mercoledì 9 giugno 2010

L'URSS e la questione ebraica

Questa accusa rilanciata adesso dal Giornale ritorna periodicamente. Riporto qui di seguito un passaggio del libro di Domenico Losurdo su Stalin (Storia e critica di una leggenda nera, Laterza), rinviando in particolar modo al cap. V [SGA].

Tanto più singolare è l’accusa di antisemitismo rivolta a Stalin, per il fatto che egli risulta impegnato nella denuncia di questa infamia praticamente in tutto l’arco della sua evoluzione. Lo vediamo già nel 1901, quando è ancora un giovane rivoluzionario georgiano di ventidue anni, in uno dei suoi primissimi scritti indicare tra i compiti più importanti del «partito socialdemocratico» la lotta contro l’oppressione che pesa in Russia sulle «nazionalità e le confessioni religiose». Ad essere colpiti in modo particolare sono «gli ebrei, continuamente perseguitati ed offesi, privati perfino di quei miseri diritti di cui godono gli altri sudditi russi: il diritto di libero domicilio, il diritto di frequentare le scuole, il diritto di occupare degli impieghi, ecc.» . Qualche anno dopo scoppia la rivoluzione del 1905: il regime zarista reagisce incoraggiando o scatenando i pogrom. Stalin non perde tempo a chiamare alla lotta contro una politica che cerca di cementare l’autocrazia «col sangue e coi cadaveri dei cittadini». La conclusione è netta: «L’unico mezzo di sradicare i pogrom è la distruzione dell’autocrazia zarista» . Come si vede, la persecuzione antiebraica è uno dei capi d’accusa più importanti nella requisitoria pronunciata contro l’antico regime che la rivoluzione è chiamata a rovesciare.
E’ un motivo ulteriormente sviluppato negli anni successivi. Alla vigilia della prima guerra mondiale il carattere di «paese semiasiatico» della Russia zarista viene dimostrato a partire dalla persecuzione particolarmente odiosa scatenata contro gli ebrei; disgraziatamente, il ricorso ai pogrom è favorito dalla «generale propensione della gente comune per l’antisemitismo» . Il crollo del potere dello zar e della vecchia «aristocrazia fondiaria» – osserva poi Stalin tra il febbraio e l’ottobre 1917 – consente finalmente di liquidare una politica di «oppressione nazionale» che «poteva assumere, ed effettivamente assumeva le forme mostruose del massacro e del pogrom» .
Sconfitto in Russia, l’antisemitismo diventa una minaccia sempre più angosciosa in Germania. Per lanciare l’allarme Stalin non attende l’avvento di Hitler al potere: in una dichiarazione rilasciata il 12 gennaio 1931 alla statunitense «Jewish Telegraph Agency», egli bolla lo «sciovinismo razziale» e l’antisemitismo come una sorta di «cannibalismo» e di ritorno alla «giungla»; è una presa di posizione ripubblicata in russo sulla «Pravda» del 30 novembre 1936, in un momento in cui si tratta di mettere in guardia i governi e l’opinione pubblica mondiale contro la minaccia terribile che incombe sull’Europa e sul mondo .

UGO FINETTI, GIORNALE del 8/6/2010 a pag. 29

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