lunedì 11 marzo 2013

Le avances del PD verso il 5Stelle: commercio equo & solidale

Da giorni il Corriere della Sera parla dell'intensa opera di convincimento che il PD sta esercitando su circa 15 senatori del M5S. In questo contesto, un appello come quello di Settis & C. si rivela come il maldestro tentativo di mascherare una squallida campagna acquisti. Quando Berlusconi compra i deputati altrui manda Lavitola a rimpinguare il loro conto in banca. Quando è il PD a farlo manda avanti gli intellettuali per illuminare le loro coscienze e vuole pure essere ringraziato in nome della storia. Chissà cosa ne pensano Rodotà e Zagrebelsky [SGA].



La vendetta del Grillo parlante sugli intellettuali di sinistra
di Luca Mastrantonio Corriere 11.3.13

Il disprezzo di Beppe Grillo verso gli intellettuali del Pd ha ragioni antiche e rappresenta una filologica nemesi collodiana. Sabato scorso ha risposto ai primi firmatari di un appello al dialogo (Remo Bodei, Roberta De Monticelli, Tomaso Montanari, Antonio Padoa-Schioppa, Salvatore Settis e Barbara Spinelli) con dei versi di Giorgio Gaber. Cortesi, rispetto a quanto scrisse nel 2009 sul blog: «venduti», «tartufi, cortigiani, zimbelli da esibire, spaventapasseri da telegiornali di regime, ombre silenti, ciarlatani di piazza». Lanciano appelli per la democrazia da sottoscrivere, anche on line, «appelli vibranti che non servono mai». Gli intellettuali fanno «più schifo» della classe politica perché non hanno mosso neanche un dito contro di essa. Quando ad esempio — non lo cita, ma per lui fu un evento cruciale — è stato cacciato dalla tv.
Ecco perché mandare gli intellettuali a far da ponte con Grillo è come proporgli un convegno su Craxi! Anche perché gli intellettuali di sinistra, in questi mesi, si sono limitati a discettare sulle dosi di qualunquismo nel Movimento dell'ex comico. Senza sporcarsi le mani — o la mente — salvo rare eccezioni, come il collettivo Wu Ming. E lo sberleffo di Grillo è una vendetta ironica: per anni i cultori del progressismo pedagogico hanno indicato come modello di impegno intellettuale il Grillo Parlante. Umberto Eco e Alberto Asor Rosa, in particolare, citavano l'insetto di Collodi come un mantra: l'intellettuale deve essere una voce scomoda, una coscienza critica, deve criticare la sua parte, rischiare di venire spiaccicato... Marcello Veneziani ribatté a Eco: «Ridurre l'intellettuale al ruolo di ficcanaso molesto significa farne una specie di difensore civico o di petulante Beppe Grillo». E così fu (è). Il tanto invocato Grillo Parlante è arrivato: si chiama Grillo Beppe. Intellettuale di riferimento degli elettori dell'M5S. Un grillo parlante che urla, certo. Ma gli intellettuali di sinistra? Per vent'anni molti hanno urlato contro il regime tra battute e provocazioni (il berlusconismo peggio del fascismo!) che ne hanno minato l'autorevolezza. Come cicale, travestite da Grilli Parlanti.


Ma i pontieri giocano l'ultima carta
La via della trattativa «alla luce del sole»
E tra i «giovani turchi» si guarda al sindaco
di Maria Teresa Meli Corriere 10.3.13

