venerdì 15 aprile 2016

Braccesi su Agrippina


Lorenzo Braccesi: Agripina la sposa di un mito, Laterza, pp. 240, euro 20


Risvolto
Dal padre aveva appreso la disinvoltura a convivere con le truppe. Dalla madre il carattere passionale e l’arroganza di casta non disgiunta dalla capacità di sedurre anche i ceti subalterni. Dal nonno Augusto aveva ereditato il senso dell’autorità e il rispetto per la tradizione dei valori romani. Ma Agrippina era donna e, se una donna del I secolo d.C. voleva emergere, doveva pilotare nell’ombra l’azione del marito.
Lorenzo Braccesi ricostruisce le inclinazioni politiche, i vertici di gloria, le vicende d’amore e di disperazione di Agrippina, personalità dirompente della dinastia giulio-claudia.


Le trame occulte di Agrippina per creare il mito di Germanico
Libero 15 Apr 2016 SILVIA STUCCHI RIPRODUZIONE RISERVATA
«A tutte le donne come Agrippina, nevrotiche e caparbiamente innamorate»: a loro Lorenzo Braccesi, dedica il suo saggio su Agrippina, nipote di Augusto e figlia di Agrippa. Autore nel 2012 di Giulia, la figlia di Augusto, Braccesi continua con Agripina la sposa di un mito ( Laterza, pp. 240, euro 20), a scandagliare le dinamiche del potere nella prima famiglia dell’Impero sorto dalle ceneri delle guerre civili, seguendo il fil rouge delle grandi personalità femminili. Essendo infatti le donne impossibilitate a rivestire un ruolo politico attivo, dovevano agire per tramite dei mariti, fratelli, figli: si capisce quindi come per Agrippina sia profondamente inadeguata l’antica formula di elogio femminile:N domi mansit, lanam fecit, «restò in casa, filò la lana»; infatti, sposando Germanico, figlio di Druso, fratello di Tiberio, costituì una coppia ideale: nobili, giovani, adorati da plebe e soldati, e benedetti da una copiosa discendenza (ben sei figli, di cui due, il futuro Caligola, princeps dal 38 al 41, e Agrippina Minore, madre di Nerone, destinati a far molto parlare di sé).
Eppure, Agrippina, in quel matrimonio combinato, con un uomo che davvero amò, trovò anche un mezzo per cercare di forzare i delicati ingranaggi del sistema di potere ideato da Augusto con una serie di astuti equilibri istituzionali: non dimentichiamo che Agrippina, «insigne per fecondità e per virtù» (Tacito), fu una combattente, animata da odio tenace per Tiberio, e, soprattutto, per Livia. Agrippina cercò dunque di mitigare la situazione dei familiari costretti alla relegatio (Giulia, la madre, e il fratello Agrippa Postumo), sino a farsi leader delle legioni ammutinate in Germania nel 14. E in tale cornice matura in Agrippina il piano di creare il “mito” di Germanico, che è giunto sino a noi come nuovo Alessandro, a partire dalle campagne contro i Germani per continuare poi nel viaggio in Oriente e in Egitto: qui emerge davvero la coesione straordinaria della coppia Agrippina-Germanico, fautrice di un’idea di regalità modellata secondo i parametri orientali; tale era stato già il piano di Marco Antonio, che di Germanico era nonno materno.
Braccesi sottolinea il fil rouge femminile anche nelle vicende relative della morte di Germanico, avvenuta ad Antiochia, in sospetto d’avvelenamento: alla coppia Agrippina-Germanico, dagli atteggiamenti sempre più sovversivi rispetto alla cauta prudenza tiberiana per gli istituti repubblicani, si contrappongono Pisone, inviato da Tiberio stesso per contrastare Germanico, e la di lui moglie Plancina, amica e confidente di Livia. Morto Germanico, Agrippina, sempre più sola, si ammanterà nelle perenni gramaglie di «vedova di un mito».
«A tutte le donne come Agrippina, nevrotiche e caparbiamente innamorate»: a loro Lorenzo Braccesi, dedica il suo saggio su Agrippina, nipote di Augusto e figlia di Agrippa. Autore nel 2012 di Giulia, la figlia di Augusto, Braccesi continua con Agrip-
elle ultime pagine, ricordando le angherie cui furono sottoposti ella e i due figli Nerone e Druso, emerge la lettura negativa che Braccesi dà di Tiberio: prima, dà prova d’ipocrisia rallegrandosi per la morte di Germanico, benchè sia im probabile che ne fosse mandante; poi decide freddamente di abbandonare al suo destino Pisone; infine, dimostra irriducibile altezzosità rifiutando di imparentarsi con Seiano, la sua anima nera, che smania per un matrimonio prestigioso. Braccesi, così, illumina di nuova luce un brano di Tacito brano passato spesso sotto silenzio: la fine terribile di Agrippina, morta d’inedia, sarebbe anche dovuta al suo rifiuto di imparentarsi con Seiano, vendicatosi atrocemente. E Tiberio? «Tetro per natura», dopo anni nell’ombra della madre incombente, è «logorato nell'intimo dalla sua scarsa capacità di comunicazione »: poi, nel triste, senile declino (per lui Braccesi usa l’aggettivo «psicotico», parlando di «mente disturbata») arriva a decidere della morte del figlio di Agrippina, Druso, e quindi di Agrippina stessa, impedendo persino che le sue ossa vengano accolte nel mausoleo di famiglia; ma Tiberio preserverà singolarmente, l’altro figlio di Agrippina, Caligola: sarà lui a traslare i resti materni a Roma, unico, o quasi, atto meritorio di un principato breve e discusso.

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