martedì 7 giugno 2016
La nuova edizione de "L’immagine-movimento" di Deleuze
Risvolto
A piú di trent'anni dalla sua uscita, e insieme al secondo volume L'immagine-
tempo, L'immagine-movimento costituisce uno dei libri piú importanti
in assoluto della saggistica cinematografica. Al tempo stesso saggio di filosofia,
estetica e storia del cinema, il libro di Gilles Deleuze, ispirato alle
teorie di C. S. Peirce come al pensiero di H. Bergson, si propone di stabilire
una tassonomia dell'immenso universo delle immagini in movimento di
cui è costituito un secolo di produzione cinematografica. Le immagini vengono
dissezionate nelle loro componenti costitutive e classificate secondo
alcune tipologie fondamentali, dall'intreccio delle quali derivano età e dominanze
estetiche della storia del cinema. Da tale prospettiva, il filosofo
francese dissolve le tradizionali classificazioni, proponendo al lettore inedite
esplorazioni di una geografia delle immagini al tempo stesso teorica e
percettiva, cosí come illuminanti rivisitazioni critiche di tutte le massime
espressioni artistiche del cinema, dall'età del muto a Griffith, dalle comiche
ai grandi generi cinematografici americani, da Ejzenstejn a Vertov, da
Renoir a Ford e Hawks, dai maestri giapponesi a Hitchcock e Godard, da
Scorsese ad Altman. Una cartografia che si ribella dunque a ogni convenzionalità
storiografica ed estetica, elevando protagonisti, linguaggio e tecniche
dell'arte cinematografica ad altrettante forme di pensiero.
Prima edizione italiana, Ubulibri 1985.
Ripensare la filosofia attraverso il cinema
Libero 7 giu 2016
Einaudi riedita in una nuova versione italiana il capolavoro di Gilles Deleuze L’immagine-movimento. Cinema 1 (pp. 284, euro 26), il primo di due volumi che hanno rivoluzionato i modi di pensare il cinema. Secondo l’autore in un inedito e affascinante sistema di lettura le immagini si trasformano in concetti visivi, i film in collezioni di segni, i registi in pensatori. Per Deleuze – già «guastatore» di filosofia, psicanalisi, letteratura, pittura e teatro – sono proprio i concetti del cinema e non le teorie a crearne l’unicità ed è per questo che non bisogna chiedersi «Che cos’è il cinema?», ma «Che cos’è la filosofia?». Tra le figure più innovative del pensiero del ’900, Deleuze ha rappresentato un punto di svolta negli studi teorici sul cinema, mostrando come il rapporto tra tale forma espressiva e la filosofia non si basi, appunto, sulla pretesa superiorità di quest’ultima, chiamata a esplicare i concetti presenti in qualche modo nelle immagini cinematografiche, ma su un’analogia di pratiche che coinvolgono entrambi gli ambiti. In questo senso la riflessione di Deleuze porta a ripensare la filosofia stessa attraverso il cinema e le sue immagini.
Nella prefazione Deleuze afferma che «questo studio non è una storia del cinema. È una tassonomia, un tentativo di classificazione delle immagini e dei segni», riconoscendo poi le influenze su questo libro del pragmatista americano Charles Sanders Peirce e del filosofo francese Henri Bergson. Il cinema descritto nel libro va dal muto agli anni ’70, includendo il lavoro di autori come D. W. Griffith, Abel Gance, Erich von Stroheim, Charlie Chaplin, Sergei Eisenstein e, fra gli italiani, Roberto Rossellini, Michelangelo Antonioni e Pier Paolo Pasolini.
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