venerdì 15 marzo 2013
Un contributo al rinnovamento del genere letterario dell'agiografia
Risvolto
“Probabi lmente Giorgio Napolitano non avrebbe gradito affatto, nemmeno
nell’aprile del 1944, essere definito ‘un intellettuale di avanguardia’,
come ha detto Togliatti e come vuole un lessico marxistaleninista che
gli è sempre andato stretto” scrive Paolo Franchi. “Ma è ancora più
probabile che, senza la svolta di Togliatti, comunista, o almeno
comunista a tempo pieno, non sarebbe diventato mai.” A Napoli, durante
la guerra, le sue prime passioni di giovane antifascista sono il cinema,
il teatro, la letteratura, la poesia, la musica, vissute, al liceo
Umberto e all’università, con molti ragazzi che si faranno strada, da
Raffaele La Capria a Giuseppe Patroni Griffi, da Rosellina Balbi ad
Antonio Ghirelli. Ma la sua via all’antifascismo e al Pci passa anche
per la scoperta dell’umanità dolente del ricovero antiaereo scavato
davanti alla casa borghese della sua famiglia, sotto Palazzo Serra di
Cassano, dove, per sfuggire a bombardamenti feroci, la povera gente dei
“bassi” e del Pallonetto Santa Lucia si mescola con i “signori” dei
piani alti. È in quel rifugio che Napolitano si scopre per la prima
volta in grado di reagire persino agli eventi più drammatici con grande
autocontrollo e ragionevole fatalismo, dimostrandosi capace di non
perdere la calma “neppure di fronte all’Apocalisse”, come gli riconosce,
sorpreso e ammirato, Curzio Malaparte. È una virtù innata, ma anche
molto coltivata, che praticherà per tutta la vita. Prima nel Pci, dove
sin dai suoi primi passi in politica avrà per maestro Giorgio Amendola.
Poi in Europa e nelle istituzioni, da presidente della Camera e
soprattutto da capo dello Stato. In queste pagine Paolo Franchi, che lo
conosce sin da quando nei primi anni Settanta era un dirigente della
gioventù comunista, racconta la profonda vocazione politica che ha
condotto Napolitano a condividere e indirizzare il travaglio del suo
partito, diventando un esempio indiscusso di autorità morale, anche
nella crisi economica e istituzionale che stiamo attraversando.
IL FOGLIO del 13/3/2013 LIBRI a pag. 3
ARTICOLO - Sarantis Thanopulos il manifesto 2013.07.06 - 22
VERITÀ NASCOSTE
Un presidente per tutti i gusti?
Il libro di Paolo Franchi su Napolitano è
un'efficace sintesi della storia della sinistra italiana dalla svolta di
Salerno di Togliatti (settant'anni fa) ad oggi. Franchi fa scorrere
davanti al lettore le testimonianze di un'epoca con un'attenzione
selettiva che privilegia la ricostruzione di un clima, di un'atmosfera.
Fa così tornare viva quell'eccezione, culturale e politica, che il P.C.I
è stato, con tutte le sue ambiguità, velleità e contraddizioni. La
scelta di Napolitano come personaggio politico di riferimento non è un
pretesto: il presidente incarna più di ogni altro il compromesso tra la
diversità comunista e l'"altra" Italia, che questa diversità l'ha
segretamente ammirata e apertamente temuta e odiata. L'antico esponente
comunista è come mai al centro della vita politica italiana, e ad onor
del vero, senza tradire il suo pensiero di fondo, senza cedimenti
dettati dall'opportunismo. La sua presidenza è, in parte, la riprova del
fatto che perfino nell'Italia di oggi che vive alla giornata, alla
ricerca di salvatori improbabili (dai quali si salvi chi può),
l'esigenza di un minimo di decenza, di un'attenzione, anche solo
consolatoria, al comune interesse resta in qualche modo viva. L'ampio
consenso di cui tuttora Napolitano gode rappresenta indirettamente un
inconsapevole omaggio all'anomalia comunista italiana (che, forte della
sua posizione eccentrica in un mondo diviso in due, ha saputo costruire
un consenso di massa in difesa di valori solidali). Questo omaggio (la
rivincita della storia sull'oblio) è di natura psicologica. La fuga
antidepressiva dai problemi, la ricerca di soluzioni che tamponano le
falle senza ripararle, il lasciarsi trascinare dalle emozioni del
momento che servono solo a scaricare la tensione psichica crea un senso
di precarietà destabilizzante che esige un bilanciamento. Il
riconoscimento nei comuni valori sanciti dalla costituzione, la
percezione del rinnovamento come processo che guarda al futuro tenendo
conto delle lezioni del passato, la protezione dei più deboli
dall'egoismo dei più forti (cose di cui il presidente si è fatto
portavoce) fanno da contenimento a un senso diffuso di smarrimento
(foriero di tentazioni autoritarie). Senonché questo contenimento mostra
limiti evidenti e sfiora il pericolo di funzionare come specchietto per
le allodole. C'entra in parte un tratto della personalità di Napolitano
che secondo Martelli (citato da Franchi) "ha sempre l'aria di
considerare il mondo che lo circonda, con le sue passioni, le sue
tensioni e le sue miserie, come scolaresca riottosa da tenere sotto
controllo". La fede nella possibilità di mettere d'accordo tutti a
prescindere dalle divisioni profonde che ci attraversano, favorisce un
meccanismo psichico di "scissione" (che rappresenta il più grande
ostacolo a una unità vera): dimorare nell'egoismo del proprio interesse e
professare, al tempo stesso, la fede al bene comune. La schizofrenia
che le larghe intese incentivano rischia di far apparire Napolitano (suo
malgrado) non come il presidente di tutti ma come il presidente per
tutti i gusti.
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