sabato 31 dicembre 2011
Consolazioni liberiste
Manca purtroppo, e mancherà ancora per un lunghissimo tempo, una nuova forma di controegemonia in grado di far vergognare i liberisti che scrivono cose come queste dopo i disastri che hanno compiuto [SGA].
Torna di moda l'Alveare di Mandeville. La crisi si supera solo con le passioni
di Giuseppe Bedeschi Corriere della Sera Corriere della Sera 31.12.11 da http://www.segnalazioni.blogspot.com/
Torna di moda la grande metafora delineata da Bernard de Mandeville nella Favola delle api (1714) a proposito del funzionamento della società, che fece inorridire filosofi e moralisti (Hutcheson, Berkeley, Rousseau, ecc.). Infatti il medico olandese aveva sostenuto nel suo poemetto che le grandi società non si fondano sulla probità e sulla virtù, bensì sulle passioni e sui vizi degli uomini. Così avveniva nel grande alveare da lui rappresentato, in cui l'industria e il commercio prosperavano perché alimentati dall'egoismo, dalla superbia, dalla ricerca del lusso, e in generale dalle passioni delle innumerevoli api. Le quali, del tutto ignare dei veri motivi della loro prosperità, a un certo punto pregarono gli dei di liberarle dai loro vizi. Gli dei le accontentarono, ma, insieme ai vizi delle api, scomparve anche il loro benessere, e il grande alveare divenne un piccolo alveare, in cui si viveva una vita virtuosa sì, ma assai povera, di pura sussistenza. La morale della favola, ricordata ieri da Samuel Brittan sul Financial Times, era che bisognava essere consapevoli che i public benefits derivano sempre dai private vices. Scriveva infatti Mandeville: «Cessate dunque di lamentarvi: soltanto i pazzi si sforzano di far diventare onesto un grande alveare».
La grande metafora di Mandeville appariva provocatoria e cinica. Ma Adam Smith, nella Ricchezza delle nazioni, esprimerà concetti non troppo dissimili quando scriverà che «l'uomo ha un bisogno quasi costante dell'aiuto dei suoi simili, ma non può aspettarselo soltanto dalla loro benevolenza», e che potrà conseguirlo più probabilmente se riuscirà a volgere il loro egoismo a suo favore, e se riuscirà a mostrare che per loro è vantaggioso ciò che egli richiede. «Non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio — dirà Smith — che ci aspettiamo il nostro desinare, ma dalla considerazione del loro interesse personale. Non ci rivolgiamo alla loro umanità ma al loro egoismo, e parliamo dei loro vantaggi e mai delle nostre necessità».
In tempi a noi più vicini il grande pensatore liberale Friedrich von Hayek riprenderà l'ispirazione di Mandeville (e di Smith) per ribadire la propria idea centrale: che nessun individuo e nessun gruppo di individui può pianificare la società, la quale risulta dalle infinite azioni di un numero elevatissimo di persone. Il risultato di tutto ciò sarà soddisfacente (e anche molto soddisfacente) solo se ognuno potrà perseguire, nel modo che ritiene migliore (cioè secondo le proprie idee ma anche secondo le proprie passioni) il proprio vantaggio.
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