mercoledì 27 aprile 2016

La verità storica neoliberale di Stato: chi fa pasticci si aspetti pasticci

“No al reato di negazionismo” la strana alleanza storici-Giovanardi Da Anna Foa a Sergio Luzzatto, gli intellettuali dalla parte del senatore e contro la proposta dei Democratici di istituire una legge: “Si rischia di trasformare dei farabutti in martiri”
Le perplessità di Miguel Gotor: ecco perché non me la sono sentita di votare quell’articolo “L’antisemitismo non si combatte con il codice penale, ma a scuola sui libri”
di Simonetta Fiori Repubblica 30.4.16
ROMA. Chi poteva immaginare che il senatore Carlo Giovanardi sarebbe diventato la nuova icona della intellettualità di sinistra? Sì, il castigatore delle coppie gay, il più aggressivo detrattore delle conquiste delle donne e dei diritti civili, oggi viene inaspettatamente promosso a paladino degli storici. «Una conseguenza inintenzionale », l’avrebbe definita Karl Popper. Una delle tante provocate dal disegno di legge sul negazionismo, martedì prossimo nuovamente in discussione al Senato.
«Un vero pasticcio, cominciato male e finito ancora peggio », sintetizza Marcello Flores, direttore scientifico dell’istituto storico della Resistenza. Perché fin dal principio, fin da quando il ministro Mastella propose di fare del negazionismo un reato, ci fu una levata di scudi da parte degli studiosi: no alla verità storica di Stato e no a trasformare dei farabutti in martiri della libertà. Ed ancora due anni fa, dinnanzi a una nuova proposta del Pd, storici dell’autorevolezza di Ginzburg mossero fondate obiezioni. E allora i legislatori hanno ripiegato su una vecchia legge, quella di Mancino che punisce le discriminazioni razziali, aggiungendovi l’aggravante del negazionismo, perseguibile con pene ancora più aspre. Ma anche questa soluzione ha continuato a sollevare perplessità o perché «provvedimento bandiera del tutto inutile», o perché «sbagliato e pericoloso». Fino alle battute finali, pochi giorni fa al Senato. Da una parte il Partito Democratico, schierato compattamente (o quasi) a favore del provvedimento. Dall’altra il centrodestra di Giovanardi e di Gaetano Quagliariello, tenacemente contrario, ma questa volta tra gli applausi degli storici. Applausi pubblici che erano mancati nelle precedenti puntate. «Giovanardi è diventato il nostro paladino», scherza ma non troppo Sergio Luzzatto. «Ho appena scritto a un collega che provo imbarazzo. Ma questo la dice lunga sulla capacità di ascolto della classe politica del Pd».
Cultura e politica, il divorzio nel centrosinistra era stato già sancito da tempo immemorabile. Ma qui la divaricazione acquista tonalità surreali. Anche chi aveva lavorato per annacquare la legge, come lo storico Miguel Gotor, non se l’è sentita di votare contro Quagliariello, che ha proposto in aula l’abolizione del provvedimento. «Il suo è stato un bellissimo intervento che sarebbe piaciuto al mio maestro Corrado Vivanti e credo anche a Primo Levi. Per questo ho scelto di non votare. E come me anche altri colleghi del Pd». Ma cosa ha sostenuto Quagliariello per persuadervi? «Intanto la contrarietà di principio al reato di opinione, anche dinnanzi all’opinione più aberrante come in questo caso. In secondo luogo le migliori intenzioni del legislatore potrebbero produrre conseguenze nefaste, come la messa fuori legge dei manuali. Quagliariello ha fatto l’esempio dello stalinismo: vi sono studiosi che rimuovono o anche giustificano il genocidio e i crimini contro l’umanità perpetrati dal regime comunista. Nessuno di noi condivide queste posizioni, ma potremmo mai accettare che siano catalogate come reato? ».
Difficile trovare tra gli storici voci dissonanti. Anche Anna Foa, ebrea, autrice di importanti saggi storici sulla Shoah e la storia ebraica, abbraccia le tesi di Quagliariello. «Questa legge sul negazionismo è stata un errore anche nei suoi compromessi. C’è già la legge Mancino: basterebbe applicarla». Senza contare che nel nuovo dispositivo la negazione della Shoah è accostata ai «genocidi, crimini di guerra e crimini contro l’umanità», una formulazione generica e vaga che non solo aggiunge confusione ma potrebbe ritorcersi contro Israele. «Sì, lo dice anche Giovanardi nel suo intervento ed è difficile dargli torto », dice Foa. «C’è chi accusa Israele di una politica genocidaria – cosa che giudico completamente sbagliata – ma queste critiche potrebbero trovare un sostegno nella nuova legge».
Perché il Pd si ostina a difendere un provvedimento così convintamente osteggiato dagli studiosi? Di certo influisce il sostegno della comunità ebraica, che ha supportato costantemente la prima firmataria del disegno di legge, la senatrice Amati. E anche questa volta, nonostante i dubbi seminati da Quagliariello e da Giovanardi, il presidente dell’Unione Renzo Gattegna ha voluto ribadire l’importanza di «uno strumento giuridico che porterà l’Italia al livello delle altre nazioni europee ». Nessuna esitazione, neppure dinanzi alle possibili ritorsioni contro Israele. «Il provvedimento viene visto nel suo carattere simbolico, come un argine potente contro gli attacchi antisemiti», dice Foa. «In realtà non è così. In Francia, dove esiste la legge, l’antisemitismo non è stato fermato. Molti di noi sono convinti che le battaglie si facciano a scuola, non in un’aula di tribunale. Ma non veniamo ascoltati». 


