Fu un libro culto fin dalla sua apparizione, sul finire del 1961, per i tipi di Maspéro, I dannati della terra, lucidissima analisi del sistema coloniale e delle lotte di liberazione del Terzo Mondo, in Italia tradotto da Einaudi. La polizia ne ordinò il sequestro in quanto «minaccia alla sicurezza dello Stato», anche perché ne firmava la prefazione il «maître-à-penser» dell’epoca Jean-Paul Sartre, all’apice della gloria e della popolarità. In un ventennio vendette 160mila copie e lo tradussero in 19 lingue, e al suo autore Frantz Fanon, trentaseienne neuropsichiatra di origine martinicana, si dedicarono ben sei biografie. Ma lui non poté assaporare il successo, né celebrare, pochi mesi dopo, l’indipendenza dell’Algeria, causa per la quale aveva tanto combattuto e scritto: ammalato di leucemia, si spense il 6 dicembre del 1961, dopo essere riuscito a malapena a correggere le bozze del volume, portategli personalmente dall’editore nell’ospedale di Washington in cui si trovava ricoverato.
martedì 13 dicembre 2011
40 anni da "I dannati della terra"
Frantz Fanon, eroe dell’anticolonialismo nel nome della libertà
Nel 1961 uscì «I dannati della terra»: fu un libro culto. A 50 anni dalla morte Martinica, Algeria e Francia ricordano lo scrittore Le accuse. Il volume fu sequestrato: una minaccia per lo Stato
di Anna Tito l’Unità 12.12.11 da Segnalazioni
Fu un libro culto fin dalla sua apparizione, sul finire del 1961, per i tipi di Maspéro, I dannati della terra, lucidissima analisi del sistema coloniale e delle lotte di liberazione del Terzo Mondo, in Italia tradotto da Einaudi. La polizia ne ordinò il sequestro in quanto «minaccia alla sicurezza dello Stato», anche perché ne firmava la prefazione il «maître-à-penser» dell’epoca Jean-Paul Sartre, all’apice della gloria e della popolarità. In un ventennio vendette 160mila copie e lo tradussero in 19 lingue, e al suo autore Frantz Fanon, trentaseienne neuropsichiatra di origine martinicana, si dedicarono ben sei biografie. Ma lui non poté assaporare il successo, né celebrare, pochi mesi dopo, l’indipendenza dell’Algeria, causa per la quale aveva tanto combattuto e scritto: ammalato di leucemia, si spense il 6 dicembre del 1961, dopo essere riuscito a malapena a correggere le bozze del volume, portategli personalmente dall’editore nell’ospedale di Washington in cui si trovava ricoverato.
TERZOMONDISMO
I dannati della terra in un baleno s’impose come il manifesto del «terzomondismo», causando polemiche a non finire, scandalizzando la destra e alimentando la cattiva coscienza della sinistra, che manteneva posizioni ambigue sulla questione dell’indipendenza algerina. Fanon sembrò incarnare lo «spirito profetico della rivoluzione del terzo mondo» e alla sua figura si appellarono in tanti, negli anni ’60 e ’70, dagli afroamericani agli avversari della guerra in Vietnam e ai partigiani del Che Guevara. I suoi detrattori, invece, lo bollarono come «angelo sterminatore», e lo accusarono di aver teorizzato la «necessità della violenza» da parte delle popolazioni colonizzate. Per un paio di decenni successivi I dannati della terra fu bollato come «un libro fuori tempo», «superato», anche per via del fatto che sono venuti alla luce altri aspetti degli ideali dell’epoca, quali il fanatismo, l’intolleranza e la corruzione. Per Bernard Henri Lévy l’opera di Fa-
non alimentò le tesi sostenute da «movimenti oscurantisti», da «generazioni di assassini logici» per giustificare i loro crimini. Dopo circa tre decenni di oblio, le sue tre patrie Martinica, Algeria e Francia oggi, a 50 dalla scomparsa, riscoprono Frantz Fanon. E lo si ricordano alla grande: France Culture gli rende omaggio con una serie di trasmissioni dedicate allo «scrittore e pensatore impegnato, eroe dell’anticolonialismo» e La Découverte riedita la sua opera omnia, a partire dal primo saggio, Peau noire, masques blancs (1952, tradotto da Comunità nel 2000), indagine psicanalitica d’avanguardia sul complesso d’inferiorità che spinge il nero ad assimilarsi al bianco. In Martinica, sua terra d’origine, a lungo lo si è ignorato: se a Fort-de-France un viale porta il suo nome, in questa colonia che ha scelto la via dell’«assimilazione» per diventare un dipartimento francese, la figura di Fanon, combattente per la liberazione nazionale e militante, in terra algerina, per l’indipendenza, creava non poco imbarazzo; una prima, timida apertura si intravede con la pubblicazione, a Fort-de-France, di Frantz Fanon et les Antilles.
Anche l’Algeria sembra finalmente ricordarsi del suo impegno: appare Frantz Fanon et l’Algérie, numero speciale della rivista «Algérie/Littérature/Action». A rigor di logica, l’Algeria avrebbe dovuto venerare come un eroe lo psichiatra impegnato nel Fln che nel 1959, in L’An V de la Révolution algérienne denunciò l’ostinazione dei coloni nel proibire alle donne algerine di portare il velo. Tutt’altro: un nero, straniero e agnostico inevitabilmente risulta sgradito ai nazionalisti arabo-islamici. Insomma, Fanon, «uomo nel mondo», a chi appartiene? Nota Le Monde: «non sarà anche lui un dannato?».
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