Crisi della cultura di massa, postmodernismo e necessità della menzogna
1) Involgarimento della cultura?
[…] La denuncia della questione morale in Italia si fa, da parte di numerosi intellettuali che non esitano a dichiararsi progressisti, sempre più accorata e si concentra in particolare sulla crisi di senso che essa proietta sulle parole-chiave del nostro lessico civile e politico ma anche sul linguaggio quotidiano, deformato da una semplificazione brutale e da un involgarimento senza precedenti . Non è difficile capire che questi fenomeni così macroscopici sono indice di un più generale stato di crisi e di frattura, prima ancora che del costume pubblico e privato, dei valori condivisi dalla comunità, della cultura nazionale e delle stesse condizioni di una convivenza civile dignitosa […] Rispetto al dibattito oggi in corso mi sembra però necessario introdurre alcuni distinguo. In maniera diretta o indiretta, infatti, gli interventi che più eco hanno avuto riconducono per lo più questa consunzione delle parole, dell’etica e delle relazioni sociali alla presenza deleteria e corruttrice di Berlusconi – e cioè di una nuova forma di potere personalistico e incolto, che nel suo conflitto d’interessi permanente si ritiene al di sopra di ogni legge e pretende di riplasmare anche i significati consolidati portandoli al proprio infimo livello -, o al massimo al “berlusconismo” – inteso genericamente nel suo versante culturale e comunicativo come estrema riedizione dei peggiori vizi italici, dal pressappochismo superficiale all’opportunismo egoista.
Al di là dei rischi di strumentalità impliciti in operazioni che non nascondono il loro intento politico immediato, legittimo ma parziale, questa analisi appare insufficiente. Bisogna infatti dire che Berlusconi e ancor più il berlusconismo e la videocrazia ad esso connessa sono anzitutto espressione di una trasformazione della società italiana in corso ormai da diversi decenni, oltre che attori influenti di questa trasformazione stessa. Ed è perciò dubbio il fatto che, rimosso il colpevole o il correo, il problema svanirebbe come per magia e lo stato della cultura o dell’etica pubblica nazionale tornerebbe ad un’improbabile aurea normalità. Quella parte del paese che respinge l’attuale configurazione neobonapartistica del potere - sebbene non riesca ad aggregarsi in un blocco sociale alternativo di pari compattezza ed efficacia politica - può dirsi poi così immune da quelle forme di “corruzione” linguistica, culturale e persino etica che imputa all’avversario? Esiste in Italia una vera divaricazione antropologica, come qualcuno pensa, o siamo piuttosto di fronte a un problema che riguarda tutti noi, visto che – come sanno gli studiosi del linguaggio – siamo parlati tanto quanto siamo in grado di parlare e, aggiungerei, siamo completamente immersi in un mondo culturale che ci costituisce con la sua egemonia e che non potremo mai padroneggiare nella sua interezza?
E’ avvenuta, in altre parole, una cesura nell’ambito della sfera ideologica. Uno scarto che ha completamente cambiato il terreno di gioco e che, per essere fronteggiato in maniera non subalterna, deve anzitutto essere compreso nella sua natura e nei suoi rapporti con i mutamenti sociali ed economici (il lungo ciclo restaurativo neoliberale ancora in corso) e con quelli politici (la sconfitta netta, nell’ultimo scorcio del XX secolo, del progetto di trasformazione della realtà di cui erano state protagoniste le classi subalterne novecentesche e, più in generale, gli esclusi dal riconoscimento e dallo spazio sacro della civiltà liberale)…
Continua su "Marxismo Oggi" 1-2/2011.
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