venerdì 23 marzo 2012

Suicidio assistito: in fibrillazione anche il partito di "Repubblica"


IL FOGLIO del 22/3/2012 a pag. 1


Chi vuole sfasciare il Pd

La Terza Repubblica è servita
Non cessa il pressing sul partito di Bersani che accettando la forzatura del governo rischia di implodere
Mentre prende forma il “partito di Monti” i Democratici si attestano sull’ultima trincea

di Paolo Flores d’Arcais  il Fatto 23.3.12 da Segnalazioni

Il governo di Napolitano ha deciso di fare della mazzata contro lo “Statuto dei lavoratori” il forcipe per dare alla luce la Terza Repubblica. L’articolo 18 è un puro pretesto. Costituisce il baluardo residuo per la dignità del lavoratore, e per questo va difeso con adamantina intransigenza da ogni persona civile, ma i suoi effetti pratici sono da tempo irrisori. Perché allora il governo ne fa una questione ultimativa, di battaglia campale? Perché vuole vincerla apparendo sfacciatamente il “governo dei padroni”, quando tutti i governi dei padroni hanno sempre cercato di dissimulare la propria natura di classe? Perché lo scopo è esattamente questo: umiliare e distruggere quanto resta in Italia di sindacato non americanizzato, non subalterno, non “sindacato giallo”.
La prima e vituperanda Repubblica, dall’egemonia democristiana al Caf, lasciava sopravvivere due vestigia comunque positive: forze sindacali riconosciute come soggetti di concertazione, e la logica sacrosanta dell’arco costituzionale. Quest’ultima è stata abbattuta dal berlusconismo, talché i Gasparri, i La Russa e altri Santanchè sono stati legittimati come parte della vita pubblica e civile, benché il loro mood neo-ex-post fascista resti quello dell’odio per la democrazia nata dalla Resistenza.
La prima verrà archiviata ora, se lo sciopero generale proclamato dalla Camusso non vorrà trasformarsi in un nuovo Circo Massimo di rivolta morale nazionale, in cui la Cgil chiami a raccolta accanto ai lavoratori tutte le energie della società civile refrattaria al pensiero unico.
Altrimenti andrà in porto la Terza Repubblica: dal nuovo “arco costituzionale” (che della Costituzione calpesterà non pochi articoli, a partire dal “... fondata sul lavoro”) saranno banditi, come se avessero qualcosa di comune e paragonabile, tanto gli spurghi di razzismo e secessionismo della Lega quanto la volontà di realizzare la Costituzione delle forze che ancora invocano “giustizia e libertà”: Sel, Idv, la minoranza del Pd che non si piegherà alla cura Napolitano, e soprattutto settori sindacali e società civile. Legittimato resterà solo il corpaccione di una mega neo-Dc, più che mai monopolista dei media e più che mai golosa di leggi ad personam e di “basta col concorso esterno”, da Casini ad Alfano (col Putin di Arcore gongolante sullo sfondo). Di cui l’attacco all’articolo 18 è la perfetta conseguenza. Il regresso è servito.

Una parte del Pd finirà in esubero?
di Pino Corrias  il Fatto 23.3.12 da Segnalazioni

E SE LA RIFORMA dell’articolo 18 servisse a licenziare – oltre ai più deboli – anche i più intransigenti del Partito democratico, se non addirittura i meno fessi? E se questa stupefacente ostinazione servisse ottimamente anche a perfezionare quell’esodo dei molti Fioroni, dei molti Letta con tutte le vettovaglie al seguito, verso il Bengodi elettorale di Monti & Passera, come già fece per tempo l’atletico Rutelli, ma questa volta senza neanche lasciarsi alle spalle rancori, tesoretti o bonifici calcolati in petali di margherita? Non si intravede alcuna logica, altrimenti, in questa nevrastenica danza per propiziare la pioggia dei licenziamenti, ma sempre promettendo l’imminente sole di una nuova e più cospicua occupazione. Come se in tempi di crisi strutturale espellere lavoratori dal posto fisso, fosse così difficile da doverlo incentivare addirittura per decreto, foderandolo di grandi ricatti e morbidissimi moniti. Non bastando i molti milioni di trenta/cinquantenni già al vento della disoccupazione e i contratti con il timer incorporato e le prospettive sempre più remote di un risveglio dagli incubi di un mondo pensato solo da banchieri in astinenza da stock option. 

«Mettiamo la nostra opposizione sull’art. 18 in un documento», gli suggeriscono i suoi. «Oppure lunedì votiamo la mia relazione», dice lui. Pier Luigi Bersani, stavolta, usa l’arma della conta di Tommaso Labate il Riformista 23.3.12

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