Negazionismo, prove di abolizione del senato
Parlamento. Le faticose modifiche alla legge che punisce l'istigazione all'odio razziale. La camera non intende accettare l'impostazione dei senatori. Come al solito, risolve il governo. E decide lui
di Andrea Fabozzi il manifesto 27.4.16
ROMA Il senato approva quasi all’unanimità, la camera a maggioranza modifica la legge, il senato insiste sul suo testo originario, la camera protesta e fa pressioni. Fossimo già nel nuovo regime previsto dalla riforma costituzionale, che a ottobre sarà sottoposta a referendum, non ci sarebbe storia. L’ultima parola sarà sempre quella della camera. Nell’attesa il nodo sarà sciolto con il metodo attualmente più in voga: interverrà il governo, deciderà lui.
Parliamo del delitto di negazionismo che si vuole introdurre nell’ordinamento italiano (legge Reale del ’75 modificata dalla legge Mancino del ’93) non come reato a sé ma come aggravante della discriminazione razziale, etnica o religiosa. La legge è di un solo articolo ma fatica ad andare avanti, soprattutto perché hanno fatto breccia le obiezioni di chi è contrario ai reati di opinione, in particolare le perplessità di alcuni storici che considerano un’insidia alla libertà di ricerca la risposta penale alla diffusione delle idee, anche le più aberranti. Queste preoccupazioni avevano trovato spazio nel dibattito al senato, oltre un anno fa, ed erano precipitate in un avverbio: «Pubblicamente». Vale a dire che dovevano considerarsi punibili le condotte di istigazione a commettere atti di discriminazione razziale solo se commesse in pubblico, aggravate o meno dal negazionismo «della Shoah ovvero dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra». «Si trattava di un punto di equilibrio raggiunto a fatica che aveva però consentito di mandare avanti la legge», ricorda oggi il senatore Lo Giudice del Pd. La camera, però, alla fine dell’anno scorso, aveva cancellato l’avverbio «pubblicamente» e in più aveva cercato di definire meglio i «crimini di guerra, di genocidio e contro l’umanità» ancorandoli a «sentenze passate in giudicato di organi di giustizia internazionale». Formulazione quest’ultima ritenuta troppo vaga e cancellata ieri mattina in commissione al senato. Ma, soprattutto, i senatori tutti d’accordo hanno ripristinato il «pubblicamente», che ovunque nel codice penale è considerata condizione indispensabile per punire gli atti di istigazione, come ha spiegato il senatore di Forza Italia Nitto Palma.
L’emendamento per tornare al testo del senato l’ha presentato un altro forzista, l’ex sottosegretario Caliendo, ma è stato immediatamente accolto dalla relatrice del testo, la senatrice Capacchione del Pd. Che l’ha difeso in aula, così come hanno fatto altri rappresentanti del Pd, la senatrice Amati – prima firmataria – e il senatore Lo Giudice. Il senatore Mineo di sinistra italiana ha preso l’identica posizione e anche la senatrice Mussini del gruppo misto accetta l’impostazione: «Il negazionismo se resta a livello di opinione privata è prova di stupidità, ma la stupidità non è reato».
Ieri c’è stata in aula la discussione generale, oggi ci dovrebbe essere il voto per una legge che dovrà in ogni caso tornare ancora alla camera, ma nel frattempo è intervenuta la presidente Pd della commissione giustizia della camera, Donatella Ferranti. «In un momento storico e sociale così delicato depotenziare la legge Mancino restringendone il campo di applicazione è un atto politicamente incomprensibile – ha detto -, c’è il rischio che indagini e processi in corso impostati sull’attuale tenore della norma vengano travolti da una sostanziale depenalizzazione». Del resto, ricorda Ferranti, alla camera anche Forza Italia aveva votato per cancellare dal testo la parola «pubblicamente».
La frattura, in definitiva, divide senatori e deputati, non tanto maggioranza e opposizione. E l’interventismo dei colleghi di Montecitorio non piace ai senatori, che testimoniano di frequenti pressioni da parte del capogruppo Pd della camera Rosato per indirizzare i lavori di palazzo Madama. E così anche l’aggravante di negazionismo, uno dei pochi provvedimenti di iniziativa non governativa che ha fatto qualche passo in avanti, dovrà passare per le mani del governo. «Faremo noi una proposta», ha detto ieri in commissione la sottosegretaria alla giustizia Chiavaroli. Una proposta che non si potrà rifiutare. 



