo così vasto e complesso? Il lettore appassionato di credenze magiche e di storia della cultura, oggi ha a disposizione il bel volume di Giulio Guidorizzi, La trama segreta del mondo. La magia nel mondo antico, edito dal Mulino. La lettura di questo libro è appassionante, perché combina limpide pagine teoriche — e si sa bene quanto provocatorie siano, sul piano intellettuale, le credenze magiche — con una straordinaria sequenza di racconti, vicende, pratiche, aneddoti, che tutti in definitiva fanno capo a questa convinzione: che l’universo sia retto da una segreta trama di affinità e corrispondenze. Per questo il mago, che ne conosce l’esistenza e soprattutto possiede l’arte di manipolarla, può produrre effetti mirabolanti sulla realtà che lo circonda. «In linea generale», scrive l’autore nell’Introduzione, «la magia presuppone che in certi momenti, e sotto l’influsso di certi riti, il flusso dell’esperienza ordinaria si sfilacci per dare spazio a un altro piano di realtà: è la fessura attraverso la quale si penetra in un universo parallelo ma occulto».
Il pensiero positivo, se così vogliamo chiamarlo, ha tentato più volte di categorizzare l’esperienza magica per distinguerla, in primo luogo, dalla religione: impresa ardua, come ben mostra la sintesi di Guidorizzi, perché in questo campo le distinzioni sono legate a ciò che si intende per religione e, soprattutto, a quale tipo di soprannaturale si vuole riservare questa più nobile denominazione. Per gli antichi Egizi, ad esempio, la pratica della magia faceva strettamente parte della religione, così come è difficile negare che in Grecia l’intervento di divinità quali Afrodite o Hermes venga talora invocato in contesti che a noi appaiono decisamente magici. Né possiamo dimenticare che, se i cristiani definivano “maghi” taumaturghi come il noto Simone o Apollonio di Tiana — capace di guarire ciechi, storpi e paralitici, e persino di resuscitare i morti — anche Gesù fu ritenuto un “mago” da coloro che lo avversavano.
Ma infine, si può identificare il principio elementare, basilare, secondo cui agiscono i processi magici?
Se gli antichi ne individuavano la ragione nella “trama segreta” che teneva assieme l’universo, che cosa hanno detto i moderni rappresentanti del pensiero positivo? La descrizione più semplice, ma anche più comprensiva, di come funziona la magia, l’ha data George James Frazer, permettendo così ad altri studiosi di articolarla ulteriormente. Secondo questa interpretazione, la magia agisce secondo due assi principali: similarità da un lato, contatto dall’altro. Trafiggere con un ago la bambolina che “somiglia” al nemico da abbattere, opera attraverso la similarità: si costruisce infatti una “metafora” della vittima, e agendo su di essa, si pretende di annientarla.
Al contrario, gettare nel fuoco un ricciolo del nemico, perché anche lui possa ardere allo stesso modo, significa ricorrere al contatto, perché il ricciolo è parte del nemico, lo rappresenta per “metonimia”. Ecco che in questo modo la trama segreta del mondo sconfina nelle figure della retorica: a riprova del fatto che nell’universo, almeno in quello intellettuale, tutto si tiene.
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