martedì 29 maggio 2012

Gravagnuolo su Dell'Erba-Canfora-Gramsci, con la risposta di Nunzio Dell'Erba






















Pubblico con piacere l'intervento di Nunzio Dell'Erba, pur se sarà evidente a chi frequenta questo blog che le ragioni politiche per le quali lui non apprezza Togliatti sono le stesse per le quali, a mio avviso, questi rimarrà sempre il Migliore [SGA].

Caro Azzarà,
L'articolo di Bruno Gravagnuolo, pubblicato su  "l'Unità" il 23 maggio (p. 26)  e da te segnalato nel tuo blog, non riguarda solo il libro  di Canfora, ma prende  spunto da mio articolo-recensione apparso alcuni giorni  prima sul quotidiano  "Europa". Il mio articolo su Gramsci ha suscitato lo  sgomento di Bruno Gravagnuolo, che  ha invocato un confronto civile, senza tenere presente le  "stravaganze" storiche (e non solo)  del libro dell'insigne storico barese, abituato com'è a distribuire verità tra Artemidoro e Gransci. Egli  - non  riuscendo a confutare le mie critiche -  mi  ha accusato  di non aver letto il suo libro (e non solo). Ma per  rispetto al nostro lavoro di ricerca ho inviato una  replica al giornale su cui è apparsa la sua intervista,  piena di acredine nei miei confronti ("questo tale", che  non neppure letto il libro, come se le  pagine citate le abbia preso dal papiro di Artemidoro); ma  fino ad oggi non ho visto pubblicato il mio breve  intervento.
 Riguardo a Gravagnuolo, questi lamenta il modo di  recensire i libri sul Pensatore sardo.  A me sembra che quella del giornalista de "l'Unità" sia una posizione  sibillina, che farebbe meglio a chiarire con toni  semplici ed  equilibrati: legga bene la mia recensione e indichi i  passaggi che gli appaiono non condivisibili,  utilizzando un criterio storico e storiografico fatto di  citazioni e di riferimenti bibliografici. Solo così è  possibile avviare un confronto storico sulla vicenda umana  e politica di Gramsci, sui suoi rapporti non sempre  lineari con Togliatti e sull'uso che questi fece dei  Quaderni.
  Che cosa c'è da meravigliarsi se uno storico critichi i  tagli apportati da Togliatti alle Lettere dal carcere?  Che cosa c'è da stupirsi se uno storico critichi  l'edizione non cronologica ma tematica dei Quaderni? Ho  riletto in questi giorni il volume  "Momenti della storia  d'Italia" (Roma 1973) di Togliatti e sono rimasto stupito  dai riferimenti positivi a Stalin, considerato nel 1936  "maestro di strategia rivoluzionaria" (p. 57) in un  continuum storico coerente fino al 1955, quando lo  considera ancora il continuatore della dottrina di Marx e  di Engels e il  "colosso e autentico genio", le cui rivelazioni "fatte al  XX congresso del PCUS" sui  suoi misfatti non hanno intaccato "la grandezza della sua  opera e la genialità del suo autore" (p. 225). E' ancora  possibile conciliare la lezione gramsciana con  il  programma togliattiano di un "nuovo pensiero  democratico-egemonco" messo in circolazione nel primo  decennio successivo alla  Seconda guerra mondiale? A me - convinto sostenitore di  un partito democratico e sostenitore di una cultura  democratica - sembra di no, Gravagnuolo  continui a pensarla diversamente, ma mi dimostri che  Togliatti abbia interpretato fedelmente il pensiero di  Antonio Gramsci.
Nunzio Dell'Erba

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