venerdì 9 luglio 2010

La politica estera fascista

La tesi di una svolta sostanziale nella politica estera fascista (che si accompagna, nelle intenzioni di Francesco Perfetti e della scuola di De Felice, al tentativo di ridimensionare le colpe del fascismo limitandole alla questione delle leggi razziali e dell'ingresso nella Seconda guerra mondiale) non è convincente. Esiste una continuità colonialista e razzista del fascismo, spesso negata da chi - come sosteneva già Carl Schmitt - non considera le guerre coloniali come imprese degne di questo nome ma come semplici operazioni di polizia, in quanto rivolte a spazzare via popoli che non hanno raggiunto il rango di Stato nazionale [SGA].

Mario Luciolli: Mussolini e l'Europa. La politica estera fascista, Le Lettere 2010

Pubblicato alla fine del 1945 con lo pseudonimo di Mario Donosti questo volume è stato il primo tentativo di ricostruzione storica della politica estera del fascismo scritto con un equilibrio che ne ha reso le conclusioni ancora valide a distanza di tanti decenni. Particolarmente attenta è l'analisi del periodo 1938-1943, durante il quale l'autore poté seguire direttamente dal Gabinetto del Ministro genesi e svolgimento degli eventi internazionali. Secondo l'autore, la politica estera di Mussolini si giostrò in un'alternanza «di gesti bellicosi e di conati di pace» e si avviò lentamente ma inesorabilmente verso «l'autoincapsulamento» e «l'impotenza diplomatica»: fu la risultante di una profonda contraddizione fra il desiderio mussoliniano di voler svolgere una funzione importante in campo internazionale e lo «spirito antinternazionalista» del fascismo con la sua ripugnanza nei confronti di ogni forma di collaborazione internazionale. Questa politica estera finì per acquistare una connotazione sempre più ideologica, lontana dagli interessi nazionali e proclive a soluzioni conflittuali.

L'ANNO IN CUI IL DUCE TRADI' SE STESSO
SERGIO ROMANO, CORRIERE DELLA SERA del 8/7/2010 a pag. 39

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