venerdì 25 dicembre 2009

Chi decide della santità altrui?

Ovviamente il problema non è la santità di Pio XII, che come tale interessa i credenti ma è indifferente per chi non è cattolico: il problema è tutto storico e di conseguenza tutto politico. E non riguarda la storia e la politica degli anni remoti della Seconda guerra mondiale ma la storia e la politica del presente. Di un presente fatto di lager a cielo aperto (Gaza) e di piccole guerre totali accettate dalla coscienza dell'opinione pubblica mondiale come se nulla fosse.
C'è oggi chi domina con la stessa perizia il senso di colpa e i mass media. Di fronte alle ingerenze e alle prepotenze di chi ritiene che tutto gli sia consentito e che, con crescente insistenza e in ogni campo, si erge a tribunale morale e persino teologico, allora, è giusto per chi si richiama al materialismo storico difendere l'autonomia e anche il ruolo oggettivo della chiesa cattolica, anche se pochi apprezzeranno. Il discorso sarebbe lungo perché il problema è complesso. E' ancora troppo poco conosciuto il ruolo di Woytila nella sconfitta del socialismo reale. Ma la fase è mutata e nel contesto della secolarizzazione capitalistica trionfante il cattolicesimo di Ratzinger si sente - giustamente - assediato. Questo comporta spesso reazioni scomposte e non condivisibili ma comporta anche possibili sintonie, oggettive e positive, con altre culture discriminate e contribuisce a ostacolare chi vorrebbe ardentemente uno scontro di civiltà perché brama lo sterminio di qualche milione di arabi.
La sinistra - una cosa peggiore della quale c'è probabilmente solo la destra - non sembra capire. Priva di bussola, il suo problema è strumentalizzare la chiesa cattolica quando questa condanna i bombardamenti e denunciarne gli sconfinamenti politici quando si tratta di aborto o eutanasia o scuole confessionali.  Nel frattempo i problemi reali di un mondo percorso dalle migrazioni dei popoli e da imponenti spostamenti nei suoi rapporti di forza sono lì, in tutta evidenza.
Certo, la chiesa cattolica è stata un problema per l'Italia. Ma proviamo a ribaltare il ragionamento: ho l'impressione che senza di essa e la sua funzione moderatrice, in un paese come questo - e pensiamo ad esempio al fascismo -, sarebbe andata ancora peggio. Preferisco allora Avvenire ai luooghi comuni del Manifesto, un giornale che sembra del tutto inconsapevole di ciò che gli accade attorno [SGA].

                       

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