mercoledì 4 gennaio 2012

La dimensione materiale dell'arte secondo Renato Barilli

Renato Barilli: Arte e cultura materiale in Occidente, Bollati Boringhieri - pp. 610, € 40), Bollati Boringhieri - pp. 610, € 40

La nozione di cultura materiale, con cui si intendono le modalità adottate nelle varie epoche per produrre le merci e per farle circolare assieme alle persone, è ormai irrinunciabile anche per comprendere pienamente i prodotti altoculturali, quali le arti visive. L’omologia tra i due livelli è così stretta che quasi tre millenni di arte occidentale si lasciano ripercorrere attraverso questa ipotesi di lavoro. Renato Barilli la mette sapientemente a frutto in un saggio che unisce originalità di impostazione e piacevolezza di lettura. Non si è soliti esaminare la storia dell’arte sotto questa luce. Visto attraverso la dinamica dei fattori materiali, il mondo delle forme non perde di smalto, anzi: opere, idee estetiche, stili, perfino le individualità degli artisti acquistano significati che la loro aurea separatezza prima oscurava. Ai due estremi del sorprendente itinerario troviamo l’arcaismo greco, con le sue stilizzazioni geometrizzanti prodotte da una civiltà di tipo nomadico, e l’astrattismo del primo Novecento, che faticheremmo a immaginare senza il raddrizzamento delle infrastrutture, la linearità delle strade, i voli aerei. Ma tutte le grandi epoche storico-artistiche guadagnano a essere considerate in relazione agli aspetti materiali. La polis, chiusa nella sua perfezione, manifesta tutta la sua debolezza costitutiva quando viene investita dalla bufera macedone, che ne rompe l’isolamento, realizzando il salto di scala con l’impero alessandrino. Roma, per qualche tempo, riesce a stabilire una perfetta corrispondenza tra un sistema viario ben innervato e le forme di un naturalismo contegnoso; poi quella rete di comunicazioni collassa su se stessa, e dunque anche le forme si fanno imprecisate, e comincia la lunga stasi dell’età di mezzo. Il cosiddetto Rinascimento altro non è se non il ristabilimento delle grandi arterie di comunicazione, con la connessa esigenza di disporre di un’arte mimetica, ossia speculare del mondo esterno, per aprirlo alla conquista di eserciti e mercanti, come già avveniva nell’antica Roma. Il mimetismo, fenomeno quasi solo occidentale, è il corrispettivo di uno spirito di conquista e di dominio che necessita di mappe sempre più accurate, in cui trova applicazione la nuova concezione prospettica. Un quadro che viene sconvolto nel Novecento, nel momento in cui elettromagnetismo ed elettronica bruciano le distanze e fanno saltare l’equilibrio precedente. Con le avanguardie storiche si ritorna a quegli schemi rarefatti incontrati all’inizio di un viaggio che coincide con la storia della nostra civiltà. Raccontata da uno storico dell’arte abituato a guardare anche fuori dalla propria disciplina, là dove le forme visive trovano ampi riscontri.
 
 
Renato Barilli, nato nel 1935, ha svolto una lunga carriera presso l’Università di Bologna, insegnando Fenomenologia degli stili al corso DAMS. I suoi interessi, muovendo dall’estetica, sono andati sia alla critica letteraria che alla critica d’arte. È autore di numerosi libri tra cui: Scienza della cultura e fenomenologia degli stili (1982, nuova ed. 2007), L’arte contemporanea (1984, nuova ed. 2005), La neoavanguardia italiana (1995, nuova ed. 2007), L’alba del contemporaneo (1995), Dal Boccaccio al Verga. La narrativa italiana in età moderna (2003), Maniera moderna e Manierismo (2004), Prima e dopo il 2000. La ricerca artistica 1970-2005 (2006), La narrativa europea in età moderna. Da Defoe a Tolstoj (2010), Autoritratto a stampa (2010). Presso Bollati Boringhieri ha pubblicato Storia dell’arte contemporanea in Italia. Da Canova alle ultime tendenze (2007). È stato organizzatore di molte mostre sull’arte italiana dell’Ottocento e del Novecento. Collabora all’«Unità» e a «Tuttolibri», supplemento culturale della «Stampa».
«Arte e cultura materiale in Occidente», l'evoluzione stilistica come conseguenza degli strumenti di lavoro
Pierluigi Panza Corriere della Sera 4 gennaio 2012

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