venerdì 15 marzo 2013
Italia 2013
Padre Gabriele Amorth racconta a Paolo Rodari
la storia del segretario del cardinal Casaroli. Da Padre Pio a Wojtyla
alla possessione
Il diavolo La battaglia più difficile dell’ultimo esorcista
di Paolo Rodari Repubblica 13.3.13
Maggio
1981, Vaticano. Angelo Battisti lo sa bene. Occorre essere pazienti e
forti in ogni circostanza della vita. Gliel’ha insegnato il suo grande
amico e confidente Padre Pio da Pietrelcina. E gliel’ha insegnato bene
anche l’altra figura che, gioco forza, è divenuta importante nella sua
esistenza: il cardinale Agostino Casaroli, Segretario di stato vaticano.
È
l’ultimo giorno di lavoro di Angelo alle dipendenze di Casaroli. Il
cardinale lo vuole salutare prima del congedo. In una nobile stanza del
palazzo apostolico — drappeggi rossi, poltrone di velluto e un grande
soffice tappeto — sua eminenza non tarda a prendere la parola.
«Angelo, io vorrei che uscendo di qui lei non dimenticasse che è con gratitudine che il Vaticano la manda in pensione ».
«Eminenza, non mi deve ringraziare. Io ho soltanto cercato di fare il mio dovere al meglio».
«Non
la ringrazio solo per il suo lavoro. Ma anche per la discrezione che ha
mantenuto in questi anni. So che conosce molte cose di Padre Pio. So
che è stato un intermediario importante tra lui e il Santo Padre. E ho
apprezzato molto che in questi anni lei abbia mantenuto ogni cosa per
sé. Per noi, per me, la discrezione e il silenzio valgono molto».
Angelo
saluta il suo superiore e pensa agli anni trascorsi in Vaticano. A
quando, nel 1962, gli toccò fare la spola fra Roma e San Giovanni
Rotondo per conto di monsignor Karol Wojtyla, allora semplice vescovo
ausiliare di Cracovia. Un’amica d’infanzia del futuro Papa, infatti,
Wanda Poltawska, era seriamente ammalata. Wojtyla scrisse una lettera a
Padre Pio chiedendogli preghiere. Mandò la lettera a un cardinale
italiano il quale chiese ad Angelo di portarla a San Giovanni Rotondo.
«Angiolino,
a questo non si può dire di no», gli disse il frate quando ricevette la
lettera. E, infatti, la missiva non rimase senza risposta. Di lì a poco
la Poltawska guarì completamente e inspiegabilmente. Angelo non
comprendeva perché Padre Pio stimasse tanto Wojtyla. «Chi è questo
monsignore?», si chiedeva incredulo. Solo nell’ottobre del 1978 capì
ogni cosa. Padre Pio, evidentemente, aveva intuito con chi aveva a che
fare, chi era quel vescovo ausiliare che gli aveva scritto chiedendogli
aiuto. Era il futuro Papa: Wojtyla, dopo la morte di Albino Luciani,
divenne Giovanni Paolo II.
Angelo scende per l’ultima volta le scale
del palazzo apostolico. Percorre il cortile del Belvedere senza
voltarsi. La visita alla chiesa di Sant’Anna, in prossimità dell’uscita,
è l’ultima tappa. Passano soltanto cinque minuti. Poi Angelo esce dalla
chiesa. Esce, ma non è più se stesso. Ha il viso scuro, provato, come
se una brutta notizia fosse arrivata improvvisa a oscurare una giornata
di sole.
Cosa è successo in quella chiesa? Cosa è accaduto?
Certe
cose non si possono spiegare. Certe cose accadono e basta. E uno ci si
trova dentro senza conoscerne il motivo. La differenza qui sta nel fatto
che Angelo, in questa cosa, non ci si trova semplicemente dentro.
Semmai è questa cosa a essere dentro di lui. È lì, senza dubbio alcuno,
dentro di lui.
Muta ma viva. Silente ma attiva.
E la prima azione che gli ordina di compiere è chiara e decisa: «Scappa da qui!».
