Il futuro della democrazia: torniamo a Socrate
giovedì 11 aprile 2013
Boh...
"Zagrebelsky lancia un’idea che più socratica non potrebbe essere". Bang! [SGA].
Il futuro della democrazia: torniamo a Socrate
Il futuro della democrazia: torniamo a Socrate
Il pensiero nel senso socratico è l’unica arma che abbiamo per inseguire la felicità personale e collettiva La capacità di argomentare e di ragionare lega il socratismo alla democrazia
Le parole di Heidegger: «Ciò che più ci dà da pensare è che non abbiamo ancora incominciato a pensare»
di Franca D’Agostini La Stampa 11.4.13
Forse
l’idea più assurda che sia stata sostenuta nella filosofia del
Novecento è l’idea dell’incompatibilità di filosofia e democrazia. A
sostenerla esplicitamente è stato Richard Rorty, il filosofo dell’ironia
e della filosofia post-filosofica, ma con più o meno esplicita
convinzione, anche molti altri, niente affatto rortyani, l’hanno
caldamente condivisa. Rorty arrivava al punto di dire che la filosofia è
«dannosa» per la democrazia. Oggi la dichiarazione sembra perlomeno
enigmatica, essendo diventato chiaro (specie in Italia) che il danno
consiste in tutt’altro.
Già, ma quale filosofia? Il termine è sempre
stato piuttosto vago, e oggi sembra esserlo ancora. Da qualche tempo
però circola l’idea che il socratismo, ovvero quel tipo di pratica
intellettuale esercitata da Socrate, sia il tipo di filosofia che non
solo non è dannosa, bensì è utile anzi forse essenziale in democrazia. A
sostenere una versione influente di questa idea è stata Martha
Nussbaum, in vari scritti. Però per Nussbaum quel che serve del
socratismo è anzitutto «la vita esaminata», che ci porta al «rispetto» e
alla «comprensione» degli altri: vale a dire la capacità di capire i
bisogni, le speranze, in una parola l’interiorità, altrui. Certamente,
il paradigma socratico prevedeva anche questo: secondo alcune
interpretazioni (per esempio quella di Giovanni Reale) è Socrate
l’inventore dell’anima, o anche dell’interiorità pensante.
Ma questa
figura di Socrate sembra un po’ tenue, e comunque troppo gentile per
essere utile nella sfida che la vita democratica presenta ogni giorno.
Certo l’appello a pensare, riflettere, e tenere conto degli altri, è
buona cosa: ma davvero tutto sta solo lì? Davvero l’ironico pensatore
che condannato a morte prende in giro i suoi giudici è destinato a
funzionare storicamente come questa specie di gentile signore
benpensante, e sostenitore del buon pensiero?
Credo di no. Anzi
rovescerei l’ipotesi. Ciò che veramente lega il socratismo alla
democrazia credo sia anzitutto l’arte dialettica, come arte di pensare e
ragionare e argomentare, che Socrate condivideva con i sofisti,
contrapponendosi però al modo narcisistico e formalistico in cui loro la
esercitavano, e lanciando il primato dei concetti di bene , vero (to
alethes), reale nel lavoro del pensiero.
Era questo in definitiva ciò
che di Socrate fu il primo tratto riconosciuto, nelle opere di Platone.
E il termine «filosofo» entra definitivamente nell’uso, nella lingua
greca, nel IV secolo a. C., proprio in relazione a questa sottile ma
decisiva differenza tra Socrate e i sofisti.
Socrate è filosofo in
quanto argomenta e pensa «bene» con abilità e scioltezza, come i
sofisti, e come loro esercita il pensiero critico e scettico, ma a
differenza dei sofisti argomenta in funzione del vero, e del bene,
perché sa che questa è la prima fonte dell’ eudemonia, la felicità
propria e altrui.
Nell’aprire i lavori di Biennale Democrazia,
Zagrebelsky lancia un’idea che più socratica non potrebbe essere: la
felicità del pensiero. In effetti è proprio questa l’idea che i filosofi
attraverso i tempi hanno ripetuto: la vita filosofica, la vita del
pensiero, è la più felice.
Nietzsche odiava questa idea, perché la
interpretava come rifiuto dell’energia della vita biologica, e rifugio
in una forma di astratto e malato intellettualismo.
Dimenticava che
tra i continuatori di Socrate vi furono i cirenaici, grandi teorici del
primato del piacere, e i cinici, nemici dell’intelletto al potere.
Ma
soprattutto dimenticava una questione assolutamente semplice, banale,
pragmatica: che il pensiero nel senso socratico è l’unica arma di cui
disponiamo, in democrazia, per inseguire la felicità personale e
collettiva. E possiamo usarlo bene (per il bene proprio e altrui), o
male (scambiando per bene quel che è male, per noi stessi e/o per gli
altri). Ma Nietzsche non era certo un democratico, né pretendeva di
esserlo.
Se teniamo conto di tutto questo, emerge il punto
principale, che Nussbaum e gli altri socratici contemporanei non osano
dire: che la democrazia è filosofia al potere. Non il potere dei
filosofi (errore di Platone), e neppure della disciplina accademica o
scienza chiamata filosofia (errore di Hegel), bensì proprio e solo
potere di quel pensiero critico, scettico e dialogico che a partire da
Socrate si chiamò appunto filosofia. Se non ha potere quel pensiero,
quella pratica, per tutti gli individui del demos, politici inclusi, la
democrazia diventa un gioco ridicolo, di cui devono occuparsi i
pubblicitari o i consulenti d’immagine. Oppure diventa un caos di
interessi divergenti, che confliggono senza senso e senza giustizia. O
diventa il grande e insulso teatro in cui si sbizzarriscono
falsificatori e manipolatori di ogni genere.
La buona notizia è che
la filosofia si impara: era questa la grande scoperta della paideia
greca. E in effetti bisognerebbe incominciare dalle scuole elementari a
impratichirsi con il socratismo, con tutte le sue formule: il
concettualismo e il metodo delle definizioni (saper usare bene le parole
e i concetti), l’ironia e la coscienza della propria ignoranza (mettere
in ridicolo gli snob, e non credersi migliori degli altri), il gioco
dialettico e dialogico che guida la ricerca del bene proprio e altrui
(imparare a discutere e ad ascoltare), vedere e conoscere il mondo delle
idee (saper immaginare mondi possibili, migliori).
«Ciò che più ci
dà da pensare, diceva Heidegger, è che non abbiamo ancora incominciato a
pensare». Forse per questo è così difficile realizzare la democrazia:
non abbiamo ancora incominciato a essere davvero democratici, che vuol
dire: a essere liberi nel pensiero. Ma questa non è una nostra colpa: in
fin dei conti la democrazia è una giovane creatura della nostra specie.
Dopo la parentesi greca, il pensiero democratico, lo sappiamo, ha avuto
vita difficile, ed è solo nell’Ottocento che il demos, il vero
portatore del socratismo, ha incominciato ad affacciarsi nella storia, e
diventare protagonista.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento