“No al reato di negazionismo” la strana alleanza storici-Giovanardi
Da
Anna Foa a Sergio Luzzatto, gli intellettuali dalla parte del senatore e
contro la proposta dei Democratici di istituire una legge: “Si rischia
di trasformare dei farabutti in martiri”
Le perplessità di Miguel Gotor: ecco perché non me la sono sentita di votare quell’articolo “L’antisemitismo non si combatte con il codice penale, ma a scuola sui libri”di Simonetta Fiori Repubblica 30.4.16
ROMA. Chi poteva
immaginare che il senatore Carlo Giovanardi sarebbe diventato la nuova
icona della intellettualità di sinistra? Sì, il castigatore delle coppie
gay, il più aggressivo detrattore delle conquiste delle donne e dei
diritti civili, oggi viene inaspettatamente promosso a paladino degli
storici. «Una conseguenza inintenzionale », l’avrebbe definita Karl
Popper. Una delle tante provocate dal disegno di legge sul negazionismo,
martedì prossimo nuovamente in discussione al Senato.
«Un vero
pasticcio, cominciato male e finito ancora peggio », sintetizza Marcello
Flores, direttore scientifico dell’istituto storico della Resistenza.
Perché fin dal principio, fin da quando il ministro Mastella propose di
fare del negazionismo un reato, ci fu una levata di scudi da parte degli
studiosi: no alla verità storica di Stato e no a trasformare dei
farabutti in martiri della libertà. Ed ancora due anni fa, dinnanzi a
una nuova proposta del Pd, storici dell’autorevolezza di Ginzburg
mossero fondate obiezioni. E allora i legislatori hanno ripiegato su una
vecchia legge, quella di Mancino che punisce le discriminazioni
razziali, aggiungendovi l’aggravante del negazionismo, perseguibile con
pene ancora più aspre. Ma anche questa soluzione ha continuato a
sollevare perplessità o perché «provvedimento bandiera del tutto
inutile», o perché «sbagliato e pericoloso». Fino alle battute finali,
pochi giorni fa al Senato. Da una parte il Partito Democratico,
schierato compattamente (o quasi) a favore del provvedimento. Dall’altra
il centrodestra di Giovanardi e di Gaetano Quagliariello, tenacemente
contrario, ma questa volta tra gli applausi degli storici. Applausi
pubblici che erano mancati nelle precedenti puntate. «Giovanardi è
diventato il nostro paladino», scherza ma non troppo Sergio Luzzatto.
«Ho appena scritto a un collega che provo imbarazzo. Ma questo la dice
lunga sulla capacità di ascolto della classe politica del Pd».
Cultura
e politica, il divorzio nel centrosinistra era stato già sancito da
tempo immemorabile. Ma qui la divaricazione acquista tonalità surreali.
Anche chi aveva lavorato per annacquare la legge, come lo storico Miguel
Gotor, non se l’è sentita di votare contro Quagliariello, che ha
proposto in aula l’abolizione del provvedimento. «Il suo è stato un
bellissimo intervento che sarebbe piaciuto al mio maestro Corrado
Vivanti e credo anche a Primo Levi. Per questo ho scelto di non votare. E
come me anche altri colleghi del Pd». Ma cosa ha sostenuto
Quagliariello per persuadervi? «Intanto la contrarietà di principio al
reato di opinione, anche dinnanzi all’opinione più aberrante come in
questo caso. In secondo luogo le migliori intenzioni del legislatore
potrebbero produrre conseguenze nefaste, come la messa fuori legge dei
manuali. Quagliariello ha fatto l’esempio dello stalinismo: vi sono
studiosi che rimuovono o anche giustificano il genocidio e i crimini
contro l’umanità perpetrati dal regime comunista. Nessuno di noi
condivide queste posizioni, ma potremmo mai accettare che siano
catalogate come reato? ».
Difficile trovare tra gli storici voci
dissonanti. Anche Anna Foa, ebrea, autrice di importanti saggi storici
sulla Shoah e la storia ebraica, abbraccia le tesi di Quagliariello.
