giovedì 26 gennaio 2017

Un Calendario civile con un inciampo

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Mentre si capisce benissimo la data della deportazione degli ebrei romani, non si capisce affatto cosa c'entri il Giorno della memoria di Stato a Senso Unico [SGA].

Alessandro Portelli (a cura di): Calendario civile. Per una memoria laica, popolare e democratica degli italiani, Donzelli

Risvolto
27 gennaio Giorno della memoria (A. Zevi). 9 febbraio Proclamazione della Repubblica romana (A. Arru). 10 febbraio Giorno del ricordo (R. Pupo). 8 marzo Giornata internazionale della donna (V. Franco). 24 marzo Eccidio delle Fosse Ardeatine (A. Portelli). 25 aprile Liberazione dal fascismo (G. Santomassimo). 1° maggio Festa del lavoro (C. Bermani). 9 maggio Giorno delle vittime del terrorismo (B. Tobagi). 12 maggio Introduzione del divorzio (N. Urbinati).
23 maggio Strage di Capaci (S. Lupo). 2 giugno Festa della Repubblica (G. Crainz). 19 luglio Bombardamento di Roma (U. Gentiloni). 21 luglio Fatti del G8 di Genova (L. Manconi e F. Graziani). 2 agosto Strage di Bologna (V. Roghi). 1° settembre Occupazione delle fabbriche (C. Natoli). 8 settembre Armistizio (A. Bravo). 20 settembre Breccia di Porta Pia (R. Ago). 29 settembre Quattro giornate di Napoli (G. Gribaudi). 3 ottobre Giornata delle vittime dell’immigrazione (A. Triulzi). 16 ottobre Deportazione degli ebrei di Roma (A. Foa). 4 novembre Fine della prima guerra mondiale (Q. Antonelli). 12 dicembre Strage di piazza Fontana (G. Lerner).
Un originalissimo progetto collettivo all'insegna della storia e dell’impegno civile, il libro – firmato da un gruppo di studiosi e intellettuali prestigiosi – lancia e articola la proposta di un «Calendario civile», parallelo a quello religioso, scandito da 22 date celebrative di passaggi cruciali della nostra storia democratica e della nostra tradizione repubblicana. Fin dai primi anni del secondo dopoguerra, la questione di una ritualità altra, di un ciclo dell’anno laico, si è posta come fondamento di una comunità civile. È in questo spirito che si sono cominciati a celebrare avvenimenti del nostro Risorgimento come la Breccia di Porta Pia o la proclamazione della Repubblica romana, e si è ripreso a festeggiare ricorrenze come l’8 marzo. Non è stato un processo semplice: certe date, come il 2 giugno, hanno avuto un’origine istituzionale; altre, come il Primo maggio, sono state faticosamente riconquistate; altre ancora, come quelle della strage di piazza Fontana o del G8 di Genova, sono sorte dal basso e fanno parte di una memoria tuttora in formazione. I 22 capitoli di questo libro narrano dunque di un calendario in divenire; essi non si limitano alla sola ricostruzione di ciascuna data, bensì la connettono a un contesto storico e geografico più ampio. Così, le pagine dedicate alla data del referendum sul divorzio rinviano anche alla celebrazione di quello sull’aborto e alla storia della riforma del diritto di famiglia. Allo stesso modo, l’occupazione delle fabbriche o il Primo maggio sono l’occasione per raccordare la storia e la memoria del movimento operaio alla sua realtà presente. Così ancora, l’8 settembre non segna solo l’inizio di una nuova Italia, ma anche l’avvento di un protagonismo civile delle donne, di un inedito maternage di massa. E il 3 ottobre riannoda il tragico ricordo del recente naufragio dei migranti di Lampedusa agli infausti precedenti dell’invasione italiana dell’Etiopia. A dare ulteriore sostanza storica a questo calendario, ogni data è accompagnata da una preziosa appendice di brevi documenti di storia orale, di brani autobiografici, poetici o musicali. L’obiettivo è la costruzione di un patrimonio di tradizioni condiviso: la storia e il passato aiutano così a comprendere, trasmettere e ricordare, rafforzando il tessuto della nostra comunità nazionale, sconfiggendo i rischi dell’oblio, e costruendo una cittadinanza capace di non smarrirsi nelle sfide del nostro tempo. Ideato e coordinato da Alessandro Portelli, «Calendario civile» è un progetto nato dalla collaborazione tra la Donzelli editore e il Circolo Gianni Bosio, che oltre a dar vita al volume scritto a più mani, prevede un ciclo di eventi e spettacoli dal vivo intrecciati con i documenti orali contenuti nel volume.
«Calendario civile»: un giro dell’Italia democratica e repubblicanaEsce per Donzelli il «Calendario civile» a più voci curato da Alessandro Portelli, 
22 capitoli che raccontano altrettante date fondamentali per la storia del nostro Paese 
di PAOLO CONTI Corriere 25 1 2017
Quando una civiltà si dedica un'apoteosi, vuol dire che è vicina a crollare sotto il peso della propria assenza di ridicolo