Angelo
arriva a casa rabbuiato. Per festeggiare la pensione, Dora, sua moglie,
gli ha preparato una cena coi fiocchi. Ma lui non mangia. Va diritto
nel letto. Non si addormenta però. Resta lì, tutta la notte sotto le
coperte con gli occhi sbarrati al soffitto. È quel buio che poche
ore prima l’ha investito nella piccola chiesa di Sant’Anna ad
avvolgerlo ancora e a martellargli nelle tempie: «Non lo sai? Ora sei
mio».
Il dottor Fabrizi, medico di casa Battisti, rimane per qualche
istante in silenzio. È pensieroso e preoccupato. In vita sua ha visitato
tanta gente. Ha imparato che la mente umana è un grande mistero entro
il quale occorre entrare coi piedi di piombo. E anche con molta umiltà.
Su Angelo non osa dire nulla, perché non sa cosa dire. Il cambiamento
della personalità dell’uomo avvenuto in così poco tempo lo sconcerta e
lo inquieta. E non ha risposte certe da dare.
Padre Candido Amantini,
(esorcista della diocesi di Roma, maestro di padre Gabriele Amorth ndr)
conosce Angelo da anni. Saputo del suo cambiamento, gli fa visita più
volte. Ma Angelo non si apre, non si confida. Anzi, finché c’è padre
Candido in casa si comporta normalmente. Appena l’esorcista esce, torna
nel suo buio. Una mattina padre Candido si presenta in casa senza
preavviso. Tutto è in disordine. Angelo, in uno dei suoi raptus d’ira
sempre più frequenti, ha sfasciato mobili, suppellettili. La stanza da
letto è quella meno danneggiata. Ma qui lo spettacolo terrificante è
Angelo. Sdraiato sul letto, stringe la statua di san Michele arcangelo.
Dalla sua bocca esce un lamento indecifrabile. È bianco in viso, la
barba sfatta, i vestiti sporchi. Non si è accorto di padre Candido che,
improvvisamente, alza la voce.
«Eccoti finalmente! Dopo tanto tempo
riesco a incontrarti. Chi sei?». Angelo apre gli occhi. Questa volta non
è ossequioso, gentile, delicato. Adesso, infatti, chi vive dentro di
lui non può più simulare. E inizia a ridere, prima sommessamente, poi di
gusto. Ride in faccia a padre Candido che nel frattempo impugna una
croce e indossa una lunga stola viola. Le sue armi, le sue difese, i
suoi fendenti.
Angelo ride e poi di colpo vomita un’enorme quantità
di poltiglia verde. La vomita addosso a padre Candido che non arretra.
Anzi avanza. Appoggia la croce sul petto di Angelo che trema, ora
immobile, come inchiodato, sopra il proprio letto.
Padre Candido è
convinto: Angelo è posseduto, eppure non riesce a liberarlo.
D’improvviso però, dopo anni di esorcismi senza esito, tutto cambia.
Dora, ormai rassegnata a una vita di dolore, invita Angelo ad andare a
fare visita a un noto esorcista toscano, padre Angelo Fantoni. Angelo
accetta. Rimane da lui un mese. Per trenta giorni Dora non sa nulla di
lui. Angelo non chiama, non si fa sentire.
Cosa accade in quei
giorni? Angelo non lo rivelerà mai. Eppure è in quel mese che colui che è
dentro il corpo di Angelo se ne va, sparisce, lasciandolo completamente
libero.
Al ritorno a Roma Dora piange. Abbraccia il marito, chiama
padre Candido e ricomincia finalmente una nuova vita. Angelo morirà dopo
poco tempo.
Perché il prete toscano è riuscito a liberarlo? «Non ci
sono risposte — dice padre Amorth — Ogni possessione è un caso a sé. E
la liberazione un dono di Dio. Questa possessione, in particolare, è
stato un caso unico, inspiegabile nella sua genesi. Non ho più avuto a
che fare con una cosa simile. È stato in assoluto il caso più difficile
della mia carriera d’esorcista».
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