ROMA — Il treno del Pd continua a correre su un doppio binario. Impresa improba, perché il rischio di deragliare è reale.
Le rotaie lungo le quali Bersani sta inseguendo la sua premiership fanno tappa dai grillini. Convincerli, blandirli, agganciarli... tutti obiettivi difficili, ma il segretario non demorde. E gioca su più piani questa partita. Da un lato c'è Vasco Errani che continua a tessere la rete del rapporto con gli eletti del «Movimento 5 Stelle». A lui e ad altri parlamentari emiliani il compito di capire quale sia la disponibilità degli eletti di Grillo. Poi c'è il canale di comunicazione aperto con Sandra Bonsanti, figura di spicco del movimento Libertà e giustizia: in lei il Pd individua la possibile intermediaria con i parlamentari 5 Stelle. Quindi ci sono le amicizie personali. Il leader toscano del movimento che fa capo al comico genovese si chiama Massimo Artini: frequentava la stessa scuola di Matteo Renzi, ma, soprattutto, è grande amico di Lapo Pistelli. Gli cura il sito Internet e lo conosce da anni. Infine c'è la rete. Che serve per mobilitare un'ondata grillina a favore dell'accordo con il Pd. Ieri c'è stato l'appello via Internet di un gruppo di intellettuali che chiedono ai 5 Stelle di non voltare le spalle al Partito democratico. Ma questo è solo un assaggio perché i maggiorenti del Pd sanno bene che gli intellettuali più che attrarre possono respingere questi ambienti: perciò si punta alla mobilitazione «dal basso» del popolo della rete.
Domani verranno anche scelti i due parlamentari che tratteranno «alla luce del sole» con i grillini. Del tandem dovrebbe fare parte Laura Puppato, ma è chiaro che non è quella ufficiale la diplomazia che riuscirà a sbloccare la situazione. Nessuno in casa democratica crede che alla fine i 5 Stelle accetteranno l'offerta della presidenza della Camera, il che complica ulteriormente i giochi di Bersani. Già, perché se Grillo dicesse di sì il Pd potrebbe offrire la guida dell'assemblea di palazzo Madama al Pdl senza incorrere nell'accusa di voler «inciuciare». In questo schema il nome che era stato scelto era quello di Gaetano Quagliariello. Ma se i grillini insistono nel rifiutare questa offerta allora il Pd terrà per un suo uomo (Dario Franceschini) la poltronissima di Montecitorio e cederà la presidenza del Senato a un esponente della lista Monti (il nome più gettonato fino a ieri era quello dell'ex europarlamentare del Pdl Mario Mauro).
Del resto, lo stesso Bersani non sembra di certo sprizzare ottimismo da tutti i pori e ieri ad alcuni parlamentari che gli chiedevano lumi sulle trattative con i grillini per il governo rispondeva con queste parole: «Non credo che siano possibili cambi di casacca nell'immediato… magari più in là. E questo non risolve il problema, tanto più che in questa situazione così complicata c'è la variabile impazzita di Berlusconi. Se il Cavaliere vuole davvero le elezioni le otterrà, è inutile prenderci in giro. Il quadro è così instabile che basta una qualsiasi forzatura per non farlo reggere».
Ma, come si diceva, il treno del Partito democratico sferraglia anche su altre rotaie. Dietro il Bersani che cerca di dare al suo partito ciò che secondo lui merita, e cioè la guida del Paese, c'è uno stato di agitazione permanente da parte del Pd. Non si sta parlando dei dirigenti che hanno già fatto mostra di essere pronti a ripiegare su Renzi, nel caso in cui il tentativo del segretario non vada in porto. Ora sono i «giovani turchi» a muoversi. E non lo fanno più come una falange compatta sotto l'insegna di «Bersani o morte». Adesso la nuova sinistra del Pd annusa Renzi. Sì, proprio lui, quello che fino a poco tempo fa era lo «spauracchio» dei giovani turchi, l'«uomo nero» contro cui combattere nelle primarie prossime venture. Corre voce che anche Bersani, il quale ha sempre detto di aborrire i «personalismi», abbia aperto uno spiraglio alla via d'uscita che vede nel sindaco di Firenze candidato premier di un centrosinistra alleato con Monti e con Vendola (se ci sta).
L'altro giorno Matteo Ricci, presidente della provincia di Pesaro, bersaniano, vicino ai giovani turchi, ha voluto parlare a tu per tu con Renzi per capirne le mosse e per ribadirgli le sue idee. Ricci aveva già anticipato al Foglio questa inversione di rotta: «Matteo può essere il leader di una nuova generazione». Non si tratta di un caso isolato. Già il sindaco di Bologna Virginio Merola aveva dichiarato che Renzi rappresentava «l'unica speranza di rinnovamento». E persino Orfini, che del sindaco rottamatore è stato acerrimo nemico fino a pochissimi giorni fa, l'altro ieri ragionava così con un compagno di partito: «Non è detto che occorra andare a una sfida all'Ok Corral con Renzi: in realtà le nostre posizioni dopo le elezioni sono più vicine di prima».
D'altra parte è sempre stato Bersani il primo a dire che «la ruota deve girare». E ora potrebbe girare in favore del vento renziano.

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