domenica 1 agosto 2010
Ristampate le Polemiche di Céline
Louis-Ferdinand Céline, Polemiche. 1947-1961, Guanda, Parma
Perché Louis-Ferdinand Céline è stato forse lo scrittore più amato, aborrito, e comunque discusso, del Novecento? Le sette interviste raccolte in questo volume (apparse su riviste, a volte semplicemente registrate e pubblicate postume nella stessa Francia) gettano luce su tutti gli aspetti del «caso Céline». Estese lungo un arco temporale che dall’immediato dopoguerra giunge fino all’anno di morte dell’autore, esse ci mostrano, da parte degli intervistatori, una grande varietà di atteggiamenti.
Se François Nadaud sembra affrontare lo scrittore secondo un partito preso di condanna, affiora nelle parole di François Gillois la commozione di chi aveva sognato sulle pagine di Viaggio al termine della notte. Se l’intervista di Chambri appare un po’ troppo schierata dalla parte del romanziere, la lunga conversazione tra Céline e Francine Bloch assume toni più amabili e rilassati. Ma è proprio tale diversità a fornirci un’immagine completa dell’autore, a indicarci il senso più profondo di certe vicende. Di rivelano un toccante ritratto: dall’esilio politico in Danimarca a quello «morale» nella periferia parigina, Céline è «messo a nudo» innanzitutto come uomo, con le sue difficoltà materiali, le sue ossessioni, il suo senso di persecuzione, i suoi tormentati slanci.
Dall'Introduzione di Ernesto Ferrero
"A saperlo prendere, Céline è l’intervistato ideale. Caustico, risentito, pirotecnico, imprevedibile, spesso esilarante. I suoi bersagli sono molti ma in un certo senso correlati tra loro: detrattori («astiosi, inaciditi, venduti e rivenduti, arraffati, raccattati») e nemici storici (in primo luogo Sartre, che lo aveva accusato ingiustamente d’essere stato al soldo dei nazisti), gli opportunisti dell’era Pétain e del dopoguerra, l’intera società letteraria, colpevole di conformismo ipocrita e complicità mafiose, «gli ottocentomila scrittori d’oggi e le loro pallide cose tutte eguali», il degrado morale della società francese, il declino dell’Europa, il «pericolo giallo», l’inglese, la lingua del commercio che finirà per appiattire tutto."
da Centro Studi La Runa: Céline in Italia
CELINE PARLA COME SCRIVE, E A OGNI SUA FRASE SI PROCURA UN NUOVO NEMICO
ALFONSO BERARDELLI, FOGLIO del 31/7/2010 a pag. 2
Perché Louis-Ferdinand Céline è stato forse lo scrittore più amato, aborrito, e comunque discusso, del Novecento? Le sette interviste raccolte in questo volume (apparse su riviste, a volte semplicemente registrate e pubblicate postume nella stessa Francia) gettano luce su tutti gli aspetti del «caso Céline». Estese lungo un arco temporale che dall’immediato dopoguerra giunge fino all’anno di morte dell’autore, esse ci mostrano, da parte degli intervistatori, una grande varietà di atteggiamenti.
Se François Nadaud sembra affrontare lo scrittore secondo un partito preso di condanna, affiora nelle parole di François Gillois la commozione di chi aveva sognato sulle pagine di Viaggio al termine della notte. Se l’intervista di Chambri appare un po’ troppo schierata dalla parte del romanziere, la lunga conversazione tra Céline e Francine Bloch assume toni più amabili e rilassati. Ma è proprio tale diversità a fornirci un’immagine completa dell’autore, a indicarci il senso più profondo di certe vicende. Di rivelano un toccante ritratto: dall’esilio politico in Danimarca a quello «morale» nella periferia parigina, Céline è «messo a nudo» innanzitutto come uomo, con le sue difficoltà materiali, le sue ossessioni, il suo senso di persecuzione, i suoi tormentati slanci.
Dall'Introduzione di Ernesto Ferrero
"A saperlo prendere, Céline è l’intervistato ideale. Caustico, risentito, pirotecnico, imprevedibile, spesso esilarante. I suoi bersagli sono molti ma in un certo senso correlati tra loro: detrattori («astiosi, inaciditi, venduti e rivenduti, arraffati, raccattati») e nemici storici (in primo luogo Sartre, che lo aveva accusato ingiustamente d’essere stato al soldo dei nazisti), gli opportunisti dell’era Pétain e del dopoguerra, l’intera società letteraria, colpevole di conformismo ipocrita e complicità mafiose, «gli ottocentomila scrittori d’oggi e le loro pallide cose tutte eguali», il degrado morale della società francese, il declino dell’Europa, il «pericolo giallo», l’inglese, la lingua del commercio che finirà per appiattire tutto."
da Centro Studi La Runa: Céline in Italia
CELINE PARLA COME SCRIVE, E A OGNI SUA FRASE SI PROCURA UN NUOVO NEMICO
ALFONSO BERARDELLI, FOGLIO del 31/7/2010 a pag. 2
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