«Questa legge sul negazionismo è stata un errore anche nei suoi
compromessi. C’è già la legge Mancino: basterebbe applicarla». Senza
contare che nel nuovo dispositivo la negazione della Shoah è accostata
ai «genocidi, crimini di guerra e crimini contro l’umanità», una
formulazione generica e vaga che non solo aggiunge confusione ma
potrebbe ritorcersi contro Israele. «Sì, lo dice anche Giovanardi nel
suo intervento ed è difficile dargli torto », dice Foa. «C’è chi accusa
Israele di una politica genocidaria – cosa che giudico completamente
sbagliata – ma queste critiche potrebbero trovare un sostegno nella
nuova legge».
Perché il Pd si ostina a difendere un provvedimento
così convintamente osteggiato dagli studiosi? Di certo influisce il
sostegno della comunità ebraica, che ha supportato costantemente la
prima firmataria del disegno di legge, la senatrice Amati. E anche
questa volta, nonostante i dubbi seminati da Quagliariello e da
Giovanardi, il presidente dell’Unione Renzo Gattegna ha voluto ribadire
l’importanza di «uno strumento giuridico che porterà l’Italia al livello
delle altre nazioni europee ». Nessuna esitazione, neppure dinanzi alle
possibili ritorsioni contro Israele. «Il provvedimento viene visto nel
suo carattere simbolico, come un argine potente contro gli attacchi
antisemiti», dice Foa. «In realtà non è così. In Francia, dove esiste la
legge, l’antisemitismo non è stato fermato. Molti di noi sono convinti
che le battaglie si facciano a scuola, non in un’aula di tribunale. Ma
non veniamo ascoltati».
Negazionismo, prove di abolizione del senato
Parlamento.
Le faticose modifiche alla legge che punisce l'istigazione all'odio
razziale. La camera non intende accettare l'impostazione dei senatori.
Come al solito, risolve il governo. E decide lui
di Andrea Fabozzi il manifesto 27.4.16
ROMA
Il senato approva quasi all’unanimità, la camera a maggioranza modifica
la legge, il senato insiste sul suo testo originario, la camera
protesta e fa pressioni. Fossimo già nel nuovo regime previsto dalla
riforma costituzionale, che a ottobre sarà sottoposta a referendum, non
ci sarebbe storia. L’ultima parola sarà sempre quella della camera.
Nell’attesa il nodo sarà sciolto con il metodo attualmente più in voga:
interverrà il governo, deciderà lui.
Parliamo del delitto di
negazionismo che si vuole introdurre nell’ordinamento italiano (legge
Reale del ’75 modificata dalla legge Mancino del ’93) non come reato a
sé ma come aggravante della discriminazione razziale, etnica o
religiosa. La legge è di un solo articolo ma fatica ad andare avanti,
soprattutto perché hanno fatto breccia le obiezioni di chi è contrario
ai reati di opinione, in particolare le perplessità di alcuni storici
che considerano un’insidia alla libertà di ricerca la risposta penale
alla diffusione delle idee, anche le più aberranti. Queste
preoccupazioni avevano trovato spazio nel dibattito al senato, oltre un
anno fa, ed erano precipitate in un avverbio: «Pubblicamente». Vale a
dire che dovevano considerarsi punibili le condotte di istigazione a
commettere atti di discriminazione razziale solo se commesse in
pubblico, aggravate o meno dal negazionismo «della Shoah ovvero dei
crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di
guerra». «Si trattava di un punto di equilibrio raggiunto a fatica che
aveva però consentito di mandare avanti la legge», ricorda oggi il
senatore Lo Giudice del Pd. La camera, però, alla fine dell’anno scorso,
aveva cancellato l’avverbio «pubblicamente» e in più aveva cercato di
definire meglio i «crimini di guerra, di genocidio e contro l’umanità»
ancorandoli a «sentenze passate in giudicato di organi di giustizia
internazionale». Formulazione quest’ultima ritenuta troppo vaga e
cancellata ieri mattina in commissione al senato. Ma, soprattutto, i
senatori tutti d’accordo hanno ripristinato il «pubblicamente», che
ovunque nel codice penale è considerata condizione indispensabile per
punire gli atti di istigazione, come ha spiegato il senatore di Forza
Italia Nitto Palma.