Incitare al razzismo rimane un reato ma solo in pubblico

Dal Senato modifiche alla legge Mancino Anche negare l’Olocausto sarà sanzionato Da tempo la Lega e il partito di estrema destra Forza nuova chiedono l’abolizione dell’intera legge Mancino

di Dino Martirano Corriere 27.4.16
ROMA Quando si mette mano al reato di negazionismo della Shoah e dei crimini contro l’umanità — negazione di genocidio e dei crimini di guerra, così come definiti dalla Corte penale internazionale — è inevitabile che, con effetto cortocircuito, entri in gioco la libertà di pensiero sancita dall’articolo 21 della Costituzione.
È successo al Senato, il giorno seguente alle celebrazioni per la Festa della Liberazione del 25 aprile, quando la commissione Giustizia di Palazzo Madama ha approvato all’unanimità un emendamento di Giacomo Caliendo di Forza Italia (assorbito poi da un testo analogo della relatrice Rosaria Capacchione del Pd) al disegno di legge che introduce nel codice penale l’aggravante di negazionismo. Tuttavia, per «effetto collaterale», l’emendamento Caliendo-Capacchione modifica in senso restrittivo l’applicazione la legge Mancino del ‘93 che sanziona «gesti, azioni e slogan legati all’ideologia nazifascista con lo scopo dell’incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi».
Il cortocircuito è stato innescato da un aggettivo e da due parole — «pubblica istigazione» e «pubblico incitamento» — che a questo punto restringerebbero il campo dell’applicazione dell’intera legge Mancino e della nuova aggravante di negazionismo, che prevede l’aumento di un terzo delle pene già previste dalla norma del ‘93. Verrebbero escluse dal perimetro della punibilità, dunque, tutte le opinioni espresse non «pubblicamente».
Il Senato aveva già provato a inserire la modifica. La Camera, poi, l’aveva cassata una prima volta e ora che i senatori ci riprovano la presidente della commissione Giustizia di Montecitorio, Donatella Ferranti (Pd), usa parole durissime: «Cadranno molti processi in corso, è davvero gravissimo». E anche la scheda predisposta dagli uffici della Camera era netta: risulterebbero «depenalizzate le condotte oggi sanzionate di istigazione non pubblica con fini discriminatori e di violenza». Forza Italia difende l’emendamento: «Accuse sconcertanti che non tengono conto delle logiche più elementari del codice penale», attacca il capogruppo Paolo Romani. Il Pd resta defilato ma il capogruppo Luigi Zanda lascia intendere che domani l’emendamento verrà votato dall’aula perché «dopo molti tentativi di risolvere una questione delicata è stata trovata la formula per separare da tutto il resto il giudizio e le argomentazioni degli storici». 



