domenica 17 luglio 2011

L'attentato a Heydrich nel 1942: un romanzo

Laurent Binet, HHhH. Il cervello di Himmler si chiama Heydrich, Einaudi, Torino 2011

Praga 27 maggio 1942. La curva di una strada appena fuori città. L'attesa. Lo Sten che si inceppa e la bestia bionda è in piedi, arma in pugno. Poi, una bomba a mano esplode, la Mercedes decappottabile viene colpita e Reynard Heydrich, uno degli uomini più potenti del Reich, cade a terra. Jan e Jozef fuggono, si nascondono in città. Fino a quando l'umida cripta di una chiesa li accoglie, ultima culla della loro vita...

HHhH è l’acronimo SS di Himmlers Hirn heisst Heydrich, che tradotto dal tedesco significa il cervello di Himmler si chiama Heydrich.

Chi è Himmler? Heinrich Himmler è il braccio destro di Adolf Hitler. È uno dei più importanti gerarchi nazisti. Prima comandante della polizia e delle forze di sicurezza della Germania nazista (RSHA), poi Ministro dell’Interno.

E chi è Heydrich? Reinhard Heydrich è l’esempio perfetto dell’ariano nazista perfetto. Alto, biondo, dal fisico prestante, sportivo, freddo e spietato. Una “bestia bionda”, anche se, ovviamente e stranamente, di origine ebraica. Con una passione assoluta per Adolf Hitler e per la soluzione finale della questione ebraica, sulla quale tiene anche una conferenza in cui viene pianificata. Consigliere di Himmler e Governatore del Protettorato di Boemia e Moravia, per le sue continue repressioni e persecuzioni continue a cui sottoponeva i nemici, e a causa del suo atteggiamento e delle sue maniere truci e assassine, è soprannominato der Henker, il boia.

“HHhH. Il cervello di Himmler si chiama Heydrich”, è il libro vincitore del Prix Goncourt du premier roman 2010, e il primo romanzo di Laurent Binet, professore parigino di 37 anni.

La storia è quella dell’attentato del 27 maggio 1942 a Reinhard Heydrich, da parte di due soldati cecoslovacchi, inviati e paracadutati in segreto, mesi prima a Praga da Londra, città nella quale da dopo l’occupazione tedesca risiedeva in esilio il governo cecoslovacco. Il libro non è solo la sempre difficile cronaca di un fatto storico, ma una serie di riflessioni e rimandi che arricchiscono il romanzo fino a quasi confonderlo con un saggio narrativo, che fa meditare a lungo su cosa voglia dire raccontare in un romanzo la storia.
Raccontare di Jan Kubis e Jozef Gabcik, i due attentatori, che dopo due falliti tentativi, riescono a guardare in faccia Heydrich, seduto in un’auto decappottabile per le vie della sua Praga occupata. Raccontare di Jozef Gabcik che con un mitragliatore in mano, prova a sparagli, ma l’arma si inceppa. E che Jan Kubis allora gli lancia dentro la macchina una bomba a mano, che esplode e ferisce “il boia”. Ma Heydrich riesce a uscire dall’auto per cercare di sparare agli attentatori. Ma presto si accascia in strada, ferito, e sviene. Portato all’ospedale di Praga, muore la settimana seguente, a causa delle infezioni dovute alle ferite provocate dalle schegge della bomba esplosa.
La rappresaglia nazista contro gli attentatori è terribile. Una punizione che comincia con un villaggio completamente raso al suolo. I suoi abitanti, uccisi o deportati nei campi di sterminio. Jan Kubis e Jozef Gabcik si rifugiano in una cripta di una chiesa del centro di Praga, ma vengono traditi e scoperti, e dopo ore di resistenza, decidono di suicidarsi, piuttosto che cadere in mano dei nazisti.

GIANCARLO MANCINI, IL RIFORMISTA del 8/7/2011 a pag. 13








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