venerdì 23 marzo 2012

Alcuni scritti politici del marchese de Sade

Copertina “Ancora uno sforzo…”Marchese De Sade: Ancora uno sforzo… Rivoluzioni e profanazioni del Gran Maledetto, Stampa Alternativa

Ecco, a inaugurare un’altra fase del discorso anticonformista iniziato da Stampa Alternativa da oltre quarant’anni, il primo volume dei “BENEDETTIMALEDETTI” della collana “Fiabesca”: Ancora uno sforzo… Rivoluzioni e profanazioni del Gran Maledetto del marchese De Sade.
Si tratta della rilettura e di una nuova traduzione (a cura di Stefano Lanuzza) di alcune importanti quanto rare pagine politiche di colui che viene ancora oggi ritenuto il più malfamato degli scrittori d’ogni epoca.
Figlio dell’Illuminismo libertino e tra gli intellettuali protagonisti della Rivoluzione francese, in questi suoi scritti ricchi di spunti suggestivi seppure pervasi di una filosofica follia, Sade vuole prefigurare un programma di rivolta permanente contro tutti i dispotismi politici e religiosi.
Cessati i divieti della giurisprudenza, come della psichiatria e della psicanalisi che con le eversioni di Sade, hanno incrementato una lunga sequela di reati sessuali e di patologie psichiche, tanto che il sadismo è infine trascorso nella categoria dei luoghi comuni. Cosicché gli eccessi erotici di chi è stato soprattutto uno scrittore possono leggersi come invenzioni romanzesche talora drammatiche o tragiche e talvolta perfino comiche.
Giunge allora il tempo di spostare l’attenzione su alcuni risvolti meno noti dell’opera complessiva di questo autore, tra i più vituperati eppure mentore non troppo nascosto di generazioni di poeti e scrittori, come delle avanguardie letterarie e artistiche fino ai giorni nostri.
Ancora uno sforzo… è da leggere come l’euforica apologia di ogni rivoluzione per affermare uno Stato ateo e radicalmente materialista. Un’apologia dove si evidenzia il pensiero estremo di Sade, rivelatosi politico pragmatico e assertore di un cambiamento totale della società, vagheggiato mediante programmatiche violazioni delle categorie morali tramandate. Diviso in due parti, il libro tratta, nella prima parte, della religione, nello specifico del Cristianesimo visto come strumento di controllo dispotico; per poi svolgere, nella seconda parte, una corrosiva critica dei costumi sociali.
Tra le prossime uscite nella sezione dei “BENEDETTIMALEDETTI” sono previsti volumi di Lou Salomé, Nietzsche, Verlaine, Rimbaud, Quevedo, Poe, Huysmans, Céline.
 

La Rivoluzione nacque dai libertini. E Sade lo sapeva

Il Marchese sosteneva che lo spirito del 14 luglio doveva realizzarsi in uno Stato garante di tutti gli istinti naturali: come la sopraffazione del più forte, l’omicidio, la calunnia

di Errico Buonanno  il Riformista 23.3.12 da Segnalazioni



Il marchese de Sade non finirà mai di scandalizzarci. Le sue provocazioni tutte coscienti, tutte volute non impallidiscono col tempo, semplicemente perché, da buon libertino, da ottimo illuminista, egli era innanzitutto un indagatore della natura umana. Conosceva a perfezione i meccanismi, diremmo oggi psicologici e neurologici, del gusto e del disgusto, dell’attrazione e della repulsione. Fu amato per questo dai surrealisti: non in quanto grottesco, ma in quanto anticipatore di Freud. Sade non sarà mai pacificato. Per questo ogni pagina, ogni riga, continuerà a porci dei problemi. A deliziarci, a tormentarci. Coscientemente, a disgustarci.

