martedì 19 marzo 2019

Greta e la Coop


"Tutto questo cinismo abbietto e disumano verso una ragazzina di 16 e il suo impegno politico dice tante cose per spiegare le quali si potrebbero chiamare in causa concetti filosofici, manuali di sociologia, trattati di scienza politica, studi di psicologia, tuttavia, ci limitiamo a un dato ontologicamente irrefutabile: siete delle persone di merda"
Gianni Fresu



La Coop sta con Greta. Benetton stava con i migranti. Soros o chi per lui sta con i gay. Chi più ne ha più ne metta.

Quindi Greta è un fenomeno costruito e ciò che dice è falso, i migranti diventano funzionali al demoniaco sviluppo capitalistico e i gay sono arma di distrazione dal conflitto principale, altrimenti ora avremmo il soviet...

Questo è un ragionamento facile e buono per le menti semplici in cerca di consolazione e di spiegazioni a portata di mano, ma del tutto sbagliato e primitivistico. Un ragionamento che muove da un'idea a somma zero dei conflitti, è agli antipodi del modernismo e del pensiero dialettico marxista e rimuove quella stessa lotta di classe che pretenderebbe di ripristinare.

È nota la funzione compensativa delle campagne umanitarie nella società borghese. E non è una novità che i poteri economici cavalchino propagandisticamente queste campagne umanitarie e a volte le suscitino. Né è una novità il fatto che le idee delle classi dominanti dominino: sarebbe strano il contrario.

E allora?

È questa vasta strumentalizzazione strutturale una ragione fondata e legittima per sostenere che l'ambiente non sia un problema reale o non lo siano le migrazioni o i diritti delle minoranze?
Ed esiste attualmente una alternativa all'approccio liberaldemocratico, una teoria o soprattutto una pratica che ci legittimino nel dire che l'approccio liberaldemocratico va respinto senz'altro perché noi risolviamo meglio queste cose?

La società borghese è colma di contraddizioni alle quali risponde come può e cioè a partire dalla propria falsa coscienza necessaria.

Falsa è questa coscienza, però, non quelle contraddizioni.

Si tratta di capire e far capire come, a fronte di quelle contraddizioni, la posizione borghese-democratizzante sia non solo insufficiente ma sia funzionale. Negare l'una e le altre con una negazione indeterminata e assoluta è invece logicamente sbagliato e politicamente reazionario.
Sbagliati non sono i diritti umani, i quali fanno parte della lotta di classe come forma generale del conflitto (che è anzitutto lotta per il riconoscimento e non per un tozzo di pane in più degli altri).

Come spiegava Domenico Losurdo, non esiste una Libertas maior economico sociale rispetto a una Libertas minor formale e civile, ma semmai sbagliato è che la società borghese non sia in grado di assicurare i diritti umani a tutti.

È una ragione per pretendere che non li abbia nessuno? O dobbiamo semmai lottare perché i limiti della società borghese siano superati?

In questa negazione assoluta si manifesta infatti l'essenza della destra e cioè del medesimo liberalismo che ha salutato la democrazia moderna ed è ritornato conservatore: il particolarismo e la mancanza di totalità.

Nella negazione della crisi ambientale c'è la volontà prona agli interessi dominanti di identificarsi con il qui e ora del consumo per sé. Nella discriminazione delle donne o dei gay c'è il mancato riconoscimento della comune umanità e il desiderio di distinzione di una gerarchia. Nella brutalità verso i migranti c'è il bisogno di controllo del lavoro altrui.

La destra non ha un problema con il capitalismo e non lo combatte per niente: ha da sempre semmai un problema con la modernità, o con la sua configurazione universalistica perché vorrebbe che non ci fosse alternativa ai rapporti di forza, nemmeno quella alternativa vaga rappresentata dalla ideologia. E, privi di orientamento ora che è esaurita la riserva di esperienza del nostro passato, adesso anche molti ex compagni confondono l'uno e l'altra.

Sempre Losurdo spiegava che l'ideologia borghese esprime una tensione che non può essere realizzata e che mette in difficoltà la borghesia stessa, la quale non può rinunciarci ma si espone continuamente ad in conseguenze, le quali aprono brecce nella stessa ideologia.

Non è del resto che liberandoci di Greta ci liberiamo dalla ideologia: semplicemente passiamo dalla ideologia liberaldemocratica alla ideologia liberalconservatrice, da Prodi a Salvini.

Chi critica il "politicamente corretto", perciò, non pretende libertà d'azione a partire dal linguaggio per risolvere meglio i problemi: nega che i problemi esistano.

Chi critica il Gay Pride non critica gli eccessi in nome della sobrietà, tant'è che non fa nulla per superare sobriamente le discriminazioni, ma semplicemente si ritiene normale di fronte a una malattia o a una forma di inferiorità e la usa per erigere frontiere interne.

Chi critica le rivendicazioni delle donne perché vogliono solo spartirsi la torta dei salari migliori non lotta per una ripartizione eguale ma vorrebbe tenersi i salari migliori per se.

