sabato 4 febbraio 2012
Il famigerato Lenin
C’era una volta
I quattro gatti di Lenin chiamati “maggioranza”
Cento anni fa a Praga una sparuta fazione di comunisti fondò il partito bolscevico. Una fede tramontata nel ‘91
di Emilio Gentile il Fatto Saturno 3.2.12 da Segnalazioni
CENTO ANNI FA, il 30 gennaio 1912, nasceva a Praga il partito bolscevico. Il termine “bolscevico”, che in russo significa «maggioritario», era stato coniato da Lenin nel 1903, al secondo congresso del Partito operaio socialdemocratico russo, per definire la fazione da lui capeggiata, mentre chiamò «menscevichi», cioè minoritari, i suoi oppositori. Il contrasto principale era la concezione leninista del partito rivoluzionario. Lenin non credeva nella vocazione rivoluzionaria spontanea delle masse, propense piuttosto a cercare miglioramenti economici cadendo così sotto l’influenza dell’ideologia borghese. Al proletariato, la coscienza rivoluzionaria della sua missione storica, in quanto classe destinata a distruggere il capitalismo e a porre fine allo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo, poteva essere portata solo dall’esterno, da intellettuali borghesi convertiti alla causa della rivoluzione proletaria. Pertanto, Lenin riteneva necessario costruire un partito di avanguardia, cioè una organizzazione omogenea, centralizzata, disciplinata, guidata da rivoluzionari di professione, interamente dediti al partito, e provvisti di una efficace teoria rivoluzionaria per la conquista del potere e l’instaurazione della dittatura del proletariato. La sua concezione del partito fu respinta dai menscevichi, fra cui Trotskij, i quali accusarono Lenin di essere un autoritario arrogante con pretese da “superuomo”. Nel 1903, i menscevichi vinsero. Contro di essi, Lenin ingaggiò per un decennio una lotta tenace, usando l’argomentazione teorica e l’insulto polemico. Per far trionfare la sua fazione, acconsentì a finanziarla col denaro proveniente da rapine a mano armata, compiute da bolscevichi, fra i quali si segnalò il georgiano Stalin. I metodi spregiudicati e la pretesa di aver sempre ragione isolarono Lenin nel partito socialdemocratico e allontanarono da lui anche compagni bolscevichi. Ma a Praga, nel 1912, si prese la rivincita, organizzando una conferenza del partito socialdemocratico russo a cui parteciparono solo diciotto delegati, di cui sedici bolscevichi. Lenin proclamò che il partito si identificava ora con il bolscevismo, anche se non tutti i bolscevichi erano d’accordo con lui. Nella sua fazione divenuta partito, Lenin fu un capo riconosciuto, ma non fu mai un dittatore incontrastato.
Dotato di immensa fede in se stesso e di grande energia intellettuale, Lenin era convinto di essere l’unico in possesso della teoria rivoluzionaria che avrebbe condotto il proletariato al potere. Cinque anni dopo, i fatti sembrarono dargli ragione. Nell’ottobre 1917, il partito bolscevico, con meno di trentamila iscritti, conquistò il potere in Russia e instaurò col terrore la propria dittatura sul proletariato, proponendosi come guida mondiale nella lotta contro il capitalismo. Mezzo secolo dopo, i regimi comunisti sorti nella scia del partito di Lenin, pur con varianti ideologiche e peculiarità nazionali, coprivano un territorio immenso, che si estendeva dal centro dell’Europa fino al Pacifico; e ve ne erano anche in Africa e in America latina; e in tutti gli Stati c’erano partiti rivoluzionari che si ispiravano al modello del partito leninista. Il comunismo divenne la più universale e la più potente fra le religioni politiche, conquistando milioni di proseliti con la promessa di scacciare il Male dal mondo. E fu anche una delle più spietate, sacrificando milioni di vittime innocenti con la pretesa di liberare l’umanità da ogni sofferenza.
Il Male non è stato scacciato dal mondo, ma dal 1991 il partito fondato da Lenin non esiste più: è scomparso insieme al regime totalitario che aveva fondato, come è scomparsa gran parte dei regimi totalitari costruiti sul suo modello. Di quelli che sopravvivono, alcuni sembrano fossili senza vita, altri hanno riacquistato vitalità imitando il Male che volevano distruggere. La concezione leninista del partito non attrae più intellettuali borghesi convinti d’essere la guida eletta della rivoluzione proletaria, disposti a usare il terrore per realizzare il Bene. La religione comunista è tramontata, forse per sempre. E sono altre le religioni che oggi usano il terrore per liberare il mondo dal Male.
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