Stampa Alternativa ha da poco riproposto alcuni suoi scritti poco noti. Sotto il titolo conciso di Ancora uno sforzo si raccolgono pagine politiche, e soprattutto il quinto dialogo della Philosophie dans le boudoir, appello accorato e fulminante alla Francia rivoluzionaria che portava il titolo più esteso e geniale di Francesi, ancora uno sforzo se volete essere repubblicani. Una modesta proposta alle forze giacobine per realizzare finalmente, totalmente, lo spirito del 14 luglio. Semplicemente: distruzione completa della religione, e ritorno assoluto ai principi naturali dell’uomo. Principi che, naturalmente, Sade sa benissimo non corrispondere affatto con la fratellanza e la concordia di cui cianciavano gli idealisti. L’uomo è animale, prodotto della natura come insegnava il vate Rousseau. E questo significa che uno Stato più giusto dovrebbe garantire la legalità di tutti gli istinti naturali: sopraffazione del più forte, omicidio, calunnia. E prostituzione, ovviamente, sesso libero e dominatore. Solo così la Francia potrà veramente essere un faro di liberazione per tutto il resto dell’umanità.
Lo sforzo logico e retorico con cui il Marchese cerca di dimostrare la necessità di questa completa rivoluzione etica ci spiazza, ci intriga, ma soprattutto ci lascia aperte due ipotesi almeno sulla reale natura di queste pagine infuocate. Cosa voleva, veramente, Sade? Come dovremmo prendere e intendere il suo appello? In un suo saggio del ’96, Libri proibiti, Robert Darnton aveva meravigliosamente dimostrato come il libertinismo avesse costituito il vero apripista per la libertà politica e ideologica dell’illuminismo. La Rivoluzione Francese era letteralmente nata dai romanzi lascivi e pornografici, che erano riusciti prima delle rivolte di popolo e della ghigliottina ad abbattere il vecchio regime a colpi di scandali morali. Perciò De Sade, il maestro del libertinismo, sarebbe assolutamente coerente, assolutamente giacobino con queste proposte scandalose: il Divin Marchese era il più rivoluzionario dei rivoluzionari, un profeta che, al solito, gli stessi esponenti della nuova Francia furono costretti a sacrificare e a mettere a tacere, per permettere alle sue idee di normalizzarsi e di tramutarsi in politica, in realtà.
Eppure qualcosa continua a stridere, qualcosa continua a insospettirci. Ed è il sospetto che Stefano Lanuzza espone nell’introduzione. Sade non poteva non rendersi conto dell’inattuabilità di questo ideale. Da marchese, da nobile, da figlio – volente o nolente – dell’ancien régime, non poteva non osservare sprezzante l’imbarbarimento della parola libertà messa in piazza col Terrore. Ecco così che emerge, allora, una “seconda versione di Sade”. Non oltranzista, ma sfacciato e sarcastico fustigatore delle ristrettezze mentali delle stesse forze rivoluzionarie. Quella di Sade sarebbe una “modesta proposta” alla Swift, una caricatura della brutalità giacobina tesa soltanto a mostrarne gli eccessi. Di là dal mito, di là dalla figura pubblica, il sadismo era letteratura e filosofia, e come ogni autore di filosofia e letteratura, questo scrittore forsennato conosceva l’iperbole e l’ironia, e sapeva dove colpire per mettere a nudo il proprio avversario. Ancora uno sforzo è insomma un ricatto tra pulsioni e società. Se veramente i rivoluzionari affermavano di voler restituire l’uomo alla bontà della proprio natura, Sade gridava loro sarcastico l’unica verità che essi facevano finta d’ignorare: la natura non è buona, è brutale. Perciò decidessero da che parte stare, ché i mezzi termini non erano concessi.
Quale sia la verità, quale versione sia corretta, sinceramente poco importa. La grandezza di Sade rimane la stessa: quella, cioè, di continuare a camminare coscientemente sul filo, sapendo bene che la scelta, altrimenti, a destra o a sinistra, è sempre e comunque solo il baratro.

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