venerdì 23 marzo 2012

Nussbaum decrescista debole

Martha C. Nussbaum: Creare capacità, liberarsi dalla dittatura del Pil, il Mulino pp. 222, euro 15,00

Martha Nussbaum è impegnata da più di 25 anni, assieme ad Amartya Sen, a proporre, non solo nelle sedi accademiche ma anche al mondo della politica, dell'economia e della finanza un nuovo paradigma in grado di misurare (e giudicare) la ricchezza di uno stato sui bisogni soddisfatti e sulle opportunità realmente offerte ai propri cittadini. Istituzioni internazionali come la Banca Mondiale, l'Undp delle Nazioni Unite, ma molto recentemente anche la Commissione Sarkozy e il premier Cameron, hanno finalmente accettato di porre le "capacità" ­ le condizioni cioè di poter sviluppare le proprie potenzialità e abilità in una società che consenta effettivamente di usarle ­ come criterio di valutazione del benessere. Una conquista della filosofia, la vittoria di una singolare filosofa. 

«Liberiamoci dal dominio del Pil»

Martha C. Nussbaum riflette in un saggio sul rapporto tra uomo ed economia. E si chiede: cosa deve cambiare affinché la crescita del prodotto interno lordo sia davvero un vantaggio per i singoli individui?

di Fabio Luppino  l’Unità 23.3.12 da Segnalazioni


Lo sanno anche i bambini ormai: se non cresce il Pil sono guai. Le serate passate addosso allo schermo ad apprendere le oscillazioni dello spread hanno in qualche modo avvicinato alle terminologie economiche un po’tutti. Ma il su e giù di uno zero virgola può essere tutto e può essere niente. La Cina ha accresciuto il suo prodotto interno lordo (il Pil appunto) con percentuali gigantesche in rapporto all’Europa. Ma cosa è cambiato per i cinesi?
Cosa cambia per ognuno di noi e, soprattutto, cosa deve cambiare affinché la crescita del Pil sia effettivamente un vantaggio anche individuale e non solo quantitativo generale? Martha C. Nussbaum (docente di Laws and Ethics a Chicago) nel suo Creare capacità, liberarsi dalla dittatura del Pil (pp. 222, euro 15,00, il Mulino), ultimo volume di una riflessione partita da lontano sul rapporto tra uomo ed economia, riporta continuamente la domanda alla sua analisi. In realtà trae spunto da un movimento culturale promotore di una nuova concezione del mondo. Dall’ecologia a Jeremy Rifkin, non dimenticando le riflessioni passate di Hannah Arendt e presenti di Edgar Morin. Nussbaum cita invece moltissimo Amartya Sen, la soggettività e lo sviluppo umano complessivo. Il discorso è vecchio e nuovo allo stesso tempo: ruota intorno all’emancipazione dell’uomo. Che la politica finisce spesso per dimenticare. L’uomo come fine, al contrario, spesso ridotto a mezzo, subordinato al Pil. E più si ragiona in termini di costi di produzione, produttività, competitività, costi finali più ci si allontana dallo sviluppo umano in senso stretto, se ne perde il reale significato.
ESSERE IN RELAZIONE
Nussbaum indica il fine in dieci precondizioni: la possibilità di vivere fino alla fine una vita di normale durata; poter godere di buona salute, compresa una sana riproduzione; essere in grado di muoversi liberamente da un luogo all’altro, essere protetti contro aggressioni, comprese la violenza sessuale e la violenza domestica; poter usare i propri sensi, poter immaginare, pensare e ragionare, avendo la possibilità di farlo in modo «veramente umano»; poter provare attaccamento per persone e cose oltre che per noi stessi, poter amare coloro che ci amano; essere in grado di formarsi una concezione di ciò che è bene e impegnarsi in una riflessione critica; poter vivere con gli altri e per gli altri, riconoscere e preoccuparsi per gli altri esseri umani; essere in grado di vivere in relazione con gli animali; poter ridere, giocare e godere di attività ricreative; poter partecipare in modo efficace alle scelte politiche, essere in grado di avere proprietà, avere il diritto di cercare lavoro alla pari degli altri, essere in grado di lavorare in modo degno.
Sembra ovvio, ma ovvio non è. Se cresce il Pil, ma una donna lavora, si prende cura dei suoi figli, delle persone anziane, della casa in che modo la crescita del Pil la libera da tutti questi gravami? Il principio della libertà negativa, liberi da, è regressivo: l’accrescimento della capacità individuale si misura con il liberi di, attivo. «Viviamo in un’epoca dominata dalla spinta al profitto e dall’ansia dei traguardi economici nazionali», scrive Nussbaum. Ma «il vero scopo dello sviluppo è lo sviluppo umano». L’uso del Pil, che comunque è una media, e nel mezzo c’è di tutto, non ci dice nulla della qualità individuale della vita. Il centro deve essere la capacità umana, il suo accrescimento e la possibilità di relazionarla con gli altri, capacità interna e esterna. L’esempio cinese torna utile: cresce il Pil, ma non le libertà individuali e le possibilità di tutti di avere il controllo sulla propria esistenza. Il contrasto però non aiuta, può anche essere fuorviante. Nelle società occidentali avviene e in modo più subdolo anche. Parlare delle donne, di cui molto si occupa e si è occupata Nussbaum, è calzante. «Quando la società pone alcune cose al di là della portata di certe persone, queste in genere imparano a non volere quelle cose scrive la professoressa dell’università di Chicago-. Le donne cresciute con l’immagine che la donna perbene sia colei che non lavora fuori casa, o che non riceve troppa istruzione, spesso non manifestano desiderio per altre cose, e quindi possono dichiararsi soddisfatte della loro condizione, sebbene siano state negate le opportunità di cui invece avrebbero potuto godere».
È chiaro che con il Pil bisogna fare i conti, ovviamente. Ma come mezzo di una politica pubblica orientata a valorizzare i singoli individui, le loro capacità. La chiave principale (come per l’opera precedente Non per profitto, il Mulino) di una concezione non neutra del Pil è l’istruzione per Nussbaum. Il Pil crea capacità con l’istruzione, se consente ai molti di essere padroni della propria vita. È chiaro che i vecchi adagi comunisti di un tempo «a ciascuno secondo i suoi bisogni, da ciascuno secondo le sue capacità...» possono essere accostamenti suggestivi, ma estremamente ipotetici. Lo Stato deve investire e molto per la capacità individuale, non è un dato immobile o regolato dall’alto.
Per rimanere prosaicamente a noi non c’è crescita economica e, sin qui, solo disinvestimento in cultura ed istruzione. La filosofia Nussbaum, un po’ utopia di per sé, per l’Italia così messa è oggi un’altra galassia.

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