venerdì 7 ottobre 2011

Torna il libro di Malaparte sul colpo di Stato

Curzio Malaparte: Tecnica del colpo di Stato, Piccola Biblioteca Adelphi, Milano 2011

Uscito per la prima volta in Francia nel 1931 grazie alla mediazione di Daniel Halévy (e in Italia solo nel 1948), immediatamente commentato da Trockij, bruciato dai nazisti sulla piazza di Lipsia e costato al suo autore l’arresto e il confino a Lipari per «manifestazioni di antifascismo compiute all’estero», Tecnica del colpo di Stato, spietata dissezione delle varie tipologie di golpe e delle loro costanti, viene subito avversato da tutti. Sta di fatto che ancor oggi lo si legge d’un fiato: non solo per l’«attualità» della sua analisi di ingegneria politica, ma soprattutto per lo stile, insieme icastico e concitato, geometrico e visionario, dove Malaparte sembra assumere le cadenze di un allievo di Tacito. Stile che risalta in tutte le sequenze su trionfi e fallimenti del golpismo classico, a partire dalla violenta «campagna di stampa» con cui Cicerone smaschera la congiura di Catilina, ma che tocca l’acme nelle ricostruzioni dei colpi di Stato dei primi decenni del secolo scorso, come nelle pagine sulla imminente rivoluzione a Pietrogrado, con le «dense nuvole nere sulle officine di Putilow» cui si contrappone la nebbia rossastra del sobborgo di Wiborg dove si nasconde Lenin. E nella parte finale spiccano, ritratti con rara vividezza, i volti e le psicologie degli autocrati a capo dei vari totalitarismi: Stalin, «barbaro dall’intelligenza fisica e istintiva, allo stato di natura, senza pregiudizi d’ordine culturale o morale»; Mussolini, antitesi di quegli antichi romani o condottieri rinascimentali cui viene assimilato dalle apologie dei Plutarchi ufficiali, malati «di eloquenza, di retorica e di letteratura»; e Hitler, «spirito profondamente femminile», che maschera con la brutalità «la sua mancanza di energia, le sue debolezze sorprendenti, il suo egoismo morboso, il suo orgoglio senza risorse».

PALIAGA SIMONE, LIBERO del 6/10/2011 a pag. 33

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