lunedì 6 febbraio 2012

Ancora su Gramsci "anticomunista"

Lo Piparo ribadisce le sue tesi anche dopo gli interventi di Liguori e Francioni. Per come intendo io il lavoro sulla storia delle idee, non sono determinanti le contraddizioni che in quella particolare situazione non potevano non esserci tra Gramsci e il gruppo dirigente comunista in clandestinità. Ritengo però sbagliato l'atteggiamento di chi, a partire da esse, pretende di riscrivere da zero la storia della tradizione comunista in Italia, come se sinora su Gramsci e di Gramsci non abbiamo saputo nulla o come se tutto ciò che sappiamo sia stato il frutto di una macchinazione diabolica di Togliatti. Allo stesso modo, per fare un altro esempio, è del tutto sbagliato l'atteggiamento di chi vuole miracolosamente costruire un "altro Marx", eretico e prototrotzkista, oppure impolitico e scienziato sociale, a partire dalle varianti della Mega2; oppure un "altro Hegel" criptoliberale a partire dagli appunti delle lezioni di Filosofia del diritto.

In generale, ogni nuova interpretazione, sempre legittima, non può esimersi dall'interrogarsi sul perché sino a questo momento l'interpretazione prevalente sia stata un'altra. E non può ridurre questa prevalenza - e dunque l'esistenza stessa di una tradizione - all'esistenza di un complotto ma deve ragionare sui suoi fondamenti reali. Ora: intere generazioni di studiosi si sono formati su Gramsci, l'hanno letto e riletto e pur con opinioni molto diverse non ne hanno messo in dubbio l'appartenenza a una determinata concezione del mondo. Questa interpretazione ha un fondamento nel testo di Gramsci oppure è campata in aria? E' corretto ritenere che siano stati tutti manipolati dal Pci o in malafede? Forse non hanno capito nulla di ciò che hanno letto e adesso, finalmente, è arrivato chi può spiegarci come sono andate le cose?
Non sono un esperto di Gramsci dal punto di vista filologico. Ma avendolo letto con contiuità sin da giovane, per quanto ne ho capito metterei la mano sul fuoco sul fatto che fosse comunista...
Ma c'è certamente un altro aspetto del problema, che non ignoro. Posto che ogni interpretazione deve far riferimento a fondamenti oggettivi e non può librarsi nel vuoto spinto dell'immaginazione creativa, è altrettanto normale che essa risponda anche a esigenze storico-politiche. Che sia impostata cioè a partire da problemi, posizionamenti, rapporti di forza legati al presente o a determinati conflitti ideologici in atto. E' così che, sempre, funziona la sfera culturale e non c'è ragione di scandalizzarsi.
Si è sottratta l'interpretazione togliattiana di Gramsci a questa sovradeterminazione? Certamente no. Sarebbe ipocrita e poco scientifico chi lo dicesse.
Ma allo stesso modo: l'operazione dell'Istituto Gramsci e di altri interpreti, che punta a ricondurre Gramsci nell'orizzonte del riformismo, o della democrazia liberale, o del liberalsocialismo ecc. ecc., si sottrae a questa sovradeterminazione ed è angelicamente obiettiva, oppure ha anch'essa a che fare con il conflitto politico-sociale in atto oggi? No, nemmeno questa operazione si sottrae. Anzi, vi prende posizione avanzando una tesi molto forte che riguarda l'identità generale della sinistra italiana.
Personalmente, non condivido questa operazione politico-culturale e ritengo doveroso criticarla e contrastarla [SGA].

«Quaderno 32», il mistero c’è
La polemica sui manoscritti di Gramsci dal carcere. Franco Lo Piparo è autore di un saggio, nel quale si sostiene la tesi che un quaderno fu sottratto da Togliatti. Gianni Francioni, su l’Unità, ha contestato questa ricostruzione
di Franco Lo Piparo l’Unità 5.2.12


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