sabato 9 marzo 2013
L'apartheid applicato del sionismo colonialista
Israele pratica l’Apartheid
Non osate chiamarla segregazione
di Moni Ovadia l’Unità 9.3.13
LO SCORSO 5 MARZO, IL PRESTIGIOSO QUOTIDIANO ISRAELIANO Ha’aretz ha
pubblicato un commento critico a firma Aeyal Gross su un recente
provvedimento adottato dal Ministero dei Trasporti del governo
Nethanyahu, ovvero l’istituzione di linee speciali di autobus separati,
destinati ai palestinesi che si recano a lavorare in Israele, di modo
che non viaggino su quelli destinati ai cittadini israeliani e,
segnatamente, agli abitanti delle colonie nei territori della Palestina.
Gross traccia un parallelo fra questo atto del governo israeliano e
l’istituzione legale della politica segregazionista negli stati razzisti
degli Stati Uniti alla fine dell’Ottocento. In qualsiasi altro Paese al
mondo fosse stata adottata dal governo una simile decisione, essa
sarebbe stata universalmente condannata come razzista o come atto di
Apartheid e di fatto, diversi politici, giornalisti, intellettuali
israeliani ma anche semplici cittadini l’hanno bollata come tale: «Poco a
poco, passo dopo passo, la relazione con i palestinesi diventa sempre
più insostenibile. Israele sta imboccando una china scivolosa verso la
forma di società che è un anatema per ogni società occidentale, come
dovrebbe essere anche per la società israeliana. Azioni come questa che
istituisce linee di autobus separate per i palestinesi sono un’ulteriore
prova che Israele pratica l’Apartheid. E sembra che la leadership del
Paese non se ne renda conto, o peggio, che non gliene importi nulla»
scrive un lettore che si identifica come Rumner 1983.
Una lettrice che si firma Aliza gli risponde: «Un falso paragone, tutto
ciò non ha nulla a che fare con la segregazione basata sull’etnicità, ma
ha lo scopo di prevenire il terrorismo (...) L’idea è quella di
proteggere la vita (...) Non vedo nulla di sbagliato in questa faccenda
degli autobus separati (...) È una precauzione naturale (...) Israele ne
ha fatta di esperienza con la sua gente saltata per aria sugli
autobus». Questa lettrice, a mio parere, rappresenta il sentire di una
parte molto significativa dell’opinione pubblica israeliana. Il
ministero dei Trasporti, dal canto suo, dice che l’istituzione di queste
linee serve «ad alleviare la sofferenza dei lavoratori palestinesi che
prima si facevano trasportare da minibus abusivi i cui conducenti li
taglieggiavano».
Io ritengo che queste siano penose giustificazioni di stampo
colonialista per legittimare la deriva segregazionista e che la
sicurezza potrebbe e dovrebbe essere meglio garantita con la fine
dell’occupazione. Se la pensate come me, preparatevi ad entrare nella
lista nera degli antisemiti. Per i «sionisti» oltranzisti, quando si
parla di Israele, infame non è la politica segregazionista del suo
governo, infami sono coloro che osano definirla tale.
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