domenica 24 giugno 2018

Gianni Vattimo e gli ultimi giganti del Novecento

Gianni Vattimo negli anni Ottanta ha dato con il Pensiero Debole la versione italiana della svolta postmoderna-neoliberale che ha accompagnato il riflusso.
Tuttavia, dopo quella fase la realtà è andata così a destra che Vattimo, rimanendo fermo sulle sue posizioni, si è ricollocato all'estrema sinistra (la polemica con Ferraris dopo la svolta nuovorealistica di quest'ultimo ne è attestazione, assieme al giudizio sugli esperimenti di socialismo bolivariano e alla difesa della Palestina).
Ma non solo. Quella ricollocazione è stata poi riconosciuta, radicalizzata e elaborata concettualmente nell'idea di "comunismo ermeneutico".
Diametralmente opposta, ad esempio, la parabola del pensiero di Costanzo Preve, che aveva colto in tempo reale i rischi apologetici del decostruzionismo ma le cui tesi sono finite oggi all'estrema destra, anche a causa di molti suoi pessimi discepoli.
Quella di Vattimo è certamente una posizione diversa dal materialismo storico perché indebolisce il marxismo sul terreno dell'ermeneutica di ispirazione heideggeriana (questo spiega le affinità con Laclau). Tuttavia, sebbene muovendo da una prospettiva distinta, è un'operazione analoga a quella autonoma secolarizzazione e de-mitologizzazione del marxismo proposta da Domenico Losurdo. E si colloca saldamente sul terreno di un universalismo concreto che annienta ogni immediatezza, sia quella particolaristica sia quella che ha inficiato l’universalismo stesso da quando le classi subalterne sono state sconfitte.
Vattimo, a differenza di tanti suoi critici, rimane un gigante. A prescindere dal senso intrinseco e dalla fattibilità dell'operazione, il suo sforzo di salvare Heidegger e ancor prima Nietzsche portandoli a sinistra contrasta oggi più che mai con la moda infame di deturpare Marx e Gramsci tentando - inutilmente - di deportarli e disinnescarli a destra. [SGA].

Leggi anche qui sull'ultimo libro di Vattimo


Il teorico del postmoderno non ha eredi. Nella Torino che fu nel ’900 avamposto del pensiero I suoi allievi hanno preso altre strade e il suo archivio è finito a Barcellona: «Qui nessuno me lo ha chiesto» 
di Marco Pacini l'Espresso

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