La biblioteca di Borges
domenica 15 gennaio 2012
Catalogati i libri che Borges lesse e donò alla biblioteca nazionale argentina
Laura Rosato y Germán Álvarez: Borges, libros y lecturas, Ediciones BN, Buenos Aires
La biblioteca di Borges
Note a margine sulla mia Babele
di Maurizio Ferraris Repubblica 15.1.12 da Segnalazioni
Buenos Aires. La Biblioteca Nazionale di Buenos Aires non è più quella che aveva conosciuto Jorge-Luis Borges (1899-1986) a Calle México, nel quartiere di San Telmo. È un edificio moderno nel quartiere della Recoleta che ricorda vagamente il bunker antiaereo dello zoo di Berlino, e ha vicende poco meno militari, giacché il terreno su cui sorge era quello della residenza di Perón, distrutta insieme ad altre vestigia del regime dopo il 1955. Dopo varie vicissitudini, fu alla fine inaugurata nel 1992 da Carlos Menem, quello che gli argentini chiamavano El Turco, trasformandolo a tutti gli effetti nel personaggio di una novella di Borges. Così come borgesiana è non solo la grande biblioteca, prefigurazione della Biblioteca di Babele, ma anche la storia che ho appreso girando per la biblioteca.
Borges ha diretto la Biblioteca dal 1955 al 1973, nominato alla caduta di Perón, di cui era un fermo antipatizzante, e dimissionato subito dopo il ritorno del generalissimo. Aveva scritto una poesia quando ricevette la nomina, in cui ironizzava sull´ironia di Dio che aveva pensato di dargli, insieme, una miriade di libri e la cecità. Non è la sola ironia, perché per cacciarlo si sostenne che ne aveva rubati. Perciò, prima di andarsene, convocò uno scrivano che constatò la proprietà e fece la lista delle opere che dovevano essere ritirate dall´ufficio, perché appartenevano a Borges che le aveva portate lì per controllare i riferimenti delle sue Opere complete, pubblicate durante la sua direzione, e per altri lavori del periodo (ad esempio il Manuale di zoologia fantastica, del 1957). Dei libri di sua proprietà ne lasciò un migliaio alla Biblioteca, perché Borges non rubava libri, ma compiva l´azione simmetrica, regalandoli. A casa non ne teneva più di millecinquecento, molti li dava ad amici per far spazio a nuove letture, e giunse sino ad abbandonare pacchi di libri nei caffè. Gli impiegati, peronisti, non si diedero molto da fare per timbrare come «fondo Borges» e classificare questi libri (che si riconoscono perché sul frontespizio c´è la firma di Borges e la data in cui li aveva comprati), che si dispersero come aghi in un pagliaio di novecentomila volumi.
Due giovani ricercatori, Laura Rosato e Germán Álvarez, impiegati nella Biblioteca, con un lavoro di dieci anni li hanno recuperati. Il risultato è un grande catalogo: Borges, libros y lecturas raccoglie cinquecento titoli, gli altri, per il momento non pubblicati, sono o doni di scrittori amici o libri che richiedevano lavori di restauro. Per ritrovarli nel pagliaio il trucco è stato, in un autore così iper-letterato come Borges, partire dalle sue opere, guardare le fonti che citava, e di lì appunto andare a frugare. Poi, da un libro si trovavano gli altri, visto che ogni libro rinviava ad altri libri, come Pollicino. Abbiamo così le letture (e soprattutto le riletture) di Borges come ce le darebbe la cronologia dei siti consultati dal nostro computer ma in modo molto più selettivo e sulla distanza cronologica di trent´anni e più. Come in un Web cartaceo Borges mette in dialogo autori disparati, con un sistema di rimandi: "Cf.", "vide" (dove si amplia il concetto segnato), ma anche il "sed contra", dove si crea l´opposizione. Questo leggere scrivendo, e scrivere leggendo, non ha niente di sistematico. Borges è per sua ammissione un lettore edonista. Si fa guidare dal principio di piacere, che però molto spesso lo porta più ai saggi che non alla letteratura.