La storia al posto dei santi ecco il calendario civile 
Alessandro Portelli propone una periodizzazione laica dell’anno: dalla Repubblica romana alla Resistenza, agli Anni di piombo 

Luigi La Spina Busiard a26 1 2017
Una specie di zig-zag nella storia d’Italia per fissare nella memoria i possibili anniversari di un calendario civile. Davvero una curiosa opera quella che l’editore Donzelli, con una bella introduzione di Alessandro Portelli, fa uscire oggi in libreria, perché, da una parte, rispetta rigorosamente la cronologia dei mesi dell’anno, da gennaio a dicembre, dall’altra, si permette una spregiudicata scorribanda temporale che fa seguire alla proclamazione della Repubblica romana del 1849 l’esodo dei profughi istriani del 1947, per tornare ai bombardamenti di Roma del luglio ’43 e finire con la strage di piazza Fontana a Milano del 1969.
Il libro, intitolato appunto Calendario civile, raccoglie una serie di saggi, a cui fa sempre seguito una testimonianza o una canzone rievocatrice dei fatti, scritti da autori ai quali l’editore lascia la massima libertà di concezione, per cui si affiancano pacate ricostruzioni storiche a racconti in cui la personale valutazione degli episodi viene esplicitamente e lealmente rivendicata. Il risultato di questa «briglia sciolta» editoriale è molto interessante, perché, attraverso la varietà delle scelte e delle interpretazioni, viene costruito un mosaico della memoria dal quale ogni italiano può scomporre le tessere per confrontarle con quelle dei suoi ricordi.
L’intenzione, certamente ambiziosa, è quella di contrapporre alla ritualità religiosa di anniversari tra i quali prevalentemente l’Italia scandisce le sue feste, un calendario laico di date che hanno impresso nella collettività nazionale un segno forte, quello destinato a prolungarsi nella nostra contemporaneità in due modi, sia come persistenza degli effetti, sia come indelebile ricordo. La scelta di questi giornate, tappe fondamentali della nostra storia, è sì arbitraria e discutibile, ma ha il merito di far capire al lettore come il tempo aiuti a riscoprire sempre risvolti nuovi in fatti che sembravano fissati nel convenzionale e scontato omaggio di un ossequio rituale.
In alcuni saggi, come quello, per esempio, di Anna Bravo sull’8 settembre del ’43, emerge il ruolo fondamentale delle donne nel tentativo di salvare sbandati e fuggitivi dopo l’armistizio, per lo più «senza il sostegno di ideologie politiche e tantomeno di armi per difendersi», in una formidabile contesa con «un esercito strapotente». In altri, come quello di Gabriella Gribaudi sulle Quattro giornate di Napoli sempre del ’43, si contesta, attraverso un efficace resoconto degli avvenimenti, la vulgata di una insurrezione di «scugnizzi», una specie di «jacquerie» urbana motivata prevalentemente dalla fame. Sulla scia dell’importante discorso di Giorgio Napolitano in occasione del settantesimo anniversario, nel 2013, l’autrice ribalta una versione stereotipata di quella insurrezione, restituendo consapevolezza politica e dignità storica ai protagonisti di una straordinaria rivolta popolare.
Anche sulle tappe più recenti di questo calendario laico, quelle per le quali la maggior parte degli italiani conserva ricordi personali, la lettura dei saggi, ma anche delle testimonianze che li accompagnano, permette una rivisitazione della memoria molto utile per non coltivare ostinati pregiudizi e poterla rimettere al confronto con quella di altri che hanno vissuto le stesse esperienze e le stesse emozioni.
È il caso del racconto che Gad Lerner fa, per esempio, della strage di piazza Fontana e dell’omicidio Calabresi, «una versione personale», come avverte l’autore del saggio, che susciterà certamente vivaci consensi, ma altrettanto vivaci dissensi. O la rilettura dello straziante discorso della moglie dell’agente Vito Schifani, Rosaria Costa, ai funerali delle vittime della strage di Capaci, davvero preziosa per capire come sia inadeguata e fuorviante una certa retorica antimafiosa dietro la quale, dopo l’omicidio di Falcone e quello di Borsellino, tutti hanno potuto costruirsi un riparo comodo e giustificatorio. Dimostrazione di come il passato, un certo passato, in realtà non passi mai nella coscienza di una nazione.
Ai calendari, in genere, si fa omaggio di una, più o meno convinta, adesione collettiva. A questo, laico e opinabile, si può riconoscere il valore di non pretenderlo, perché si ammette come queste date siano divisive tra gli italiani, contrassegnando luoghi di differenze, di contrasti, sia di opinioni, sia di sentimenti. Il merito è quello di avvertire che la convivenza tra gli abitanti di un Paese non si costruisce edificando «la» verità, collettiva e immutabile, del nostro passato, quella che viene definita «una memoria condivisa», ma si rende possibile leggendo una storia comune sulla quale la verità non è mai raggiunta per sempre.  BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