Chi critica l'accoglienza dei migranti non è indignato per le ruberie né vorrebbe concentrarsi sull imperialismo ma molto più semplicemente non vuole neri per strada, o vuole solo quelli che dice lui pagandoli quanto dice lui e usandoli per ribadire la propria superiorità.

Nessun nemico dei migranti ha preso in casa un terremotato o ha abbattuto il colonialismo.

Ancora una volta il problema non è né Greta né la società borghese ma chi non è in grado di costruire una alternativa e nemmeno di immaginarla, così che non rimane che una negazione astratta e rancorosa.

Il problema siamo sempre noi [SGA].


P.S.

Alcuni chiarimenti per chi giudica queste posizioni in contraddizione o in discontinuità rispetto al passato.

Io ho sempre avuto queste posizioni, che sono le posizioni di un approccio dialettico.

In passato, finché la fase è stata quella "clintoniana" o "obamiana", bisognava picchiare su chi era egemone e cioè sui liberal e sull'universalismo astratto. Ma mai io e chi la pensa come me abbiamo delegittimato l'universalismo in quanto tale: abbiamo sempre distinto invece tra dirittumanismo strumentale fine a se stesso, copertura ideologica dell'imperialismo, e questione dei diritti umani che è questione reale anzitutto in Occidente e solo in secondo luogo nel mondo non occidentale.

Oggi la fase "obamiana" è finita ed è cominciata da tempo la fase "trumpiana": sarebbe assurdo continuare a battere gli stessi tasti; bisogna picchiare invece sull'egemonia del presente e dunque su chi all'universalismo astratto ha reagito passando all'estremo opposto e cioè in maniera particolaristica e egoistica.

Il problema è dunque di chi non riesce a vedere la totalità ma della critica vede solo un pezzo, quello che più gli piace e che conferma le proprie posizioni, senza curarsi dell'intero. E' la critica "a convenienza".

C'è un'altra differenza sostanziale. In passato c'erano ancora tempo e spazio per costruire un fronte alternativo e dunque per dare corpo a una posizione che rifiutasse il dirittumanismo ma non cadesse nel sovranismo. Oggi questo tempo e questo spazio si sono chiusi definitivamente e non certo per colpa mia: semmai, proprio per colpa di chi quelle critiche al dirittumanismo non ha voluto ascoltare e si ritrova oggi il populismo reattivo in casa. Le posizioni del Manifesto o di Jacobin sono emblematiche di chi ha provocato reazioni populiste a manetta e se ne stupisce, invece di guardarsi allo specchio.

Il fatto che oggi io critichi i comunisti per Salvini, quindi, non toglie allora che i principali responsabili dell'emergere dei comunisti per Salvini siano proprio le posizioni tipo Manifesto e Jacobin, le quali nella loro astrattezza si configurano come delle vere e proprie provocazioni.
I primi colpevoli sono proprio questi, i quali tra l'altro non hanno imparato niente e continuano imperterriti a provocare, pensando in tal modo di ottenere chissà cosa. 
Invece, nell'ignoranza generalizzata e nella mancanza di ogni orientamento politico, è normale che a provocazioni si risponda in forma reattiva e cioè passando dall'universalismo aggressivo alla apologia dell'egoismo più bieco. Finché ci saranno il Manifesto e Jacobin ci saranno dunque sempre l'Antidiplomatico e Marx XXI.

Accade oggi ciò che è sempre accaduto nella storia: quando l'universalismo e il principio dei diritti umani diventano astratti e ideologici, la prima reazione è quella della negazione dell'universalismo. Così avvenne quando la Francia rivoluzionaria con Napoleone decise di esportare i principi della rivoluzione con le armi: gli intellettuali tedeschi giacobini diventarono in massa voelkisch, cioè populisti. Così accadde in Est Europa sotto la coercizione sovietica.
Reagire alla dialettica dell'universalismo in maniera razionale, e cioè con una negazione determinata che neghi l'aggressività e si tenga l'universalismo, è il segreto del marxismo. E richiede una consapevolezza che oggi è rara.

E accade anche al contrario purtroppo. Le critiche che io e altri rivolgiamo a chi infama Greta con questi argomenti vengono prese dagli infamatori salviniani e rozzobruni come un appoggio incondizionato al dirittumanismo e all'irenismo del pensiero liberal: chi non insulta Greta è immediatamente e indiscutibilmente Greta ed è un povero ingenuo asservito ai poteri forti. O con me o contro di me perché per questi c'è sempre una contraddizione principale che ti obbliga a schierarti ed è quella che piace a loro.

In realtà non è affatto così. Le strategie della società dello spettacolo sono ben conosciute e sostenere che i problemi all'ordine del giorno siano problemi reali non significa affatto schierarsi con una soluzione borghese di questi problemi.

Io cerco di richiamare all'autonomia. Autonomia dai liberal ma anche dai conservatori e dai reazionari.

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