Ci sono letture filosofiche: da Anselmo d´Aosta che lo attrae per la prova ontologica, al libro della Anscombe su Wittgenstein a quello di Augusto Guzzo su Giordano Bruno; Gentile sul pensiero del Rinascimento italiano, Nietzsche (le Considerazioni inattuali) e soprattutto l´amatissimo Schopenhauer. Il che non sorprende per un autore che considerava la filosofia un ramo della letteratura fantastica. Ma c´è anche il libro di Samuel Butler sui santuari del Piemonte e del Canton Ticino, quello di Houston Stewart Chamberlain (l´autore amatissimo da Wagner e da Hitler) su Goethe, quello di Max Brod su Kafka, e Jung e Hume, Plutarco e Poe, Strindberg e Tasso. Più una molteplicità di anonimi, di compilazioni, di minori. Molto Croce, ma soprattutto sulla letteratura (Ariosto, Carducci...), le saghe nordiche e quelle orientali e la letteratura secondaria sull´argomento, e, sopra tutti, l´amatissimo Dante, in molte edizioni e commenti.
Generalmente nella lingua originale dei libri (Borges leggeva oltre che in spagnolo in italiano, francese, tedesco, inglese e latino), le annotazioni non invadono mai il testo e consistono in un riuso giudizioso di quello che Gérard Genette ha chiamato «paratesto», giacché si trovano sul frontespizio o alla fine del libro, e raramente sulla copertina, come in una edizione tascabile dell´Amleto. Sono in gran parte nello stampatello minuscolo, le lettere "come formiche" che Borges elesse come la propria grafìa. E dopo il 1954 e la cecità la scrittura è quella della madre Leonor Acevedo de Borges, che vediamo fotografata sulla copertina del catalogo mentre scrive e postilla per il figlio nell´appartamento di calle Maipú 994. Le annotazioni sono in apparenza impersonali, e consistono molto spesso nella scelta di espressioni, proprio come nei taccuini che Erasmo raccomandava di tenere ai suoi discepoli. Ma proprio nella loro impersonalità catturano l´identità di Borges. Lui è quei libri e quelle citazioni ne definiscono l´originalità. Lui è quel compendio incarnato.
In qualche caso, però, la pagina diventa lo spazio su cui elaborare progetti di libri a venire. Come per esempio quando nel frontespizio di un libro tedesco di occultismo troviamo il progetto di un saggio che avrebbe dovuto uscire dopo la Storia dell´eternità (1936), e che si troverà in parte in altre raccolte, soprattutto in Altre inquisizioni (1952). A volte invece nei frontespizi o in fondo ai libri Borges lascia tracce delle sue amicizie, per esempio The Principles of Mathematics di Russell, in cui scrive che è «regalo di Bioy Casares» (che sempre Borges considerò come il suo tutore logico), o degli amori, come quando annota la data di un appuntamento con Estela Canto al fondo di un´edizione dell´Inferno di Dante, oppure ancora della vita pubblica, quando nel frontespizio della Vita di Schopenhauer di Wilhelm Gwinner troviamo la lista delle sue conferenze tra il 1949 e il 1952.