Un volume plurale che legge la memoria «Calendario civile», a cura di Alessandro Portelli per Donzelli, indaga alcune date significative per la storia italiana. Dalla Strage di Capaci alla Festa del lavoro, le tappe storico-politiche di un paese Piero Bevilacqua Manifesto 28.2.2017, 18:14
Che la memoria pubblica costituisca terreno per eccellenza del conflitto politico è in Italia cosa forse più nota che in altri paesi. Abbiamo potuto osservare, non moltissimi anni fa, la rinascita di vere e proprie leggende, utilizzate per dare dignità e radici storiche a un movimento politico, la Lega di Umberto Bossi, che nasceva su rivendicazioni materiali molto delimitate e concrete.
Mentre abbiamo assistito- fenomeno che andrebbe ricostruito con organicità storiografica – alla demolizione della memoria della Resistenza e dei suoi valori, fondativi della Costituzione e della Repubblica, al fine di legittimare la nascita di un fronte politico di centro-destra.
OPERAZIONE FAVORITA, spesso con aperta strumentalità, da esponenti politici della sinistra, impegnati ad annacquare la memoria della Repubblica Sociale Italiana e a occultarne le responsabilità militari e civili. Sarebbe peraltro interessante indagare come a tale damnatio memoriae che la sinistra tradizionale ha rivolto al suo passato resistenziale, denso di conflitti, abbia corrisposto, sul piano programmatico e culturale, lo spostamento di campo nelle praterie del neoliberismo.
È dunque comprensibile quanto sia preziosa oggi una operazione come quella coordinata da Alessandro Portelli (Calendario civile. Per una memoria laica, popolare e democratica degli italiani, Donzelli, pp. 311, euro 20) che ha impegnato un folta pattuglia di storici autorevoli, giornalisti e altre figure intellettuali per stendere questo nuovo almanacco della vita pubblica italiana. Esso mette insieme le date canoniche della nostra storia contemporanea, non solo l’8 settembre o il 2 giugno , ma anche momenti dell’Italia preunitaria (La proclamazione della Repubblica romana il 9 febbraio 1849) e dell’Italia liberale (XX settembre 1870). Ma soprattutto inserisce, oltre le celebrazioni ufficiali, gli eventi tragici più recenti e discussi.
Nel Calendario fanno data anche il 9 maggio, Giorno della memoria delle vittime del terrorismo e delle stragi di matrice fascista a cura di Benedetta Tobagi, il 23 maggio, Strage di Capaci scritta da Salvatore Lupo; il 21 luglio, Fatti del G8 di Genova – affidata a Luigi Manconi e Federica Graziani. E ancora Vanessa Roghi sul 2 agosto, Strage di Bologna; e Alessandro Triulzi il 3 ottobre, Giornata in memoria delle vittime dell’immigrazione.
«QUESTO LIBRO – dichiara Portelli – venuto a compimento in un momento di aspra divisione della nostra vita democratica, è un luogo di unità nell’adesione convinta alle regole che ci permettono di vivere insieme, ma è anche un luogo di interrogazioni e differenze».
Dunque un libro plurale, ma certamente non relativistico. Lo sforzo di verità che viene compiuto nei singoli saggi non indebolisce, ma rafforza la memoria democratica e antifascista, del nostro passato. Ogni evento è rivisitato, spesso con rinnovato sforzo documentario da parte di un singolo studioso, accompagnato sempre da una testimonianza coeva e un commento poetico o una canzone. E ce ne sono di molto belle, come la struggente Per Sergio, di Lucilla Galeazzi, dedicato a una vittima della strage di Bologna.
I TESTI di questo Calendario sono per lo più degli aggiornatissimi saggi storici, che forniscono momenti di approfondimenti utili anche per lo storico di mestiere. Pensiamo al lavoro di Cesare Birmani sulle origini americane della festa del Primo maggio, ma anche a vicende di casa nostra, per le quali serbiamo una memoria troppo incerta e superficiale rispetto alla drammatica rilevanza dei fatti . È questo il caso del bombardamento di Roma, illustrato da Umberto Gentiloni.
Una città che si credeva «sacra», al riparo dalle bombe, al punto da attrarre, caso unico in Europa fra le grandi città, popolazione dall’Italia centrale e che il 19 luglio del ‘43 subisce «diecimila tonnellate» di bombe, lasciando a terra 1496 vittime, quasi tutte civili. E ci sono saggi che svolgono una dirompente critica storiografica e civile, come quello di Gabriella Gribaudi sul 29 settembre, Quattro giornate di Napoli. Perché su di esse si erano incrostate vulgate che hanno di fatto reso insignificante quell’episodio straordinario di lotta popolare. L’autrice mostra come soprattutto la retorica di destra abbia finito con il consegnare il merito della rivolta all’opera degli scugnizzi, svuotando così l’episodio di sostanza politica per ricacciare Napoli alla sua dimensione oleografica e plebea. E invece, con ricca documentazione, tratta anche da fonti militari tedesche, Gribuadi mostra come la rivolta sia nata nei quartieri popolari, guidata da operai e da militari, per opporsi ai rastrellamenti selvaggi e alle requisizioni dell’invasore. A questo frammento di Resistenza nel Sud viene dunque restituita la stessa dignità che essa ha nel resto d’Italia.

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