L’emendamento per tornare al testo del senato
l’ha presentato un altro forzista, l’ex sottosegretario Caliendo, ma è
stato immediatamente accolto dalla relatrice del testo, la senatrice
Capacchione del Pd. Che l’ha difeso in aula, così come hanno fatto altri
rappresentanti del Pd, la senatrice Amati – prima firmataria – e il
senatore Lo Giudice. Il senatore Mineo di sinistra italiana ha preso
l’identica posizione e anche la senatrice Mussini del gruppo misto
accetta l’impostazione: «Il negazionismo se resta a livello di opinione
privata è prova di stupidità, ma la stupidità non è reato».
Ieri
c’è stata in aula la discussione generale, oggi ci dovrebbe essere il
voto per una legge che dovrà in ogni caso tornare ancora alla camera, ma
nel frattempo è intervenuta la presidente Pd della commissione
giustizia della camera, Donatella Ferranti. «In un momento storico e
sociale così delicato depotenziare la legge Mancino restringendone il
campo di applicazione è un atto politicamente incomprensibile – ha detto
-, c’è il rischio che indagini e processi in corso impostati
sull’attuale tenore della norma vengano travolti da una sostanziale
depenalizzazione». Del resto, ricorda Ferranti, alla camera anche Forza
Italia aveva votato per cancellare dal testo la parola «pubblicamente».
La
frattura, in definitiva, divide senatori e deputati, non tanto
maggioranza e opposizione. E l’interventismo dei colleghi di
Montecitorio non piace ai senatori, che testimoniano di frequenti
pressioni da parte del capogruppo Pd della camera Rosato per indirizzare
i lavori di palazzo Madama. E così anche l’aggravante di negazionismo,
uno dei pochi provvedimenti di iniziativa non governativa che ha fatto
qualche passo in avanti, dovrà passare per le mani del governo. «Faremo
noi una proposta», ha detto ieri in commissione la sottosegretaria alla
giustizia Chiavaroli. Una proposta che non si potrà rifiutare.
Incitare al razzismo rimane un reato ma solo in pubblico
Dal Senato modifiche alla legge Mancino Anche negare l’Olocausto sarà sanzionato Da tempo la Lega e il partito di estrema destra Forza nuova chiedono l’abolizione dell’intera legge Mancino
di Dino Martirano Corriere 27.4.16
ROMA
Quando si mette mano al reato di negazionismo della Shoah e dei crimini
contro l’umanità — negazione di genocidio e dei crimini di guerra, così
come definiti dalla Corte penale internazionale — è inevitabile che,
con effetto cortocircuito, entri in gioco la libertà di pensiero sancita
dall’articolo 21 della Costituzione.
È successo al Senato, il
giorno seguente alle celebrazioni per la Festa della Liberazione del 25
aprile, quando la commissione Giustizia di Palazzo Madama ha approvato
all’unanimità un emendamento di Giacomo Caliendo di Forza Italia
(assorbito poi da un testo analogo della relatrice Rosaria Capacchione
del Pd) al disegno di legge che introduce nel codice penale l’aggravante
di negazionismo. Tuttavia, per «effetto collaterale», l’emendamento
Caliendo-Capacchione modifica in senso restrittivo l’applicazione la
legge Mancino del ‘93 che sanziona «gesti, azioni e slogan legati
all’ideologia nazifascista con lo scopo dell’incitazione alla violenza e
alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi».
Il
cortocircuito è stato innescato da un aggettivo e da due parole —
«pubblica istigazione» e «pubblico incitamento» — che a questo punto
restringerebbero il campo dell’applicazione dell’intera legge Mancino e
della nuova aggravante di negazionismo, che prevede l’aumento di un
terzo delle pene già previste dalla norma del ‘93. Verrebbero escluse
dal perimetro della punibilità, dunque, tutte le opinioni espresse non
«pubblicamente».