In un caso, poi, il libro diviene il supporto per una poesia rimasta inedita sino a oggi. Si tratta dell´ultima pagina del quarto volume del libro del teologo Christian Walch sulle eresie e le lotte religiose dopo la Riforma (1773, undici volumi) comprata durante il soggiorno europeo. La poesia data 11 dicembre 1923, poco prima della partenza dall´Europa, e sembra contenere ironicamente il giovane Borges, che si lascia andare ai sentimenti, il Borges maturo, poco incline a esprimerli, ma appassionato di eretici, catari e guerre di religione, e soprattutto il Borges che ci ha raccontato come i libri nascano da altri libri, e l´immediatezza sia il frutto della mediazione:
la speranza/ come un corpo di ragazza/ ancora misterioso e tacito./ ancora non amato di amore/ e una chitarra che appassionatamente muore e con sollievo/ dolorosa risorge/ e il cielo sta vivendo un plenilunio/ con il rimorso e la vergogna della/ insoddisfatta speranza e di non essere felici
Io, Plutarco e Schopenhauer perduti su un´isola deserta
di Jorge Luis Borges Repubblica 15.1.11 da Segnalazioni
Non è imprudente supporre che arriverà il giorno in cui qualche giornale divulgherà la seguente domanda: quali sono i tre libri che lei si porterebbe su un´isola deserta?, seguita da un´infinità di risposte più o meno ternarie. André Gide ha confessato di amare questo gioco e ha ripubblicato alcuni dei suoi cataloghi - eminenti cataloghi ragionati, dove non si trovano solamente i nomi, ma anche il perché di ogni predilezione... Io ho provato a fare quel gioco più di una volta, con caratteri di corpo diverso, e ho preso a tal punto l´abitudine a quelle triplici ripartizioni di gloria che in mancanza di un altro che mi inviti a farlo, mi ci invito da solo.
Comincio con un dubbio che non ha nulla di terribile: il numero 3, sta a significare 3 titoli o 3 tomi?
Nel primo caso, penso (diremo) ai trenta e passa volumi dell´Encyclopedia Britannica, ai tre del Dizionario di Filosofia di Mauthner, e alle opere complete di Schopenhauer, di Butler o di Shaw.
O (se preferite) ai sei volumi di Decadenza e caduta dell´Impero romano di Gibbon, alle opere complete di De Quincey o di Edgar Allan Poe, e ai Saggi di Michel de Montaigne. Ma è un inutile raggiro imbastire di queste liste. La drammaticità di questa domanda e le frugali circostanze di Robinson sembrano respingerle. Lo spettacolo di un naufrago su un´isola non si addice alla Biblioteca del Vaticano o ai 386 volumi del Patrologiae cursus completus di Padre Migne. Tre libri vuol dire tre tomi: deve volerlo dire.
Fatto un chiarimento, conviene procedere a un secondo, non meno assiomatico. Parlare dei tre libri che uno si porterebbe su un´isola deserta, non significa parlare dei tre libri più importanti dell´universo e nemmeno dei tre libri più memorabili nell´esperienza personale. Né la storia generale della stirpe né la biografia dell´individuo sono in gioco. L´importanza del Corano è indiscutibile, ma l´inferno promesso nelle sue pagine è meno atroce di un´isoletta senz´altra biblioteca se non un esemplare del Corano. Il Martín Fierro è ammirevole, ma lo so quasi a memoria, e poi a che serve portarsi un volume già assimilato, già consustanziale con il mio spirito?
In questi cataloghi di tre libri per tutta la vita c´è l´usanza di includere qualche famoso romanzo o qualche libro di versi. Quelli che fanno così non si sono immaginati il terrore e la solitudine dei giorni uguali di Robinson. Per quel tragico uomo in isolamento nulla è pericoloso quanto il ricordo. Libri di passione, libri di rapporti umani, non otterrebbero altro che farlo disperare. Niente libri che implichino il rapporto uomo-uomini; unicamente libri che implichino il rapporto uomo-Dio, uomo-numeri, uomo-Universo. Niente libri che si lascino leggere facilmente e subito si esauriscano; unicamente libri che è necessario conquistare poco a poco e che possono popolare gli anni identici.
Propongo finalmente questa lista:
1) Un libro matematico (forse la Introduzione alla filosofia matematica di Bertrand Russell, o altrimenti qualche buon testo di algebra, con molti esercizi).
2) Un libro metafisico (forse Il mondo come volontà e rappresentazione di Arturo Schopenhauer).
3) Un libro di storia sufficientemente remota (forse Plutarco, forse Gibbon, forse Tacito).
Traduzione di Luis E. Moriones Ha collaborato Francesca Caruso
Il manoscritto La biblioteca di Robinson Crusoe di è stato fornito dall´Harry Ransom Center, centro di ricerca per gli studi umanistici dell´Università del Texas. Nato nel 1957, il centro colleziona diversi manoscritti originali di scrittori: da James Joyce ad Arthur Miller.
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