giovedì 17 novembre 2011

Il riTORNO del «virtuosista». Nunzio Dell'Erba sul "Mito virtuista" di Pareto e Armando Torno

di NUNZIO DELL’ERBA

La presentazione del libro Il mito virtuista e la letteratura immorale (Bernado Lux, Roma 1914) da parte di Armando Torno («Corriere della Sera», 14 novembre 2011, p. 37) prende spunto da una sua riedizione per iniziativa di Franco Debenedetti e dell’editore «Liberilibri». Com’è abitudine del quotidiano milanese, i libri sono presentati o recensiti prima di essere distribuiti nelle librerie in un’operazione culturale poco congrua sul piano scientifico e poco rispettosa dei suoi lettori. Ne è un esempio emblematico la presentazione del volume Il mito virtuista, edito per la prima volta in francese (Rivière, Paris 1911) e ristampato varie volte in Italia nell’edizione riveduta e ampliata dallo stesso Pareto: lo si ritrova per esempio nei suoi Scritti sociologici (prefazione e cura di G. Busino, UTET, Torino 1966, pp. 481-652) o nella raccolta antologica su Pareto (a cura di F. Ferrarotti, Mondadori, Milano 1973, pp. 143-169). Ma non sembra che l’articolista lo abbia mai letto per le superficiali osservazioni e le fugaci notizie che dà sul volume, certamente non definibile «un testo classico» e certamente non catalogabile tra le opere maggiori di Pareto. L’articolista mette in rilievo infatti aspetti del suo pensiero, che esulano dal contenuto come la distinzione tra azioni logiche e azioni non-logiche o la polemica con Benedetto Croce, che non c’entrano nulla con le posizioni che Pareto assume contro la letteratura immorale e la legislazione proibizionista, di cui si fa portavoce il presidente del Consiglio Luigi Luzzatti. Con il termine «virtuismo» Pareto intende sviluppare una critica verso i censori moderni, che si ergono a paladini della morale pubblica a detrimento delle più elementari espressioni della libertà individuale. Non per questo egli – come sostiene Torno – può essere definito «libertario», ma un intellettuale consapevole della trasformazione dei valori morali, e della loro opinabilità alla stregua della religione e della politica.

Sula scia di questo principio Pareto dà alle stampe il volume, che – come ha scritto Busino nella prefazione succitata (p. 41) – fu dettato dalla curiosità per i fatti contemporanei e dall’interesse che egli mostrava per la cronaca nera e giudiziaria. Anzi si può affermare che il libro nacque dall’attenzione che Pareto rivolse al romanzo Quelle signore (1904) e al processo che il suo autore Umberto Notari (1878-1950) subì per oltraggio al pudore nel 1906 e nel 1911. Le due sentenze si ritrovano nell’edizione del 1914 e sono riportate in quella del 1966, insieme alla Circolare Luzzatti sulle pubblicazioni pornografiche: notizie che Torno –oltre ad attribuire al curatore – non collega ai processi Notari, riportando in modo diverso il commento di Pareto che recita testualmente: «Qui riproduciamo la sentenza di uno di questi processi in cui si vedrà incriminata la riproduzione di ”due brani tolti una dalla Bibbia e uno dal

Dialogo delle prostitute di Luciano”». Da buon «virtuista» e moderno moralista, Torno non fa alcun cenno alla vicenda Notari, al suo anticlericalismo (scrisse un libro intitolato Il Maiale nero. Rivelazioni e documenti, s.d. copia in nostro possesso) e all’interesse mostrato da Pareto allo scrittore bolognese in una coincidenza di vecchio e nuovo nella linea editoriale del quotidiano milanese, che – a differenza de «La Stampa» definita dai torinesi «la busiarda» – non riporta le notizie in modo corretto, ossia non adultera i fatti, ma li utilizza a suo piacimento.




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