Il Senato aveva già provato a inserire la
modifica. La Camera, poi, l’aveva cassata una prima volta e ora che i
senatori ci riprovano la presidente della commissione Giustizia di
Montecitorio, Donatella Ferranti (Pd), usa parole durissime: «Cadranno
molti processi in corso, è davvero gravissimo». E anche la scheda
predisposta dagli uffici della Camera era netta: risulterebbero
«depenalizzate le condotte oggi sanzionate di istigazione non pubblica
con fini discriminatori e di violenza». Forza Italia difende
l’emendamento: «Accuse sconcertanti che non tengono conto delle logiche
più elementari del codice penale», attacca il capogruppo Paolo Romani.
Il Pd resta defilato ma il capogruppo Luigi Zanda lascia intendere che
domani l’emendamento verrà votato dall’aula perché «dopo molti tentativi
di risolvere una questione delicata è stata trovata la formula per
separare da tutto il resto il giudizio e le argomentazioni degli
storici».
Odio razziale punito solo se è pubblico “Legge stravolta”
Per introdurre l’aggravante del negazionismo depotenziato il reato di istigazione: processi a rischio
di Alberto Custodero Repubblica 27.4.16
ROMA.
Più difficile punire chi istiga all’odio razziale secondo il nuovo
testo della legge Mancino approvato con voto bipartisan dalla
commissione Giustizia del Senato. Nonostante il testo con la modifica
porti la firma della relatrice, la dem Rosaria Capacchione (che ha
recepito un emendamento del forzista Giacomo Caliendo), è lo stesso pd a
lanciare l’allarme.
Il pasticcio politico riguarda il nuovo testo
della legge Mancino, licenziato in prima lettura dal Senato un anno fa e
in seconda dalla Camera. E che ora è tornato a Palazzo Madama per la
terza approvazione. Il ddl introduce l’aggravante della negazione della
Shoa, in un articolo, il 3 bis, in cui si parla espressamente di
“pubblica istigazione” e di “pubblico incitamento” al “negazionismo”.
La
norma in vigore oggi punisce chiunque istighi all’odio razziale anche
in posti privati (come sedi di partiti, di culto, di associazioni).
Mentre il nuovo testo prevede in un comma che anche l’istigazione al
“negazionismo” sia reato, a patto che sia commesso in luoghi pubblici.
La
polemica è scoppiata quando il testo del ddl del Senato ha esteso le
parole “pubblicamente” anche alle discriminazioni razziali nel loro
complesso. A denunciare il rischio di un «restringimento» del campo di
azione della legge Mancino è, dall’altro ramo del Parlamento, la
deputata Donatella Ferranti, presidente della commissione Giustizia
della Camera, che se la prende col senatore Caliendo, attribuendogli la
responsabilità della modifica, e scatenando la reazione di Forza Italia.
«Non è ammissibile che non sia punibile l’istigazione all’odio razziale
commessa in luoghi privati. È un comportamento troppo grave per restare
impunito, preludio di altri reati successivi». «In un momento storico e
sociale così delicato — aggiunge Ferranti — , depotenziare la legge
Mancino è un atto politicamente incomprensibile, con il rischio che
indagini e processi in corso impostati sull’attuale tenore della norma
vengano travolti da una sostanziale depenalizzazione».
«Trovo
davvero sconcertante — dichiara il presidente dei senatori di Forza
Italia, Paolo Romani — che l’onorevole Ferranti faccia pesanti allusioni
e dietrologia a buon mercato su un emendamento del senatore Caliendo,
peraltro assorbito da quello della relatrice del Pd».
Ieri sera
s’è svolta una riunione dei democratici per trovare una quadra al
conflitto tra deputati e senatori dem. Oggi alle 13 scadrà il termine
per la presentazione degli emendamenti per la definitiva approvazione in
aula. Non è escluso che ne venga presentato uno per eliminare il
contenzioso. Il timore dei senatori, così come fu espresso in prima
lettura da Luigi Manconi (Pd), è dovuta a «quel labile confine che
separa la libertà di espressione dalla violazione dell’altrui dignità».
Insomma, il ddl, a Palazzo Madama fa paura in entrambi gli schieramenti a
chi teme l’uso del diritto penale laddove si manifestino opinioni
personali. Ma come si spiega questa spaccatura nel Pd? «Forse — spiega
Ferranti — c’è stato al nostro interno un fraintendimento
interpretativo, o non si sono valutate bene le conseguenze».
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