venerdì 10 giugno 2011
Il nuovo libro di Francesco Germinario sull'antisemitismo
Da questo libro, tuttavia, sembra completamente scoparsa la tradizione coloniale europea e fortissimo sembra il richiamo del giudeocentrismo [SGA].
Francesco Germinario: Argomenti per lo sterminio. L'antisemitismo e i suoi stereotipi nella cultura europea (1850-1920), Einaudi, Torino 2011
L’antisemitismo è oggi la repellente e incomprensibile ideologia di pochi estremisti, condannati da tutto il mondo. Ma c’è stato un mondo non così lontano da noi che ha considerato l’antisemitismo una scuola di pensiero del tutto legittima, quando non una risposta giusta ai problemi della modernità. Tra Otto e Novecento si sviluppò in Europa una nutritissima bibliografia che mirava a identificare e a condannare l’elemento ebraico nella società, costruendo una vera e propria cultura dell’antisemitismo che non era solo per pochi zeloti, ma per un pubblico ampio benché colto. Questo studio ricostruisce l’articolata trama del pensiero antisemita, che attraverso l’elaborazione di molteplici e rivelatori stereotipi ha cercato identificare e di combattere l’ebreo e la degenerazione di cui era considerato il portatore. Un’elaborazione che costituisce lo sfondo su cui il totalitarismo novecentesco costruirà la Shoah.
Fra la prima metà dell'Ottocento e gli inizi del Novecento in Europa si afferma una cultura che procede sicura nella razzizzazione della figura dell'ebreo. È il caso di dire che la cultura «alta» - espressa da scrittori, scienziati sociali, medici e famosi pubblicisti - legittima gli atteggiamenti dell'antisemitismo militante, impegnati nelle agitazioni di piazza. Ecco perché, vista dall'angolazione delle rampe di selezione di Auschwitz-Birkenau, la cultura europea non può rivendicare patenti di immunità o di innocenza. La cultura politica antisemita ha agito semmai da amplificatore di giudizi e atteggiamenti antiebraici, che settori consistenti di intellettuali europei avevano elaborato al chiuso dei loro studi. Sul piano storiografico bisogna allora chiedersi se il nazismo non potesse presentarsi quale erede di determinati filoni e atteggiamenti culturali e «scientifici», ampiamente diffusi nella cultura europea dei decenni precedenti.
ANNA FOA, AVVENIRE del 9/6/2011 a pag. 28
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