Odio razziale punito solo se è pubblico “Legge stravolta”

Per introdurre l’aggravante del negazionismo depotenziato il reato di istigazione: processi a rischio

di Alberto Custodero Repubblica 27.4.16
ROMA. Più difficile punire chi istiga all’odio razziale secondo il nuovo testo della legge Mancino approvato con voto bipartisan dalla commissione Giustizia del Senato. Nonostante il testo con la modifica porti la firma della relatrice, la dem Rosaria Capacchione (che ha recepito un emendamento del forzista Giacomo Caliendo), è lo stesso pd a lanciare l’allarme.
Il pasticcio politico riguarda il nuovo testo della legge Mancino, licenziato in prima lettura dal Senato un anno fa e in seconda dalla Camera. E che ora è tornato a Palazzo Madama per la terza approvazione. Il ddl introduce l’aggravante della negazione della Shoa, in un articolo, il 3 bis, in cui si parla espressamente di “pubblica istigazione” e di “pubblico incitamento” al “negazionismo”.
La norma in vigore oggi punisce chiunque istighi all’odio razziale anche in posti privati (come sedi di partiti, di culto, di associazioni). Mentre il nuovo testo prevede in un comma che anche l’istigazione al “negazionismo” sia reato, a patto che sia commesso in luoghi pubblici.
La polemica è scoppiata quando il testo del ddl del Senato ha esteso le parole “pubblicamente” anche alle discriminazioni razziali nel loro complesso. A denunciare il rischio di un «restringimento» del campo di azione della legge Mancino è, dall’altro ramo del Parlamento, la deputata Donatella Ferranti, presidente della commissione Giustizia della Camera, che se la prende col senatore Caliendo, attribuendogli la responsabilità della modifica, e scatenando la reazione di Forza Italia. «Non è ammissibile che non sia punibile l’istigazione all’odio razziale commessa in luoghi privati. È un comportamento troppo grave per restare impunito, preludio di altri reati successivi». «In un momento storico e sociale così delicato — aggiunge Ferranti — , depotenziare la legge Mancino è un atto politicamente incomprensibile, con il rischio che indagini e processi in corso impostati sull’attuale tenore della norma vengano travolti da una sostanziale depenalizzazione».
«Trovo davvero sconcertante — dichiara il presidente dei senatori di Forza Italia, Paolo Romani — che l’onorevole Ferranti faccia pesanti allusioni e dietrologia a buon mercato su un emendamento del senatore Caliendo, peraltro assorbito da quello della relatrice del Pd».
Ieri sera s’è svolta una riunione dei democratici per trovare una quadra al conflitto tra deputati e senatori dem. Oggi alle 13 scadrà il termine per la presentazione degli emendamenti per la definitiva approvazione in aula. Non è escluso che ne venga presentato uno per eliminare il contenzioso. Il timore dei senatori, così come fu espresso in prima lettura da Luigi Manconi (Pd), è dovuta a «quel labile confine che separa la libertà di espressione dalla violazione dell’altrui dignità». Insomma, il ddl, a Palazzo Madama fa paura in entrambi gli schieramenti a chi teme l’uso del diritto penale laddove si manifestino opinioni personali. Ma come si spiega questa spaccatura nel Pd? «Forse — spiega Ferranti — c’è stato al nostro interno un fraintendimento interpretativo, o non si sono valutate bene le conseguenze». 

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